Il gusto del delitto è il titolo dell’antologia, curata da Sandro Toni, appena uscita per iniziativa dell’Assessorato Agricoltura della Regione Emilia-Romagna ed edita da Leonardo Publishing. Quattordici fra i più famosi giallisti e scrittori emiliano-romagnoli - Eraldo Baldini, Danila Comastri Montanari, Marcello Fois, Licia Giaquinto, Carlo Lucarelli, Loriano Macchiavelli, Valerio Massimo Manfredi, Gianni Materazzo, Maurizio Matrone, Gian Piero Rigosi, Sandro Toni, Valerio Varesi, Grazia Verasani e Simona Vinci - e un celebre cantautore col talento del giallista - Francesco Guccini -, hanno scritto un racconto inedito costruendolo intorno a un vino o a un cibo dell’Emilia-Romagna.

Acetaie, fattorie o caseifici della nebbiosa pianura padana hanno fatto da ambientazione a buie e a volte grottesche vicende dipanate intorno a un prodotto tipico della food valley: pesche, aceto balsamico, parmigiano-reggiano, lambrusco, prosciutto e mortadella sono così divenuti il viatico succulento  per la creazione di nuove storie e di incredibili delitti.

 

Abbiamo rivolto agli autori la medesima domanda:

Qual è il trait d'union tra la piacevolezza del cibo assegnato e il delitto consumato?

Ecco le risposte:

Eraldo Baldini, autore del racconto A volte sbagliano. Il prodotto tipico assegnato è la piadina romagnola.

“Nel mio racconto si intrecciano piccole cose ed eventi di portata generale, si aprono scenari su un ristorantino di periferia e su vasti complotti internazionali, si parla della scelta del vino e della conquista dello Spazio... Insomma, dal piccolo e quotidiano al grande e complesso. Ma mangiare una piadina romagnola appena cotta non sintonizza forse su lunghezze d'onda così diverse? Si sente che nella propria bocca irrompono un gusto e una soddisfazione che conciliano con la bellezza e la perfezione del cosmo, con la fisicità e con la spiritualità. Senza conoscere il gusto di un buon cibo, sarebbe forse importante essere padroni del mondo? Secondo me no”.

Danila Comastri-Montanari, autrice del racconto La sagra del parmigiano. Il prodotto tipico assegnato è il parmigiano.

“Cibo e delitto si coniugano volentieri in molte serie di polizieschi famosi. I dotti parlano di contrapposizione tra vita e morte, amore e odio, dolcezza e brutalità,  sopravvivenza ed estinzione. Io mi accontento di rilevare che sono due temi prediletti dal pubblico, quindi la loro presenza nella stessa ricetta rende il libro molto  gradevole, o meglio, sempre per restare in tema, molto appetibile”. 

Marcello Fois, autore del racconto Riesumazione. Il prodotto tipico assegnato è il formaggio di fossa.

“Nel mio racconto il delitto consiste proprio nel tenere lontano il protagonista (Curreli) da un cibo che adora (il formaggio di Fossa). Ce l'ha lì a due passi e rischia di non riuscire a raggiungerlo. Tutto il plot consiste in questo differimento a oltranza... E' un noir comico, un gioco. L'unica riesumazione a cui un buongustaio voglia assolutamente partecipare”.  

Licia Giaquinto, autrice del racconto L’innesto. Il prodotto tipico assegnato è la pesca di Romagna.

"Nel caso del mio racconto che riguarda la pesca,  non esiste nessun rapporto tra  la bontà, la delicatezza del frutto, e il delitto.

Il legame infatti è di tipo linguistico, ed è istituito dal significato metaforico che la pesca ha nella nostra lingua.

Nella mente di un soggetto psicopatico, qual è il protagonista del racconto, può avvenire che tra un oggetto di partenza, la parola che lo designa e la traslazione su un altro oggetto operata dal simbolo, si salti il passaggio costituito dal "come", venendosi così a creare una sovrapposizione tra l'oggetto di partenza e quello finale.

Poichè si tratta di un giallo, anche se psicologico, non posso indicare di quali oggetti si tratta, senza rischiare di svelare il mistero”.

Loriano Macchiavelli, autore del racconto La botte di Berenice e il tragno di Manganello. Il prodotto tipico assegnato è l'aceto balsamico.

“Sandro Toni, nella prefazione al volume "Il gusto del delitto" analizza con attenzione il rapporto delitto-cucina e giunge ad alcune conclusioni. E può darsi che abbia ragione lui. Io non trovo alcun nesso particolare fra cucina e delitto. Oppure lo trovo come lo trovo per altri generi letterari, per altre discipline artistiche. L'arte si nutre e meglio si nutre più è arte. Se c'è un rapporto è che la cucina, quando è vera, è opera d'arte. E fra opere d'arte ci si intende”.

Maurizio Matrone, autore del racconto Sangiovese o dell’amor senza pretese. Il prodotto tipico assegnato è il Sangiovese.

“Per me il cibo - e dunque anche il vino - è un amico per tutte le occasioni. Anche per un delitto, se c'è, o per una trama misteriosa, frizzante e spiritosa. Ma, a dirtela tutta, l'unico delitto vero è quello di sprecare il cibo. Per il resto l'alimento assegnato - che dà gusto, piacere e soddisfazione  -  non può che essere associato alla gioia e all'ironia, certo, pur dentro un autentico dramma poliziesco. Poi, come si dice, ogni scrittore ci mette il suo”.

Giampiero Rigosi, autore del racconto Da consumarsi preferibilmente entro: 21/09/2010. Il prodotto tipico assegnato è la mortadella.

“Nel mio caso direi che il trait d'union è il mistero. La mortadella infatti, oltre a essere un cibo mitico, è anche misterioso. E il suo innocente colore rosa non deve trarre in inganno: anche dietro il rosa si può nascondere un noir”.

Valerio Varesi, autore del racconto Mussolini. Il prodotto tipico assegnato è il prosciutto.

“Le similitudini sono tante. Nel mondo animale, l'uccidere e l'alimentarsi sono due fatti conseguenti. Ma anche per l'uomo, mangiare vuol dire uccidere. Per fare un prosciutto bisogna prima ammazzare il maiale e così è per la 'fiorentina' o per la trippa.

Ma anche una buona insalata non può prescindere da un taglio che separa la foglia dalle sue radici. Insomma, mangiare presuppone l'annientamento di qualcuno o qualcosa che viene trasformato in cibo-energia. Però (salvo per certe popolazioni) non si uccide un uomo per mangiarlo, ma il delitto, comunque, anche se compiuto con altre motivazioni, è pur sempre un annientamento. E per molto tempo la fame è stata una delle prime motivazioni del delitto. Lo è ancora in molte parti del mondo. Anche i gesti del cibo sono vicini a quelli del delitto. Il coltello che taglia, la forchetta che infilza...”