Venerdì 3 marzo il quartiere Reno di Bologna ha organizzato un incontro dove cinque scrittori - Marcello Fois, Carlo Lucarelli, Loriano Macchiavelli, Giampiero Rigosi e Valerio Varesi, coordinati da Sandro Toni – hanno messo a confronto la loro esperienza con la fiction televisiva tratta dai loro libri o di cui sono sceneggiatori.

Sandro Toni, che oltre a essere scrittore dirige la biblioteca della Cineteca del comune di Bologna, apre la discussione spiegando al pubblico presente (più di un centinaio di persone, alcune in piedi) che il tema della serata non avrebbe portato gli autori a parlare della loro scrittura, quanto del rapporto che c’è tra quest’ultima e l’immagine. Adesso si può affermare che esiste un giallo italiano e molti autori sono stati investiti della responsabilità di scrivere per la televisione. Il giallo televisivo è cambiato nella tradizione italiana e, chiede Toni, qual è stato l’incontro o lo scontro che gli autori presenti hanno avuto con l’apparato televisivo in generale?

Loriano Macchiavelli, prima di rispondere alla domanda, dichiara che parteciperà ad altri due incontri a Bologna, uno il 17 marzo organizzato dall’Associazione culturale per Wilma e l’ultimo il 13 aprile organizzato dall’Associazione culturale T.I.R. e dal Siulp. Non ne farà più finché non cambieranno le politiche dell’assessorato alla cultura della città.

I film con protagonista il sergente Sarti Antonio, che nella serie diventerà ispettore, trasmessi dalla Rai all’inizio degli anni 90, hanno avuto un grosso impatto emotivo sull’autore. La prima scena che Macchiavelli ricorda è quella di Sarti Antonio che va sui pattini e, con aria sconfortata, chiede al pubblico di immaginarselo. Totalmente diverso dal personaggio che ha creato. Quello che l’ha più sconvolto è stata la censura fatta sui suoi personaggi. La “Biondina”, la prostituta amica di Sarti Antonio, nel film sarebbe diventata una studentessa del Dams (il massimo della trasgressione concessa), senza parlare di come è stata trasformata la storia tra due omosessuali. L’unico che non ha deluso Macchiavelli è stato Gianni Cavina con la sua interpretazione.

“Adesso le cose sono cambiate?” si chiede concludendo.

Valerio Varesi ammette di non avere avuto un’esperienza così tragica. E’ anche vero che il commissario Soneri non ha atteggiamenti censurabili, il suo conflitto è interiore e lo porta all’introversione. Le ambientazioni create dall’autore sono nebbiose, piovose, tipiche del territorio che Varesi vive e ama, quindi le propone nei suoi romanzi. Anche queste fanno parte del mistero e si legano a esso. La televisione sembra, però, avere idee diverse in merito rispetto alle atmosfere che piacciono al pubblico delle 21.

L’interpretazione di Luca Barbareschi (che chiama papà Varesi, ogni volta che lo vede) l’ha sorpreso. Da vero attore è riuscito a immedesimarsi in un personaggio caratterialmente opposto al suo.

Giampiero Rigosi ha collaborato con la prima serie di Distretto di polizia, a quella sull’ispettore Coliandro, e ne sta realizzando altre per la Rai.

I film su Coliandro, terminati da più di un anno, sono stati girati senza l’accordo della polizia (esiste un ufficio specifico a Roma). Non si sta parlando di censura in senso stretto, semplicemente non è stato dato l’appoggio necessario per girare le scene con gli uomini in divisa e con le macchine della polizia. Le divise non possono essere riprodotte quindi sono date dalla Polizia di Stato, qualora via sia il consenso.

Marcello Fois conferma, parlando di passaggio dalla censura franca di Macchiavelli a quella democratica, che consiste nel dare una linea. Nella serie televisiva tratta da Crimini, otto episodi in corso di realizzazione, il racconto di Fois Quello che manca cambia titolo e il politico del racconto diventa un imprenditore edile.

Carlo Lucarelli afferma di avere il record dei film televisivi tratti dai suoi romanzi o da suoi soggetti, già realizzati ma mai mandati in onda. Coliandro viene considerato un prodotto rivoluzionario per tre motivi: fa ridere, il poliziotto è sfigato e un po’ scorretto e, altra ragione, è un po’ troppo duro. La causa, analizza l’autore, è che in Italia non si è abituati al noir. I funzionari televisivi utilizzano metafore curiose del tipo: “Questa cosa qui deve capirla la signora che sta scolando la pasta”, Lucarelli (chiedendosi perché mai una signora che scola la pasta non sia in grado di capire una scena oppure perché debba scolare la pasta in quel momento) ricorda il successo avuto dal Vajont di Paolini, è convinto che l’idea che ha del pubblico chi si occupa di televisione non sia reale e afferma che se oggi proponesse la trama di Un cittadino al di sopra di ogni sospetto lo prenderebbero per pazzo.

Una signora del pubblico, composto da persone attente e interessate, chiede agli autori chi glielo faccia fare di collaborare con la televisione.

All’unisono rispondono tutti che ciò che li muove è il tentativo di provare a smuovere le acque, a volte ci si riesce a fare un piccolo passo avanti.

Lucarelli conclude che tra tre anni farà ciò che diceva Hemingway: “Il produttore a Los Angeles e io a New York. Finita la sceneggiatura ci incontreremo a metà strada, in un punto x tra le due città, dove prenderò l’assegno per tornare a New York”.

La coordinatrice della commissione cultura del Quartiere, Irene Capelli, ringrazia Barbara Casillo che ha ideato e organizzato l’incontro, e gli ospiti che sono intervenuti con una frase che era nel pensiero di tutti noi presenti: “Grazie per esserci, è anche merito vostro se qualche sera riusciamo a guardare la televisione”.