In una città del Mediterraneo, nel luogo dove un tempo sorgeva un uliveto secolare, una lottizzazione selvaggia ha creato un quartiere residenziale, chiamato Getsemani: villette, prati all'inglese, qualche piscina, un centro commerciale e, ovviamente, una minuscola banca. Ed è proprio qui che inizia il romanzo: con un tentativo di rapina e una donna armata che tiene sotto tiro tre ostaggi, fuori, c'è la polizia pronta a intervenire. Ma se esiste un posto in cui l'apparenza non risponde mai alla realtà quello è Getsemani: la scena della rapina rappresenta infatti, emblematicamente, la "vocazione" del quartiere, dove tradire ed essere traditi è ormai la norma.

Apparire, apparire, apparire. Questa è la linfa vitale di Getsemani. Mostrarsi per come non si è veramente. Mostrarsi all’altezza degli altri, e possibilmente più ricchi, più belli, più fortunati degli altri; poco importa se per farlo bisogna scendere a compressi o vendere l'anima, l'importante è ergere la propria testa sopra quelle degli altri, far vedere che siamo perfetti, che stiamo cavalcando l'onda e che non ci siamo fatti travolgere. Non fermarsi. Rincorrere gli dei del tubo catodico, rincorrere la perfetta forma fisica, fare mambassa di status-symbol. Apparire…       

Cagliari. Un caldo assassino. Un'umidità che cresce a dismisura e t'intasa la mente, che ti incasina i pensieri. Difficile vivere in una città così. Ancora più difficile vivere in un quartiere residenziale come il complesso Getsemani dove si vive recitando un copione, un copione che non corrisponde alla vita reale; un copione fatto di bugie, di apparenza, di sfarzo, di segreti inconfessabili, di un passato da riscattare. Se ti mostri per quello che sei, Getsemani non è il posto adatto per te; ma se invece reciti una parte, magari quella di un imprenditore facoltoso e ambizioso, per cui il primo comandamento è "fai di tutto perché gli altri ti invidino", allora il quartiere Getsemani, capitale delle falsità, ti accoglierà a braccia aperte.  

Questo romanzo tagliente e ben scritto è un romanzo di storie. Storie che s'intrecciano tra loro con un'agilità felina, da contorsionisti ben affiatati. Ogni storia rivela uno specchio di realtà che a volte fa ridere per la sua ridicolaggine, e a volte fa piangere per la sua tragica verosimiglianza. Abate scrive così, dritto al cuore. Può farti piangere o ridere con la stessa semplicità, e spesso nella stessa pagina. La sua è una scrittura sanguigna, scevra di fronzoli. Abate non scrive. Abate taglia. Taglia le pagine col suo stile secco e incisivo. Abate viviseziona la realtà per farci capire dove stiamo andando. La sua mano è ben ferma, e i suoi occhi sono attenti. 

Le storie di Getsemani, dei vari abitanti di questo quartiere alla moda, sono maledettamente verosimili. Molte persone riconosceranno in Antonio, costretto a correre ogni santa mattina per smaltire la pancetta e far contenta sua moglie, qualche vicino o amico, riconosceranno nella snob Leida qualche amica di liceo, riconosceranno nel manager di gestione del tempo qualche bastardo presso cui l'azienda ci ha mandato a fare qualche ridicolo stage, e riconosceranno in ognuno dei personaggi qualche viso conosciuto. Il lettore non riconoscerà soltanto i personaggi, ma anche la voglia di riscatto, le pulsioni, i bisogni e i desideri che spingono i personaggi. Quella voglia di riscatto, quelle pulsioni che a volte diventano incontrollabili fino a farci deragliare dai nostri binari, per portarci verso strade pericolose e da cui non si può tornare indietro…    

Francesco Abate scrive la realtà. Mette a nudo i vizi, le debolezze e le contraddizioni di una società di consumisti, schiavi della televisione, impero dell'apparire. Il talento di Abate è quello di raccontarci la realtà senza annoiarci. Le sue parole scivolano via che è un piacere, soprattutto quando le storie si intersecano, i nodi si fanno troppo stretti, ed è pressante la voglia di sapere cosa succederà, perché comunque questo romanzo ha una natura fatta di tensione, un'anima noir, e il lettore vuole arrivare alla fine sbranando le pagine. E quando alla fine del libro vi arriverà, la rivelazione finale sarà una bella botta.

Questo è il terzo libro di Francesco Abate, scrittore e giornalista cagliaritano. Dopo Mr. Dabolina e Il Cattivo cronista, lo scrittore sardo ci regala un'opera ancora più innovativa dei libri precedenti. Lo stile sferzante e ironico di Abate si fa ancora più vivace e veloce, e ascoltare le sue parole è sempre un piacere.      

Questo è un libro da leggere per capire cosa stiamo diventando, o cosa vogliono farci diventare, perché alla fine Getsemani non è soltanto un quartiere: Getsemani è la realtà, è uno stato di coscienza, è una sorta di Matrix. 

Non perdetevi in Getsemani.