E' morto il 17 settembre 2008 nel Patrick Hospital di Missoula, nel Montana, lo scrittore americano James Crumley. Era nato nel 1939 e stava per compiere a ottobre 69 anni.

Conosciuto soprattutto per il romanzo L'ultimo vero bacio (The Last Good Kiss, 1978) considerato il suo capolavoro e uno degli ultimi veri hard boiled.

In Italia è attualmente pubblicato da Einaudi. La prima volta che L'ultimo vero bacio apparve in italia fu grazie al Giallo Mondadori.

James Crumley, 1939- 2008. USA. La guerra del Vietnam è il cancro che distrugge le energie vitali di una generazione nel primo struggente romanzo di James Crumley, One to Count Cadence (1969, Uno per battere il passo). Alla prova segue l’esordio nella narrativa noir, The Wrong Case (1975, Il caso sbagliato) – prima apparizione dell’investigatore Milo Milodragovitch – e il capolavoro The Last Good Kiss (1978, L’ultimo vero bacio). Approda nell’asfittico panorama del poliziesco anni 70 la figura sanguinaria e tremendamente romantica del detective Suhgrue, che si barcamena tra incubi di un vecchio scrittore, bulldog alcolizzati e donne perdute nel vortice delle droghe e del malaffare. Considerato il più compiuto dei libri di Crumley, The Last Good Kiss è stato giudicato dalle nuove leve del genere (Lehane, Connelly, Pelecanos) la rivoluzione più importante nel noir, dopo l’avvento di Hammett. Burbero e amante delle bevute, lo scrittore torna al detective affogato nei fumi della disperazione, del whisky e di amori sbagliati di The Wrong Case: è il Milo Milodragovitch dell’ambientalista Dancing Bear (Dalla parte sbagliata, 1983). Più umano e sensibile di Sughrue – insieme al quale è coinvolto nella storia di trafficanti di Bordersnakers (1997, Il confine dell’inganno) – Milo conduce le danze nell’esplosivo The Final Country (2001, La terra della menzogna). L’autore dà alle stampe The Right Madness (2005, Una vera follia), stavolta con Sughrue, che esprime un tasso ancor più elevato di caos e ferocia. Lo stile di Crumley, che ha scritto anche The Mexican Tree Duck (1993, L’anatra messicana) ancora della serie Sughrue, si alimenta della sincerità disarmante dei suoi protagonisti, la cui condotta non rinuncia alla violenza in un’America frantumata e dispersa da crimini perpetrati a ogni gradino della scala sociale. Un’America dove si è persa la capacità di discernere bene e male, due facce della stessa sanguinosa medaglia. (scheda a cura di Mario Tirino e tratta dal DizioNoir)