Quando basta la parola… 

Ci sono libri in cui basta la parola (mi ricorda la pubblicità di un lassativo). Insomma il nome dell’autore per avere una garanzia di qualità. Come Donald Westlake (alias Richard Stark) e Il signor omicidi, Mondadori 2008. Visto e preso senza farla tanto lunga.

“Carey Thorpe è un critico cinematografico a cui piacciono molto, forse troppo, le donne, e i casi polizieschi che risolve per il sergente Fred Staples. Ma quando, durante una violenta discussione, la bella Laura Penney batte la testa e muore sul colpo, l’ultima cosa cui Thorpe pensa è confessare. Esce di soppiatto e spera di farla franca. Non sa però che il marito geloso la faceva sorvegliare da un investigatore. Per sfuggire alla giustizia, Thorpe dovrà sviare i sospetti di tutti, inclusi quelli dell’amico Staples”.

Il nostro “particolare” protagonista è nato a Boston nel 1942, laureato in letteratura americana, sposato-separato (mi pare) con due figli Rita e John, riceve una rendita di quindicimila dollari all’anno per un lascito della nonna. Ma diecimila li deve dare come ricatto all’investigatore privato che non farà una bella fine (martello in testa). Passione per Kit, redattrice divorziata senza figli “divertente e autosufficiente”. Una manna dal cielo. Ma non è insensibile alle lusinghe della moglie di Staples (lui “intuitivo ed emotivo). Galeotto il film Angoscia e mi vien che ridere mettendoci pure un cadavere nell’armadio.

Valium e Bourbon a tutta randa. E se non è il suo è quello di Kit. Citati una brancata di film. Lui assassino scopre gli assassini. Quello del regista John Wicher, di Bairt Ailburg, di Margo Templeton e di un altro tizio strangolato con un filo di ferro. Per di più in una classica stanza chiusa. E non manca l’altrettanto classico “Elementare, caro Watson”.

Ci sono pure lettere anonime e il cerchio che si stringe lentamente intorno a lui. Scrittura piacevole, brillante, ironica con momenti di spiccata ilarità.