Michael Herr, già corrispondente di guerra in Vietnam, autore di Dispacci, co-sceneggiatore di Full Metal Jacket con Kubrick, ma soprattutto grande amico del regista scomparso nel 1999, ha scritto Con Kubrick, pubblicato in Italia dalla Minimum Fax, che è un testo prezioso sia per chi voglia conoscere più intensamente l’indole del regista, sia per chi voglia capire il suo senso estetico dell’arte. Un testo di parte, probabilmente, visto l’affetto che lega il referente al riferito, ma un testo –occorre ammetterlo– che si eleva al di là dello spasmodico panegirico per assurgere a una dimensione più analitica del vissuto e, con esso, del ricordo.

Date le divergenti opinioni su Kubrick –di lui si diceva tutto e il contrario di tutto: che fosse duro e glaciale ma anche accogliente e vulcanico, generoso ma ossessionato dal denaro– un approfondimento come questo è senza dubbio necessario. Non volto sempre ad appianare, a tratti contribuisce a complicare, ma a rendere comunque più esaustivo il suo sfuggente ritratto: «A volte pensavo che fosse governato dalle sue insofferenze, da tutte le cose che non riusciva a sopportare, e prima fra tutte, ancora peggio dello spreco, della fretta, della sciatteria nei dettagli, degli abbracci e anche dei germi, c’eran le balle in tutte le loro proliferanti manifestazioni». (p.61)

Oltre la stima e la durevolezza del lungo legame, oltre le interminabili telefonate e la fiducia quasi illimitata tra i due artisti, oltre la difesa argomentata di Eyes Wide Shut come imperfezione del perfetto, il lettore viene a conoscenza anche di alcuni frammenti tecnici: i metodi di lavoro di Kubrick, l’originalità della sua arte, l’ansia di un affinamento ruotante attorno a una determinata idea, i rapporti con gli attori e gli uomini della troupe.

Kubrick e la volontà, Kubrick e le ossessioni, Kubrick e la potenza della mente: «Nella sua testa aveva più cassetti di chiunque altro io abbia mai conosciuto, li apriva o li chiudeva per la gente con cui lavorava e per i suoi amici in modo molto selettivo... nessuno di quei cassetti si è mai spalancato per caso.» (p. 70)

Un libro scorrevole, con una bella prefazione del curatore Simone Barillari, ma soprattutto un libro interessante per i tanti che subiscono il fascino di questo artista e si lasciano pizzicare dalle stimolazioni  al pensiero indotte dalla visione delle sue opere.