Ti definisci scrittore borderline, in che senso?

In realtà vorrei non definirmi... Ma succede, come saprai, che il mercato abbisogna di definizioni. “Borderline” è un termine anche mutuato dalla psicoanalisi e dalla psichiatria, laddove i soggetti così diagnosticati manifestano all'esterno sintomi inquietanti di non appartenenza alla cosidetta normalità. Avendone teorica possibilità, mi piacerebbe spostare il tiro in letteratura... e dicendola con tutta l’autoironia del caso, vorrei non essere considerato “normale” in un settore dove vige la “normalità” dei rapporti contrattuali, del “prodotti”, dei generi (alla deriva) o delle tremila copie minimo garantito di vendita. Tutto ciò potrebbe “normalmente” riguardarmi, se non fosse che la mia scrittura “di confine” forse annuncia qualcosa che sta cambiando, mutando, da qualche parte nel cosmo o sotto i nostri piedi. Questo vorrei che fosse percepito da chi è interessato al mio lavoro: né horror, né fantascienza, né altro, ma letteratura che per sua (s)ventura è collegata a zone buie, plasmatiche, situate chissà dove (magari a un palmo dal nostro naso) che “trasmettono” concetti, sensazioni, storie... Trasmissioni che non sono soltanto io a captare. I miei amici Nerozzi e Altieri, pure loro, stanno lì sintonizzati. Sul confine, borderline.

Tra le tue attività (oltre a scrittore, sei giornalista, musicista, critico cinematografico e letterario) quale pratichi più assiduamente o senti più tua?

Le mie diverse attività in realtà le subisco. Non programmo a tavolino quale praticare. In modo assai ondivago mi lascio vivere... Attualmente è il momento della musica perché mi procura un piacevolissimo logorio esistenziale, notturno. Poi la musica è fonte d'ispirazione per  una parte del mio lavoro in letteratura. Le idee più sfiziose mi sono venute di notte, sopra un palco di qualche oscura periferia.

Per la vecchia storia che certa musica apre certe porte... Però la pratica e l'amore non sono esattamente la stessa cosa: in questo momento potrei risponderti che sento più mia la letteratura, soprattutto se riguarda un lavoro come L'estate di Montebuio... che è stato un viaggio a ritroso nel tempo, una discesa in un Maelstrom personale e sconosciuto, un esercizio di autoipnosi che qualcosa è costato sul piano personale. Come diceva il poeta a fine cena, siamo nati per soffrire...

Sei saggista letterario e cinematografico conosciuto. Cosa condividi (o non condividi) nell’approccio attuale della critica?

Non ho nulla da rimproverare alla critica. Ma sinceramente seguo più quella cinematografica che letteraria. Dove ci lavorano ragazzi preparatissimi e agguerriti. Mi piace pensare che una piccola ragione di tanto stato di grazia sia dovuto anche a quelli della mia generazione... Di recente ho avuto una bellissima gratificazione durante una serata dalle parti di Parma. C'era una parterre clamorosa: Andrea Bruni, Paolo Zelati, Roberto Tanzi, Stefano Babini, tutti quanti impegnati a “quattro ganasce” in una cena di Halloween. Bene, a un certo punto si alza Paolo – uno che va a casa di John Carpenter e Richard Matheson come io vado al bar – e dichiara che lui non avrebbe mai intrapreso la mission del critico cinematografico se non avesse letto, un sacco di anni fa, un mio certo libro di critica cinematografica edito da PuntoZero. E, per convincere ulteriormente gli astanti, ha letto ad alta voce un passaggio “da incriminare”... Che dire? Che è valsa la pena di scriverle tutte quelle parole... In ogni caso, come puntualizzo sempre, più che un critico mi sento un grande appassionato affetto dalla tipica, presuntuosa mania dei veri fan: dare giudizi...

Ci dai cinque titoli di film per te memorabili?

Solo cinque? Okay... Gli uccelli, L'esorcista, C'era una volta in America, Shining, La cosa... Rispondendo al volo, ne restano fuori un sacco... Ma, insomma, questa è la risposta “di pancia”.

L’estate di Montebuio è un libro horror appena uscito per Gargoyle, ambientato in un paese modellato su una località esistente, che ha un altro nome. Quali caratteristiche adatte al romanzo possiede il paese prescelto?

Si chiama Montemaggio, sull'Appennino Ligure, dalle parti di Busalla. É un paesino bellissimo, accogliente, con gente stupenda. Sono caratteristiche da romanzo, per di più, horror? Penso proprio di no.

In un posto del genere ci vai a vivere o a trascorrere giorni ameni. É che – purtroppo – esiste la percezione dello scrittore che immagina e che stravolge, o forse – meglio – ricorda. Così la bellezza corre il rischio di trasformarsi in un artificio politicamente scorrettissimo che annuncia l'arrivo della corruzione, del Male. “Bello 'sto posto” disse all'inizio degli anni sessanta Alfred Hitchcock a Evan Hunter “per ambientarci il racconto di Daphne du Maurier sugli uccelli che attaccano gli uomini...”. Hitch parlava di Bodega Bay, che è sul serio un posto stupendo... Più o meno l'antifona è questa. E poi occorre precisarlo: io non ho prescelto o scelto Montemaggio... Temo che sia il contrario. Il luogo e il suo potere hanno scelto me.

