Continua la pubblicazione da parte di Einaudi dell’opera di Jean-Patrick Manchette: dopo Posizione di tiro, Fatale, Nada e Piccolo blues ecco questo gioiellino che risponde al nome di Un mucchio di cadaveri.

Il protagonista, Eugene Tarpon è un ex-gendarme che tenta la fortuna come investigatore privato, ma – come più volte si evincerà durante la lettura di questo libro – nella realtà le cose non funzionano come nei romanzi. Tarpon infatti non fuma la pipa, non è un genio della criminologia, non ha sete di giustizia, né tantomeno clienti. Decide così di chiudere bottega e di tornare dalla madre. Poi, improvvisamente, la sua vita viene invasa da eventi che si insinuano nella sua rassegnazione esistenziale come un blob di colore nero – noir, come dicono i francesi: c’è la misteriosa morte di una ragazza invischiata in strani giri di cinematografia a luci rosse. Partono, malgrado l’inerzia di Tarpon, le indagini tra gruppi sovversivi, mondo dello spettacolo, strani gangster/uomini d’affari e, appunto, un mucchio di cadaveri.

Jean-Patrick Manchette è uno scrittore militante e i suoi libri hanno contenuti di critica sociale – come dice Valerio Evangelisti nella postfazione – "mai spiattellati eppure percepibili". Tenendo presente che "nelle moderne società occidentali potere politico e interessi criminali sono ormai intrecciati in maniera inestricabile, […] il tipo di noir capace di assolvere la funzione di specchio credibile del sociale è solo quello behaviourista, in cui dai comportamenti si risale a psicologie e intenzioni, e in cui esclusivamente la descrizione degli eventi ne fa intuire la logica occulta".

La "descrizione degli eventi", la narrazione, è straordinariamente gradevole, i tempi non sono iperveloci e le righe trasudano un’ironia sottile e acuta. Tutti ingredienti, ricercati dallo scrittore con grande dedizione e studio, che rendono questo romanzo assolutamente divertente e al contempo intelligente e profondo.

Un libro da leggere e rileggere.