“Accetta con semplicità tutto ciò che ti accade” recita la didascalia in apertura. Il consiglio andrebbe esteso (magari è stato inserito lì apposta per questo…) anche al film che segue, film che a fronte di uno stile, quello di Joel ed Ethan Coen ormai riconoscibilissimo, presenta non poche difficoltà per lo spettatore che attirato dalla fama dei due celebri fratelli si trova stavolta di fronte ad una storia che se da un lato procede “semplicemente” per accumulo, nella fattispecie di situazioni tutte disgraziate e tutte a carico del povero Larry Gopnik (Michael Stuhlbarg), professore di fisica universitario sistematicamente vessato dai figli, dalla moglie, dal fratello, e last but non least da uno studente coreano, dall’altra riserva aspetti tutt’altro che semplici da afferrare in particolare se non si è “addentro” alla cultura ebraica. Il procedere a tratti è un po’ difficoltoso anche vista la mancanza pressoché assoluta di spiegazioni il che conferisce al film un tono alquanto autoreferenziale, per iniziati, quasi esoterico.

Se però si sorvola sull’autoreferenzialità e sull’accumulo di situazioni, A Serious Man potrebbe trovare una delle sue chiavi interpretative in un'altra frase pronunciata da uno dei personaggi minori (una sola scena ma pregnante…), ossia il padre dello studente coreano che all’inizio ha “incastrato” in modo alquanto subdolo il povero Larry con una bustarella. La frase, a chiusura di un discorso che appare chiarissimo dal punto di vista del genitore ma completamente oscuro se visto con gli occhi di Larry, dice semplicemente “Accetti…” (tu Larry…) “…il mistero”.

Già, perché A Serious Man sembra un film sul Mistero, qualunque significato si voglia attribuire ad un simile termine. Andate negli iùesei, piazzatevi in una cittadina di quelle con le casette tutte uguali (quelle con il giardino davanti e il garage su un lato della casa). Scegliete i favolosi anni ’60 e assoldate un direttore della fotografia come Roger Deakins (che oramai si avvia a diventare un collaboratore fisso dei Coen, autore, per inciso, dello splendido b/n de L’uomo che non c’era…) e chiedetegli una luce prevalentemente diurna. Messo in fila tutto questo, cominciate a togliere tutti i punti di riferimento di cui dispone il protagonista così da trasformarlo in una sorte di Giobbe sul quale una divinità pare trovare piacere nell’accanirsi. Solo che a dispetto del Giobbe cristiano, la cui fede alla fine sarà premiata, questo dei Coen è un Giobbe per il quale non esiste né conoscenza, né riconoscenza e tanto meno appello.

A Larry/Giobbe non sarà mai dato di sapere il significato ultimo, ammesso e non concesso che ce ne sia uno, dello sgretolamento progressivo del suo mondo. Altrettanto all’oscuro di tutto paiono i tre rabbini che Larry, sempre più stralunato, interroga nella speranza di ricevere una qualche forma di risposta. Vero è che “a braccio” tutti sembrano interessati, ma nella sostanza ognuno è incapace di offrire la benché minima soluzione, perfino quello più loquace che di primo acchito sembra intenzionato ad abborracciare una forma di risposta attraverso il racconto del dentista che scopre delle incisioni sui denti di un suo paziente non ebreo, incisione che invita lui, dentista ebreo, a salvarlo (da cosa? Tranquilli, anche il dentista non lo saprà mai…).

A Serious Man è un film al cento per cento dei Coen (regia asciutta, splendida fotografia, personaggi perfetti, un tono grottesco travestito da commedia umoristica…), un film molto personale come mai fatto sino ad ora, molto amaro, profondamente laico fino a sfiorare il blasfemo (la cerimonia del Bar Mitzvah con il figlio di Larry completamente “fatto”…), una riflessione su un mondo, questo, che certo per i Coen non deve mai essere stato “il migliore dei mondi possibili”.

Forse un manifesto di questi tempi.