Si è voyeur per pura e semplice “passione” o per “noia”? Per Hitchcock e il suo alter ego L.B."Jeff" Jefferies pare di poter dire per passione (La finestra sul cortile), mentre per D. J. Caruso (non Francesco, ehh!!) per noia, differenza non da poco tra questo Disturbia e il suo illustre predecessore del 1954. Stavolta, ad essere rinchiuso tra quattro mura con tanto di cavigliera elettronica pronta a segnalare le eventuali evasioni, è Kale (Shia LaBeouf), adolescente afflitto dai sensi di colpa per aver involontariamente causato la morte del padre in un incidente automobilistico. Condannato a scontare tre mesi di arresti domiciliari per aver aggredito un professore reo di aver chiamato a giudice del suo comportamento attuale la memoria del padre, il problema da affrontare è cosa farsene dell’enorme quantità di tempo a disposizione. A sollevare Kale dalle ambasce contribuisce l’arrivo di Ashley (Sarah Roemer), attraente coeva dirimpettaia, capace di trasformarlo in men che non si dica in un voyeur per caso nonché anomalo (giacché brama l’oggetto anziché accontentarsi di guatarlo…). Va da sé che il mondo al di là del davanzale non solo è assai più ampio di come appaia a primo acchito (è solo un po’ manicheo…), ma è anche pieno di sorprese visto che assieme alla fanciulla annovera anche il sig. Turner (David Morse, che ha conosciuto tempi migliori, ruoli migliori, facce migliori), dirimpettaio pure lui che pare non raccontarla giusta, mellifluo com’è, e che magari è un killer seriale e magari no... La vicenda scorre, le regole dell’attrazione faranno il loro corso, l’ambiguità del vicino un istante sembrerà cosa certa e un istante dopo infondata, il tutto mentre il film macinerà in fretta la parte-omaggio al grande Hitch. Poi, vista la scarsità di idee nuove, non gli rimarrà altro da fare che abbarbicarsi al filo conduttore tipico in questi casi, quello cioè del rito di passaggio, con l’adolescente Kale che alla seconda occasione fornitagli non fallisce dimostrando al mondo adulto (la madre, una sbiadita Carrie-Anne Moss cui il salto da Matrix a mamma le nuoce non poco, e la Polizia), che sotto la scorza di ribelle nasconde la tempra di un citizen Kale maturo e responsabile. Buon ritmo per cui non ci annoia (da qui le tre stelle) ma in fin dei conti, come purtroppo capita di scrivere sempre più spesso, nulla di veramente nuovo. Shia LaBeouf se la cava meglio di quanto non facesse in Transformer. Ha il vantaggio, per certi versi, di non essere bello, così che può permettersi perfino i brufoli: magari è il nuovo Dustin Hoffman. Chissà…