- “Generale Custer”… “Generale Custer”…

La radiotrasmittente era finita lungo il sentiero. Giancarlo Riva si chinò verso ciò che rimaneva di Cassani e raccolse il suo fucile. Si girò verso Savani che ora tremava come un lenzuolo al vento e lo guardò con espressione malefica.

- Cosa hai combinato tu – disse spalancando uno sguardo spaventoso.

- Che vuoi fare Giancarlo ?

- Io nulla, tu sei già morto – rispose l’altro – Cassani è uscito dagli sterpi all’improvviso. Tu gli hai sparato e lui ha sparato a te. Un terribile incidente di caccia tra due incompetenti. Io porto sempre i guanti .

- Perché Cassani doveva morire?

- Perché non si è messo d’accordo con i miei soci. Affari di decine di miliardi Savani. Tu non puoi neanche capire. Il prossimo assessore se la giocherà meglio. La posta in gioco questa volta era troppo alta.

- Allora mi hai chiamato solo per questo.

- Credevi che volessi aiutare un coglione come te? Sai quanto disprezzo i perdenti.

- Ma perché proprio io?

- Per lo stesso motivo. Perché sei un perdente. Dovevo sacrificare una vita e ho scelto quella che valeva meno.

Savani strinse i denti. Lo sparo lo devastò come era successo a Cassani.

Savani si accasciò in avanti come una specie di burattino. Senza emettere un solo lamento. Era già morto da un pezzo e ora si era eclissato del tutto.

Ancora una volta la natura aveva assistito, attonita, alla follia umana.

Riva rimise i fucili al loro posto, tra le mani di quei due cadaveri. Poi raccolse la radiotrasmittente.

- “Corsaro Nero” è successo un terribile incidente. Cassani è uscito all’improvviso e Savani ha sparato. Si sono ammazzati a vicenda. Una tragica fatalità. E’ orribile…

- Dio mio, come è successo?

- Vi spiegherò tutto, ora torno alle auto. Vado a cercare aiuto. Passo e chiudo –

Riva mise la radiotrasmittente nella tasca laterale della giacca e se ne andò.

Arrivò al sentiero che costeggiava il dirupo. Scese piano aggrappandosi agli arbusti che stavano alla sua destra. La discesa era ancora più difficoltosa. Guardò verso valle: era davvero un bel salto. Ma Riva non soffriva certo di vertigini. Era stato uno della Folgore.

Continuò a scendere per una decina di metri poi si fermò all’improvviso.

- E questo che cazzo ci fa quaggiù? - si chiese costernato. Si trovò davanti un esemplare magnifico di femmina di cinghiale. Giancarlo Riva non si era ancora reso conto della situazione che sentì rotolare alcuni sassi dietro di sé. Si girò di scatto. Altri due cinghiali: un maschio e un’altra femmina adulta.

I tre facoceri si fecero avanti.

- Stupidi animali – disse tra i denti.

Imbracciò il fucile e puntò. Poi premette il grilletto. – Merda – pensò.

Nella furia degli avvenimenti non aveva caricato proprio il suo fucile.

Il cielo pareva avere assunto un colore più intenso. Un blu profondo con striature indaco ai lati. C’erano anche grosse nuvole che si allungavano verso l’orizzonte disperdendosi. E un odore di erba selvatica. Muschiata e umida.

Giancarlo Riva appoggiò il fucile a terra e i cinghiali lo caricarono con tutta la loro forza.

- Stupidi animali… – ripeté.

Per l’ultima volta.