In questo romanzo s’incrociano due misteri, uno riguardante Morgan Perdinka, scrittore horror, e uno che ha a che fare con il cadavere mummificato di una ragazza scomparsa quarantacinque anni prima...

I misteri s'incrociano perché Morgan a dodici anni trascorse tre settimane di vacanza, nel mese di agosto, a Montebuio. Conobbe Miriam, se ne innamorò come poteva innamorarsene un ragazzino di quell'età in quel periodo storico, i primi anni sessanta... Dopo Morgan non tornò mai più a Montebuio. Miriam invece, che andava a villeggiarci ogni estate, ci ritornò l'anno dopo. E in quell'agosto del '63, sparì. Inghiottita dal nulla durante una processione religiosa. Morgan non lo verrà mai a sapere... sino a quando non lo scoprirà casualmente nell'inverno del 2007. É diventato uno scrittore professionista, uno che macina best-seller... ma agli inizi di dicembre si uccide. Perché? Per un ricordo triste e tragico? Poco credibile, forse c'è dell'altro... Qualcosa che occhieggia nel buio un mese dopo quando sulla cima del Monte Buio, che sovrasta il paese, si scopre in una roggia, celato nella pietra, il cadaverino mummificato di una undicenne scomparsa nell'estate del '63... Si tratta forse di Miriam? Stop it...

L'estate di Montebuio non è un romanzo di formazione, ma, come hai chiarito, di deformazione, semmai. Consta di tre lunghe parti e solo la prima è ambientata negli anni sessanta. Quali sono, invece, i titoli di bildungsroman sui quali ti sei formato tu, come narratore?

Per quel che riguarda i “miei” bildungsroman, è un bel magma indistinto in cui dentro ci stanno Bradbury, John Wyndham  - si può considerare I figli dell'invasione un romanzo di formazione? -, Salgari, Stevenson,  Verne,  Heinlein... Un piacevole marasma adolescenziale... Sul quale poi hanno pesato Poe, Lovecraft e tutto quel che ne è conseguito.

Ho notato che l’elemento naturale è ricorrente nei tuoi titoli: “Ancora il vento piange Mary”, “Santanta” (che è il nome di un vento, appunto), “Aqua Mala”, “Finis terrae”, per non parlare di animali: gufi, draghi, volpi. Qual è lo shining della natura, in narrativa?

Non esiste dubbio, perlomeno per me. Il vento... E non c'entra affatto Il vento dal nulla del grande Ballard.

E' una cosa mia, personale, chissà legata a quale esperienza rimossa... Il vento è l'elemento naturale più terrificante. Perché, quando va fuori controllo (e, credimi, accadrà sempre più spesso, perché stiamo imboccando la strada senza ritorno dei fenomeni climatici estremi...), fa disastri con morti e feriti, ma picchia pure in testa come il Santa Ana in California e il Phön qui da noi, in Piemonte, spingendoti a compiere follie senza più freni inibitori... E poi, in letteratura, sono assolutamente innamorato della ventosa Cornovaglia di Daphne du Maurier... Al cinema dei venti desertici dei primi western di Sergio Leone... Se poi vogliamo insistere, ecco i grandi venti della musica, quello di Hendrix, ma anche Bob Dylan (Blowin'in the Wind), Santana (Song of the Wind) e Chistopher Cross (Ride like the Wind). Tutte canzoni memorabili, almeno per me. Infine non ho mai fatto mistero di lavorare a un progetto antologico che si chiama Bad Winds...

Qual è lo shining, invece, dell’elemento soprannaturale, tanto presente nella tua produzione?

Quello de  L'estate di Montebuio, sul quale per forza di cose mi tocca di essere un po' criptico. Qualcosa che sta sempre davanti ai tuoi occhi e proprio per questo non lo vedi. Purtroppo, quando lo vedi, è troppo tardi...

Ritieni che il suddetto elemento soprannaturale sia relegato esclusivamente nella fantasia o sia presente anche nella sfera quotidiana?

La sua presenza nel nostro quotidiano è altamente probabile. Ne L'estate di Montebuio si scatena un piccolo dibattito a più voci proprio su questo tema. Ovviamente, lì in mezzo, c'è anche l'autore che dice la sua... Per non essere qui troppo stringato, ritengo che la fisica quantistica da qui a poco sarà in grado di spiegarci scientificamente qualche enigma che al momento definiamo come “soprannaturale”.

Ad esempio, quello dei fantasmi...

Dal momento che vanti una vasta produzione e vedi proprio in questi giorni uscire un tuo lavoro, immagino che tu stia già progettando altro. Ci anticipi qualcosa?

Con piacere. Al momento sto lavorando a una folle impresa, un bellissimo guanto di sfida lanciatomi da Paolo Zelati: 560.000 battute sul film Gli uccelli... Insomma, un ritorno alla saggistica con uno dei miei film del cuore. Da vivisezionare, e da raccontare prima e dopo. Ovvero, da dove viene e che cosa ancora sta seminando... Poi ho un Santanta-The Beginning, sempre in funzione del progetto Bad Winds. E poi... poi ci sono i libri di Morgan Perdinka. Soprattutto i due scritti prima di uccidersi la notte del 7 dicembre 2007...

La recensione a L'estate di Montebuio la trovate in libri/8343

Il booktrailer

http://www.youtube.com/watch?v=e3_H_Car1Bo