Benvenuto Karl e grazie per essere con noi, pronto per essere intervistato su una rivista italiana.

Quando mi è capitata fra le mani  la copia del tuo libro ("Come equazioni d'amore", /libri/5139/), lo ammetto, ho provato una strana  sensazione. Per prima cosa, il titolo; per seconda, per il tuo background (ingegnere robotico e ricercatore scientifico).  Potresti dirci qualcosa di più? Che cosa suscita in te la passione per la scrittura?

Mi sono interessato alla scrittura sin da quando ero un ragazzo – mia madre scriveva storie per bambini  durante la mia infanzia, così scrivere mi è sempre sembrata una cosa naturale da fare. Da adulto, trovo che scrivere sia molto difficile e frustrante e, allo stesso tempo, appassionante  e profondamente soddisfacente.

Come coesistono in te le “due anime” (ricercatore in ingegneria e scrittore)?

Coabitano in pace, dal momento che vedo sia la ricerca sia la scrittura come processi fondamentalmente creativi. Entrambi cominciano con un’idea, poi procedono attraverso fasi crescenti di analisi ed esplorazione strutturate. E per me, i processi sottostanti di ricerca e scrittura sono simili: c’è la stessa eccitazione iniziale, la stessa frustrazione quando il concetto viene sviluppato lentamente e poi la silenziosa soddisfazione finale quando il lavoro è completato.

Sei un esempio tangibile di intersezione fra pensiero scientifico e umanistico, l’uno spesso percepito in antitesi con l’altro. La pensi anche tu in questo modo?

No.  C’è una significativa quantità di creatività e ambiguità nascosta anche nella più razionale indagine scientifica. E poiché gli scienziati sono (ovviamente) individui emotivi, il loro lavoro è  condotto dagli stessi impulsi che guidano scrittori e umanisti in genere – desiderio e gelosia, paura e ansia. La distinzione nitida fra pensiero scientifico e umanistico è, per la mia esperienza, non proprio così nitida.

Quali autori  ti hanno ispirato durante la tua carriera di scrittore?

Sono stato ispirato innanzitutto da scrittori americani, fra cui Ernest Hemingway, Mark Twain, Robert Stone, e Richard Ford.  Sono anche stato influenzato da Graham Greene.  Più recentemente, ho trovato grande affinità nella scrittura di Andrea Barrett, un americano che scrive meravigliosamente di scienziati e del loro mondo.

A proposito del titolo del tuo libro:  “Come equazioni d’amore” (“On the Nature of Human Romantic Interaction”).  Come ti è venuto in mente?  A che cosa allude?

Riprende la forma di alcuni titoli di tesi scientifiche di Ph.D. che talvolta sono abbastanza presuntuosi: “Sulle proprietà di X”, “Sulla natura di Y”. Volevo commentare con ironia l’impossibilità di affermare qualcosa con rigore scientifico quando si tratta di relazioni e d’amore.

I personaggi  di “Come equazioni d’amore” hanno una certa profondità e questo li rende originali. C’è qualcosa di te nel loro modo di sentire?

C’è qualcosa di me in tutti i miei personaggi, ma quelle parti sono spesso sepolte sotto  numerosi strati di invenzione. Per me è importante condividere qualcosa di significativo con i miei personaggi – una debolezza o un desiderio o un rammarico – per preoccuparmi e scrivere di loro come se fossero esseri umani e non “caratteri” su una pagina.

Per esempio,  il ricercatore che ha una “visione analitica

dell’amore”. O la silvicoltrice innamorata del professore che non ha mai conosciuto; o il minatore che sogna segretamente curve geometriche. Ciascuno di loro è poetico nel proprio tentativo di vivere e comprendere la vita. Ma ogni personaggio è solo, senza speranza. Qual è la tua visione della condizione umana?

Credo che sia un impulso umano fondamentale provare ad ordinare gli aspetti del tutto disordinati e confusi della vita e che tale impulso potrebbe essere particolarmente forte in quelle persone che hanno scelto attività scientifiche. Numerosi personaggi nel mio libro si sforzano di trovare vie per comprendere il mondo attraverso la scienza o la matematica, anche se nessuno ci riesce. Naturalmente questo è quello che è interessante delle relazioni umane: che siano imprecise, indefinibili, incerte, imprevedibili

 

Nel racconto “Figli della fame” ("Children of Hunger"), la vedova di un medico ricorda gli esperimenti pionieristici  del marito su un giovane rimasto vittima di un colpo di arma da fuoco, Il racconto è basato su una vicenda reale. Potresti dirci qualcosa di più al riguardo?

In "Figli della fame" intendevo raccontare la storia di una importante scoperta scientifica dal punto di vista di qualcuno che non fosse lo scienziato – qualcuno che potesse augurarsi che la scoperta non fosse mai stata fatta.

"Figli della fame"  è ispirato agli esperimenti eseguiti dal dottor William Beaumont agli inizi del diciannovesimo secolo nel Michigan, che portarono a importanti scoperte del funzionamento del sistema digestivo.

Gli esperimenti coinvolsero una serie di grotteschi studi su un giovane uomo canadese, ferito da un proiettile vagante. Quello che a me interessava non era l’aspetto scientifico della storia, ma la storia del giovane canadese: come si fosse sentito nel trovarsi al centro di un esperimento che  non l’aveva reso né famoso né ricco ma che, al contrario, gli aveva  procurato sofferenza.

C’è sempre una “prima volta” in ogni cosa: che cosa hai provato quando terminasti di scrivere il tuo primo racconto? E quando lo pubblicasti?

Ho scritto racconti per anni, senza cercare di pubblicarli e provai una profonda soddisfazione nel finire un racconto rendendomi conto, per la prima volta, che non era così terribile. Spedii poi il racconto a una piccolissima rivista letteraria e fui felicissimo quando ne acconsentì la pubblicazione.

 

 

I tuoi progetti per il futuro? Ancora racconti o un romanzo? Puoi darci qualche anticipazione?

 

Recentemente ho terminato un romanzo dal titolo "Le spedizioni" (The Expeditions), a proposito di una spedizione scientifica nei territori indiani, nel nord del Michigan, nel 1844. Sarà pubblicato negli Stati Uniti nel gennaio 2008. Ho pronta anche una bozza di un altro romanzo storico,  su un politico e un frenologo nella Detroit del 1850. Mi auguro di riprendere a scrivere al più presto racconti.

Grazie, Karl, per la chiacchierata. 

Auguri per il tuo lavoro e complimenti per il nuovo romanzo, ora pubblicato negli Stati Uniti. Speriamo di incontrarti in Italia, per l'uscita del libro nel nostro paese!