La ragazza dei corpi di Chelsea Cain: notizie/6040/

L’addetta stampa della Sonzogno ci presenta la scrittrice (molto carina dobbiamo dire per la verità) e il traduttore Seba Pezzani.

Dopo qualche parola di saluto e di benvenuto passiamo subito alle domande, prima però ci teniamo a dire all’autrice che il suo romanzo lo abbiamo letto con grande piacere ed è il classico romanzo che tiene il lettore incollato alle pagine con la voglia di vedere alla prossima pagina cosa succede. Molto simpaticamente la Cain ci risponde che dopo queste affermazioni non può che volerci bene.

Una domanda classica per farla meglio conoscere ai nostri lettori: può dirci “chi è” Chelsea Cain. Dove e quando è nata, studi fatti, dove vive, cosa fa oltre che scrivere?

Mi chiamo Chelsea, sono cresciuta in una comune per Hippies, e poi mi sono trasferita a nord di Seattle nel nord-ovest degli Stati Uniti. Attualmente tengo una rubrica settimanale nel giornale The Oregonian che è il giornale principale della mia zona. E’ una rubrica che non ha niente a che fare con i temi trattati nel romanzo perchè è una rubrica molto innocente sull’essere madre e sull’essere donna. Poi quasi per caso mi sono dedicata a scrivere un thriller. Ho una bambina di tre anni e quando ero in cinta mi sono messa a scrivere questo romanzo, che ho terminato quando lei era ancora una neonata e mi dormiva accanto mentre io scrivevo. Ho un marito una figlia, un cane ed un gatto, poi una volta ho toccato Liza Minelli.

Ci ha detto di essere cresciuta e di aver passato i primi anni in una comune hippy, che ricordi ne ha?

Di ricordi ne ho parecchi perchè sono venuta via da questa comune quando avevo cinque anni. Per me è stato abbastanza duro entrare nella cosidetta società normale perchè nella comune si respirava una atmosfera di grande creatività, di grande magia. Quindi io penso che sia un tesoro che mi porto appresso quello che ho vissuto al tempo, una cosa di cui sono grata ai miei. Godevo di grande libertà e di grande creatività, in un ambiente musicale molto magico. Detto questo siccome ora ho una bambina di tre anni, ogni tanto quando vado con la memoria a quegli anni mi chiedo: - Ma i miei genitori cosa avevano in testa, con cosa lavoravano, cosa facevano?

Nelle sue letture sia giovanili che attuali qual’è il romanzo che preferisce in assoluto? Un titolo o due.

Direi che sono due sicuramente. Il primo è Hunter Thompson, con il romanzo “Paura e disgusto a Las Vegas, una selvaggia cavalcata nel cuore americano (Bompiani -1966), e poi c’è William Faulkner con il romanzo “As I Lay Dying” (Mentre morivo – Mondadori). Quest’ultimo è stato importante perchè l’ho letto quando avevo quindici anni e frequentavo la scuola superiore in un periodo in cui la formazione scolastica ti insegna che ci sono delle regole molto precise con le quali si affronta la stesura di uno scritto o di uno studio. Quindi leggere quanto scrive questo autore: dove le regole non ci sono o vengono costantemente infrante mi ha dato una scossa e mi ha fatto capire che potevo scrivere ciò che volevo senza avere dei vincoli.

Si è laureata in giornalismo. La sua è stata una scelta ragionata e voluta?

Direi di si perchè comunque mi pareva, al tempo, che la scrittura giornalistica fosse un poco la porta che mi permetteva di entrare nel mondo della scrittura. Avevo già affrontato nel periodo

universitario qualche prova di giornalismo con un giornalino universitario e per poter fare un salto di qualità ho pensato di specializzarmi da scienze politiche in giornalismo; anche perchè al tempo l’unica forma di scrittura che potevo concepire in maniera molto pratica era quella del giornalismo. Non riuscivo assolutamente a pensare alla figura dello scrittore come un lavoro, come una professione. Detto questo nonostante gli studi fatti quando sono entrata nel mondo del giornalismo mi sono resa conto che non ero molto preparata. Sono impreparata tutt’ora, mi sono accorta che una delle cose essenziali del giornalismo è di essere disposti a parlare al telefono con dei perfetti sconosciuti, Fare questo, ancora oggi mi mette a disagio.

