- Ma allora non ti è ancora bastato – fece Riva scrollando il capo prima di scendere con un salto dalla sua Grand Cherokee my 2008.

- Gente! – urlò a gran voce – Ci siamo tutti? Bene, il grosso del gruppo può proseguire per il sentiero e arrivare sino alla collina. Poi vi separerete e vi apposterete ai soliti posti – si guardò attorno per appurarne la generale condiscendenza poi proseguì – Savani e il dottor Cassani, invece, verranno con me e passeremo dal sentiero alto. Le va bene dottore? – Si rivolse a Cassani.

- Per me va bene – rispose l’assessore.

Si avviarono tutti con il fucile in spalla. Bardati e convinti come guerrilleros prima del più conclusivo e cruento assalto di tutta la rivoluzione.

I cinghiali, nel frattempo, consumavano la loro colazione di tuberi e altro, pacifici e ignari come indigeni precolombiani. Assorti tra la nebbia biancastra e densa di prima mattina. Che sembrava panna.

- Cavolo, Riva – esclamò l’assessore guardando verso valle dopo un paio di chilometri – questo sentiero è piuttosto pericoloso .

Pareva di essere sulle coste impervie di Machu Picchu. Ai lati di un sentiero stretto, davvero stretto, c’era un dirupo, a picco sulla valle, di alcune centinaia di metri.

- Ma era proprio necessario passare di qui? – insistette l’assessore.

- Non si preoccupi, lo faccio sempre. Guardi bene dove mette i piedi e tenga il passo “verso monte”, non si sporga e vedrà che fra un paio di minuti siamo arrivati .

Dietro, Savani, non fiatava. Perché se esiste una sola cosa positiva in una depressione davvero seria è proprio quella di restare impassibili al pericolo. Alla fine arrivarono alla radura antistante al primo bosco.

- Ecco – sbuffò Riva e si fermò – possiamo riposarci un momento prima di entrare nel bosco – O perlomeno rallentare il passo. Ora sento dove sono gli altri -. Estrasse da una grossa tasca una ricetrasmittente – Mi senti, “Corsaro Nero”? – Savani e Cassani non poterono fare a meno che sorridere.

- Stiamo entrando nel bosco in questo momento, passo … Dottore potrebbe farmi la cortesia di avvicinarsi a quel cespuglio e acquattarsi?

Dall’altra parte della radio si sentì un lungo gracchiare e un sibilo fastidioso. L’assessore si addentrò nella boscaglia di una decina di metri.

- “Generale Custer”, mi senti? Qui è il “Corsaro Nero”… -

- Sì, ti sento… - rispose Riva abbassando la voce a quel punto - Siamo ai lati del bosco. Cassani è davanti noi. Pare abbia sentito qualcosa ci stiamo appostando – Savani non riusciva a capire che stesse succedendo.

- Hai caricato il fucile ? – Gli chiese a bassa voce L’altro.

- Lo sai che non so neppure come si fa – sbottò Savani

- Dai qui, sei proprio un incapace.

- Che sta succedendo “Generale Custer”, avete già incontrato “Charlie” ?

Passo – si udì dalla ricetrasmittente. I cinghiali, i nemici, li chiamavano “Charlie”, come in Vietnam.

Giancarlo Riva caricò il fucile di Savani e glielo restituì.

- Piero, appoggia il calcio del fucile alla spalla in questo modo. Ecco, bravo, tieniti bello solido sulle gambe… Ora spara un colpo verso l’alto, così per prendere confidenza.

Il colpo riecheggiò nella valle così che diversi stormi di uccelli si alzarono in volo.

- Fatto, contento? – disse Savani dopo aver sparato il suo primo colpo.

- Bravo Pierino – fece Riva – Passamelo che te lo ricarico. Savani restituì il fucile all’amico. La radio gracchiò ancora – “Generale Custer”, allora che succede ? –

- Qui è successo un gran casino “Corsaro Nero”. Un gran casino! – rispose Riva all’improvviso tutto concitato. In quel momento arrivò Cassani trafelato.

- Che casino dovrebbe essere successo – chiese costernato Piero Savani.

- Quale casino è successo, “Generale”? – si sentì, confusa, la voce del “Corsaro Nero”.

Giancarlo Riva caricò il fucile di Piero Savani, lo puntò e sparò.

- Questo casino – rispose secco Giancarlo Riva.

La materia celebrale di Cassani schizzò sui cespugli circostanti. Sui rovi di more, sulla felce umida di primo bosco. Sulle primule selvatiche dal gambo sottile. Sulla corteccia dei castagni secolari. E un rivolo di sangue denso e scuro, quasi nero, scorse lungo la pendenza del sentiero, sino all’erba alta, scomparendo in essa.

Piero Savani non riusciva a parlare. Le labbra vibravano socchiuse, lo sguardo era spalancato sul cranio fracassato, ormai informe, dell’assessore ai lavori pubblici del borgo.

- Ma... ma... ma che cazzo hai combinato? – sussurrò Savani.