Ho letto I morti del Carso spinta dalla curiosità, dopo aver appreso da un recente articolo di cronaca apparso sui giornali dello scrittore Veit Heinichen che da oltre un anno è perseguitato da centinaia di lettere anonime che lo accusano di pedofilia.

Diffamazione svelata solo di recente dopo il via libera dei magistrati.

Un maniaco lo accusa di aver abusato di un bambino di 6 anni in Germania, da cui,  secondo le accuse, sarebbe scappato. La storia è stata inviata a istituzioni, amici, librai,  centri culturali e professionisti.  Lo scrittore, che ha spesso criticato la politica locale nei suoi libri attraverso le sue indagini che partono sempre da accurati studi e documentazioni di accadimenti passati, probabilmente, potrebbe aver infastidito qualcuno, scrivono ancora i giornali.

Nato in Germania nel 1957 a Villingen-Schwenningen, si è laureato in economia a Stoccarda, ottenendo una borsa di studi della Mercedes-Benz per la quale ha anche lavorato presso la direzione generale.

E’ stato giornalista e ha  collaborato con diverse case editrici, tra cui la Berlin Verlag di Berlino (diverse volte premiata come “Casa editrice dell’anno”) che ha diretto fino al 1999.

Dal 1997 vive a Trieste, città di mare e di confine, dove ha ambientato i suoi romanzi. Una città che descrive nella sua complessità, tra bora e multicultura.

Ogni libro mischia aspetti storici a elementi di attualità offrendo un quadro di una città di mare, dove gastronomia, cultura e arte hanno molto da offrire.

Il personaggio principale dei suoi libri è il Commissario Proteo Laurenti (Proteo come il dio marino e l’incolore anfibio che vive nelle grotte del Carso), salernitano trapiantato da anni a Trieste, come il suo padre letterario.

Heinichen ha ricevuto il Premio della RTV Brema 2005 per il miglior giallo 2005 (Bremer Krimipreis 2005) ed è stato finalista al Premio Franco Fedeli, Bologna, 2003 e 2004, per il miglior giallo italiano dell’anno.

Tra i libri pubblicati con le avventure del Commissario Proteo Laurenti: I morti del Carso, Morte in lista d’attesa, A ciascuno la sua morte, Le ombre lunghe della morte e Danza Macabra.

Lo scrittore, seguitissimo in Europa, è tradotto in molte lingue.

In un periodo dove imperversano tanti Commissari di carta pronti a risolvere gialli in ogni regione d’Italia, tutti più o meno buongustai,  più o meno accasati sentimentalmente, con aiutanti fissi più o meno divertenti e con vicende private  (i nostri eroi devono avere affetti travagliati e magari anche qualche malessere in cui immedesimarci, tipo coliti o mal di testa) che finiscono  sempre col mischiarsi ai casi da sciogliere.

Solo la realtà lascia dubbi coi suoi fatti di Cogne, Perugia e Garlasco, di cui non  conosceremo mai veramente come sono andate le cose, ma i libri ci rassicurano con delle soluzioni.

Ne I morti del carso il caso si presenta particolarmente ingarbugliato. Traffici illegali di uomini e merci, contrabbandi e odi che risalgono all’ultima guerra e agli eccidi delle Foibe, storie private di amori e odi. Tanta carne al fuoco in una storia che seppur ben scritta a tratti presenta pesantezze e forzature. Molti nodi alla fine non vengono sciolti o finiscono col perdersi per strada, altri vengono giustificati in modo frettoloso e poco convincente lasciando il palato inappagato.  Qua e là si cerca di strappare sorrisi al lettore con le goffaggini del Commissario Proteo senza riuscirci. Rimangono belle le descrizioni invernali della città fustigata dalla bora nera, dei monumenti, della stupenda piazza affacciata sul mare, dei caffè e dei ristoranti che fanno  venire voglia di andarci.

Nel mio caso di tornarci.

Però non basta e il lettore ne esce affaticato. Certo il fascino di  Maigret nelle storie semplici  e umane di Simenon e la solarità di Montalbano che tira fuori Camilleri anche da trame dove a volte succede ben poco  sono tutt’altra cosa. 

Comunque il giallista di Trieste (il cui cognome ogni volta mette una gran sete di birra) perseguitato da un corvo, con la notizia sui giornali ha trovato altri lettori, che incuriositi dalla cronaca sono andati a leggere i suoi libri.

A me uno è bastato.