Ha scritto dei “non fiction” come:

Dharma Girl: A Road Trip Across the American Generations (1996)

The Hippie Handbook: How to Tie-dye a T-shirt, Flash a Peace Sign, and Other Essential Skills for the Carefree Life (2004)

Does This Cape Make Me Look Fat? (2006) (with Marc Mohan)

sono lavori scaturiti dalla sua esperienza in una comune hippy?

Ho scritto cinque saggi e tre hanno a che fare direttamente con le mie esperienze da bambina dentro una comune hippie. Poi c’è uno che è la parodia di Nancy Drew e l’ultimo che ho scritto prima di questo thriller è nato dalla mia grande passione per i fumetti e si intitola: Does This Cape Make Me Look Fat? (2006) (with Marc Mohan).

Vorrei aggiungere che uno scrittore americano diceva sempre che uno scrittore accumula l’80% della propria esperienza che poi trasmette nei suoi libri entro l’età di quindici anni, nel mio caso invece ritengo che otto anni si avvicini di più alla realtà.

E’ stata un fan dei libri di Nancy Drew? Perchè una parodia?

E’ il mio quarto libro, E’ un omaggio affettuoso a questa autrice che io adoravo.

Quando scrive come si organizza?

Ho un ufficio che sostanzialmente è ricavato nel solaio della casa dove vivo, è molto luminoso, con un finestrone che prende la luce direttamente dal cielo, scrivo ovviamente con un pc e di fianco al computer ho due post-it. Sul primo è scritto: “Impiega poco tempo a mettere in pericolo uno dei protagonisti”; mentre sull’altro: “Anche i mostri dopo un minuto smettono di fare paura”. E poi naturalmente sono circondata da scaffali pieni di libri che mi servono per le mie ricerche, di criminologia ecc. Detto questo anche se in teoria dovrei sempre scrivere nel mio ufficio molto spesso scrivo in cucina e in pigiama.

Ha trovato difficoltà a farsi pubblicare questo suo romanzo?

In realtà no. Ricordo che come primo step lo abbiamo mandato ad una casa editrice un giovedi che precedeva un lungo ponte e abbiamo avuto subito una risposta positiva ed una offerta, abbiamo mandato la stessa offerta ad altri 4/5 editor di case editrici diverse e queste sapendo che c’era stata già un offerta sono stati costretti a portarsi il manoscritto in vacanza nei quattro giorni del ponte per darci una risposta e così poi il martedì successivo abbiamo aperto l’asta.

Qual’è lo spunto, l’idea iniziale per scrivere Heartsick? E’ vero che l’idea viene dalla storia realmente accaduta di un serial killer che è riuscito a non farsi prendere per 20 anni?

Si. La cosa interessante è che quando avevo dieci anni nella zona in cui abitavo fu scoperta una prima serie di cadaveri di donne, e nel primo caso un cadavere di donna gettato nel fiume. Effettivamente questo killer per vent’anni ha fatto le sue defandezze e nella zona fra l’altro dove vivevo per cui sono rimasta direttamente molto colpita da questi fatti.

Quello che però mi ha ispirato non è stato tanto la personalità del killer che non era assolutamente interessante, quanto invece potrebbe essere la mia Gretchen, (la serial killer del romanzo) o altrettanto intelligente e nemmeno le modalità con le quali ammazzava le sue vittime ma quello che mi ha intrigato e ha dato la stura alla mia storia è l’idea che un poliziotto o una squadra di poliziotti come era quella formata per cercare questo serial killer per 20 anni non hanno fatto altro che quello. Con una sorta di legame, quasi un attaccamento ossessivo questo assassino. E la cosa interessante in questo caso è che l’assassino ha stipulato poi con le forze di polizia sostanzialmente lo stesso tipo di accordo che Gretchen ha fatto con il protagonista e la sua squadra.

Un altro motivo per cui ho creato questo personaggio e che dopo 20 anni di ricerche fatte da questa squadra antikiller, quando finalmente misero le mani su questo assassino, per me fu una delusione terribile perchè questo tizio non era assolutamente interessante ma una persona assolutamente anonima.

