Certi patti non c'era bisogno di metterli per iscritto, camminavano assieme all'aria.

Alfio Caruso usa nel libro Il lungo intrigo. Dal 1943 a oggi: per una storia segreta d'Italia un artificio: la finzione narrativa. Costruisce episodi forse mai accaduti, intesse dialoghi, immagina incontri. Ognuno di essi vede di volta in volta sulla scena qualche mammasantissima di cosa nostra. Oppure agenti dei servizi. O giornalisti o ancora ufficiali delle forze dell'ordine. E se è vero che i singoli fatti probabilmente sono frutto di fantasia o libere rielaborazioni di momenti reali, è altrettanto vero che ciascuno di essi descrive (e ne ribadisce l'esistenza) avvenimenti assolutamenti concreti, nodi chiave nel passaggio da una nazione che dall'armistizio ai giorni nostri è inciampata (ma spesso ha inciampato consapevolmente) in fatti che hanno deviato il suo percorso politico "democratico".

La mafia è una presenza costante del libro. A iniziare dalle sue prime pagine, quelle in cui narra del 1943 e degli accordi per cambiare fronte passando dall'asse nazifascista a quello alleato. E la "clausola segreta", quella di cui Aldo Moro negherà l'esistenza anni dopo perché troppo infamante sarebbe stato ammettere l'impunità o un occhio di riguardo verso uomini d'onore che appoggiavano lo sbarco in Sicilia, è il primo mistero. Seguito da Portella della Ginestra, il caso Mattei, i flussi di denaro da est e da ovest per mantenere saldi gli assetti del fronte più caldo della guerra fredda. E ancora la morte del commissario Cataldo Tandoj ad Agrigento, le esecuzioni di marmaglia in divisa per dare una lezione alle gerarchie, Dalla Chiesa che diventa un "uomo solo", Mauro De Mauro e la scomoda figura di Enrico Mattei, i tintinnii di sciabole nelle notti da golpe, le stragi, le bugie su via Fani, gli appoggi e le strumentalizzazioni del terrorismo di destra e di sinistra, la stagione delle autobombe a Palermo, i divini traffici finanziari, il Banco Ambrosiano e i suoi caffè avvelenati serviti all'interno di un supercarcere.

È un manuale di storia, quello di Caruso. Se c'è chi critica - ritenendola eccessiva - l'aderenza dell'autore ad alcune verità processuali più o meno contestate (come, per esempio, il ruolo centrale di mafiosi di secondo piano quando invece il vero pezzo da novanta, inamovibile, sarebbe stato al sicuro negli Stati Uniti), non va comunque dimenticata la difficoltà nel tracciare un percorso logico e non solo cronologico, che legga tra i fatti ancor più dei fatti stessi. Del resto, che il succedersi degli eventi non sia stato quello raccontato sui giornali, nelle aule parlamentari e in diverse aule di giustizia è oggi forse uno dei pochi elementi acclarati. Lo descrive bene un racconto. È ambientato a Parigi dove un vecchio giudice, in pensione da tempo e ancora prima passato dal penale al fallimentare per il deserto che gli era stato creato intorno quando indagava sull'istituto Hyperion, chiave (forse) di convergenze politiche bizzarre, incontra una sua antica fonte. Che l'aveva tradito in nome di una qualche forma di ragione di Stato. Nel dialogo tra il giudice e la ex fonte, si dice:

"Questa sua frase mi ricorda un'altra strana frase pronunciata da Renato Curcio, il fondatore delle BR: ci sono episodi che sono andati in un certo modo e che per venture della vita nessuno può dire come siano veramente andati; hanno infatti prodotto complicità tali fra noi e il potere da impedire ogni accertamento."

E in conclusione, arrivando ai giorni nostri, in aria di dossieraggio Telecom e complicità del Sismi nel rapimento Abu Omar, i personaggi di quest'altro racconto rendono bene un sessantennio abbondante di storia italiana:

"Dovevamo accontentate gli americani, che vedevano minacce dappertutto, facendo attenzione a non irritare i sovietici, che ci mandavano i comunisti e i sindacati in piazza. Dovevamo sostenere l'esistenza di Israele, ma chiudendo un occhio su ciò che combinavano gli arabi per evitare che ci mettessero le bombe sotto il letto. Non solo non avevamo una politica estera, ma dovevamo fare i conti con la politica estera del Vaticano, cui non pareva vero di andare dalla parte opposta. Poi ogni tanto, per ricordarci che non comandavamo a casa nostra, esplodevano treni, aerei, banche monumenti. E noi zitti e buoni, guai ad alzare la voce. Potevamo soltanto lavorare nell'ombra stando in equilibrio su un filo e senza rete di protezione sotto. Ti ricordi di un avvenimento, dico uno che sia uno, nel quale ci abbiano dato ordini chiari, circostanziati? Te lo ricordi?"

Il lungo intrigo - Dal 1943 a oggi: per una storia segreta d'Italia di Alfio Caruso (Collana La Gaja Scienza — Longanesi, 2007) — 356 pagine — € 16,60 — ISBN 9788830424661

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