Si può ammirare già in copertina lo sguardo turchese e deciso dell’uomo da cui prende il titolo il romanzo storico L’uomo dagli occhi glauchi, scritto da Patrizia Debicke van der Noot, fiorentina di nascita, grande viaggiatrice che ora vive tra l’Italia e il Lussemburgo, già conosciuta ai lettori per i suoi thriller ambientati nel passato, L'oro dei Medici e La Gemma del Cardinale, entrambi editi da Corbaccio.

In copertina campeggia, su sfondo scuro, la figura in nero vestita di un uomo rinascimentale, attraente e aristocratico, immortalato da Tiziano in una tela intitolata L’uomo dagli occhi glauchi o Ritratto di giovane inglese. Il romanzo prende avvio nel febbraio 1543, quando l’inverno inglese ha finto di addolcirsi ma si è riscatenato con gelo e vento del nord. É solo il prologo: la storia introdurrà altri personaggi e si sposterà dall’Inghilterra alla nostra penisola dopo un dispaccio del re: «Il nostro amato sovrano si è compiaciuto di affidare a Lord Francis Templeton un importante incarico. Lord Templeton sarà il nostro osservatore presso il Concilio...»

Il re in questione è Enrico VIII, sapientemente dipinto dall’autrice nei suoi tormenti e nelle sue debolezze, nelle sue piaghe e nella sua obesità. Dietro l’incarico affidato si annidano grandi intrighi di potere e religione che si dipaneranno lungo tutta la successione degli eventi. Siamo ai tempi del Concilio di Trento, l’ondata protestante ha messo in subbuglio la chiesa, senza contare che lo scisma anglicano ha appena provocato una cocente frattura. Lord Templeton, figlioccio del potente duca di Norfolk, arriva in Italia, resta impressionato dall’incontro con Tiziano e gli chiede un ritratto con l’intento di celare il vero motivo del suo viaggio: proteggere un'eminente personali­tà inglese. La missione del Lord si sposta dalla Venezia carnevalesca alla Roma vaticana e a quell’altra Roma, più plebea ma più affascinante, del popolo e dei mercati, fino alla Roma insidiosa per le piene del Tevere.

Un romanzo costruito con maestria sia dal punto di vista architettonico sia dal punto di vista stilistico. La narrazione regge, incuriosisce, avvinghia e scorre fluida, corposa, con dialoghi mai insignificanti,

e quei bellissimi tipi umani che alla Debicke riescono così bene, sia che si tratti di uomini potenti, sia che si tratti di nobildonne seducenti. Vengono colte nell’attimo non più fuggente e si intersecano alla storia e ai misteri di cui loro stesse sono portavoce: «Tiziano Vecellio studiava la duchessa di Riario. I suoi capelli neri erano imprigionati da una cuffia in rete d’oro. I suoi occhi erano scuri ed enormi, le ciglia lunghe e languide, le sopracciglia arcuate delicatamente, il naso breve ma ardito e le labbra colme come un frutto maturo. Indossava una zimarra in velluto viola con passamaneria in oro. La sottana era in pesante taffetà di seta viola più chiaro. [...] Vivace, colta, brillante, la donna lo conquistò per aspetto e modi. Il suo volto suggeriva la passione, ma parlava serena, muovendosi con la tranquilla sicurezza della sua posizione altolocata, senza mostrare superbia.»

Il book-trailer:

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