Abbiamo letto il suo romanzo, trovandolo veramente coinvolgente, ci ha ricordato un poco (ma solo un poco) il famoso Hannibal. Lei ha letto quel romanzo?

Si l’ho letto quando ero all’università, praticamente l’ho letto dieci anni prima che io iniziassi a scrivere il mio e quando l’ho scritto non mi è assolutamente venuto in mente che ci potesse essere un punto di contatto tra il mio romanzo e “Il silenzio degli innocenti”. Però a meta strada, più o meno quando Gretchen compare fisicamente e Archie con Susan va a trovarla in carcere allora mi è venuta una folgorazione mediatica: cavoli, mi sono detta, sicuramente qualcuno penserà che ci sia un pizzico di quel romanzo. Però quello è l’unico punto di contatto con quel romanzo. In realtà quello che mi interessa indagare è il rapporto che si instaura, come dicevo prima, tra il poliziotto e il serial killer

C’è un doppio rapporto: tra poliziotto e serial killer e tra torturato e torturatore

Sì, ma devo dire che sono facce della stessa medaglia nel senso che comunque questo rapporto tra il poliziotto e serial killer l’ho visto apparire in varie storie, e sicuramente viene analizzato nel Silenzio degli innocenti, però ci sono anche altre storie e altri film che affrontato lo stesso tema solo che da lettrice mi è capitato tante volte di agognare a qualcosa di più nel senso di desiderare che questo rapporto venisse affrontato in maniera più approfondita, mentre invece nelle storie che ho letto poi l’autore si limitava a sfiorare questo rapporto senza approfondirlo

Nel mentre il protagonista (Archie Sheridan) è ben delineato come storia della sua vita e psiche, la Gretchen come personaggio, sia pur rilevante, è appena delineato. In futuro di questa verrà raccontata la storia e come è arrivata ad essere una serial killer?

Sicuramente con i libri che scriverò in futuro trasmetterò ai lettori qualche informazione in più, questo è un fatto certo. Però credo che di aver voluto dare ai lettori proprio la sensazione che il personaggio principale tra i due fosse Archie, facendo esprime a questi il suo punto di vista in maniera molto netta mentre ho lasciato intenzionalmente in discussione il punto di vista di Gretchen perchè in questa maniera il non sapere esattamente cosa passa per la sua testa la rende ancora più terribile. D’altra parte quando succedono dei fatti di sangue, dei crimini, e il protagonista di questi fatti è una donna per qualche ragione siamo facilmente portati a cercare delle spiegazioni diverse da quelle che stanno alla base di un analogo fatto di sangue ma commesso da un uomo. Cerchiamo di dire, nelle ragioni di una donna, che questa ha cercato una vendetta contro i maschi per aver subito in passato violenze o altro, mentre io ho preferito che la faccenda fosse più sfumata e il personaggio di Gretchen fosse più ambiguo.

Il titolo del romanzo è Heartsick (tradotto letteralmente in “cuore malato”) la Sonzogno lo ha intitolato “La ragazza dei corpi” cosa ne pensa di questo titolo?

Trovo il titolo italiano molto bello. Mi piace molto perchè la Sonzogno ha utilizzato la stessa copertina del volume Usa, con l’immagine del cuore, ma scegliendo questo titolo che stacca dall’idea di cuore insito nel titolo originale rende molto chiara la promessa di un certo tipo di violenza all’interno della storia che mi sembra deve essere preponderante, perchè altrimenti potrebbe sorgere l’ambiguità di un romanzo d’amore.

Archie Sheridan sarà il protagonista anche dei prossimi volumi? Quanti saranno? E riuscirà ad uscire dalla dipendenza delle medicine e dell’amore malato verso la sua torturatrice?

Visto che sono usciti ben 56 romanzi di Nancy Drew io ne voglio scrivere almeno altrettanti! In effetti saranno diversi libri con lui protagonista.

Il prossimo sarà Sweetheart?

Si dovrebbe essere in libreria (Usa) in settembre.

Archie Sheridan riuscirà ad uscire dalla dipendenza delle medicine e liberarsi dell’amore malato verso la sua torturatrice?

Le risposte sono SI e No ma lascio a voi scegliere a quale domanda si riferiscono.

Finita l’intervista salutiamo la simpatica scrittrice e il bravo, davvero, traduttore.