Ambientato fra il 1946 e il 1969 e diviso in cinque parti che scandiscono le diverse tappe della vita del protagonista, Città delle stelle di Jed Mercurio narra la parabola ascendente di Yevgenii Yeremin, ambizioso ragazzo russo che, cresciuto in un orfanotrofio di Stalingrado, diventa un astro luminoso della flotta aerea russa impegnata clandestinamente nella guerra di Corea, per poi cadere nell’oblio nella missione finale come cosmonauta in orbita verso la Luna.

Il libro si apre sulla Stalingrado devastata dalla guerra ma ansiosa di ricostruirsi un futuro, anche attraverso il duro lavoro dei bambini. Fra loro, Yevgenii, solo contro tutti e accecato da un’irrefrenabile sete di gloria, cerca di difendersi a tutti i costi dai soprusi dei compagni e da un presente ostile fatto di macerie, fumo e pugni ricevuti nel freddo della notte, sognando la sua grande occasione di rivalsa. Che non tarderà ad arrivare: nella seconda parte, ritroviamo infatti il diciannovenne Yevgenii nella Corea del 1952-53 come membro del 221esimo squadrone aereo sovietico, impegnato clandestinamente in Corea in aiuto contro il nemico americano comune.

Nel corso della seconda parte, incentrata sulla vera e propria ascesa di Yevgenii da semplice pilota ambizioso e assetato di gloria ad autentico asso del volo, seguiamo il progredire del sogno del protagonista, intenzionato ad incidere il proprio nome nel cielo coreano a qualsiasi costo, per dare consistenza alla propria identità. Privo di qualsiasi sentimento umano e completamente immerso nella guerra come fosse l’unica dimensione possibile in cui poter valorizzare la sua esistenza, Yevgenii arriva a identificare il volo e gli aerei con l’universo: volare diventa la sua casa e insieme la sua famiglia, l’unica realtà in grado di dargli una possibilità di emergere dall’oblio dell’anonimato. In pochi anni, da ex orfano e studente modello dell’accademia aeronautica, Yevgenii diventa una leggenda, il più grande pilota di tutta l’Unione Sovietica, con 35 aerei avversari abbattuti e più medaglie di tutti i suoi superiori messi insieme. Soprannominato Ivan il Terribile, Yevgenii viene temuto ma nello stesso tempo rispettato dai capi, riuscendo poco più che ventenne a diventare capitano. La bramosia di riconoscimenti e gloria di Yevgenii è tale da renderlo cieco di fronte al mondo circostante, le cui dimensioni eccedono l’effimera popolarità vissuta in guerra.

Una volta finita la missione clandestina in Corea, per cui nessuno di loro, Yevgenii compreso, verrà ricordato negli annali della storia, il destino del ragazzo subirà infatti un brusco cambiamento. Nella terza parte, dal 1955 al 1964, Yevgenii viene spedito presso l’arcipelago Franz Josef Land sul Circolo Polare Artico, per compiere giri di ricognizione su eventuali presenze aeree americane. Siamo ormai in piena Guerra Fredda e Ivan il Terribile, perso in un esilio tutto sommato clemente rispetto a una probabile condanna come traditore, sembra non essere mai esistito. Gradualmente, Yevgenii si piega ad un destino apparentemente normale: si sposa con l’unica donna che gli abbia mai mostrato interesse, pietà, forse anche amore; ha dei figli e rispetta gli ordini che gli vengono affidati (diversamente dalla missione in Corea, dove la sua arroganza ha rischiato spesso di metterlo nei guai). Eppure, una vaga speranza affiora di tanto in tanto nel cuore di Yevgenii: quella di riosservare un cielo color metallo, pullulante di aerei. Pur con il freddo nel cuore, l’ormai trentenne ex eroe nazionale sa che una nuova occasione si presenterà per far di nuovo brillare la sua stella. Sarà un ufficiale memore delle sue prodezze a salvarlo dall’esilio, per addestrarlo ad una nuova missione segreta: lo sbarco sulla Luna, su cui sia gli Americani che i Russi si stanno preparando da tempo.

La quarta parte, ambientata fra il 1966 e il 1968, vede Yevgenii, addestrato presso il Cosmonaut Training Centre dell’Unione Sovietica, assistere ad alcuni avvenimenti che cambieranno il corso della storia del paese: la morte di Yuri Gagarin, il primo uomo russo sbarcato nello spazio, schiantatosi in rotta di collisione contro una navicella americana, mentre su parte avversa l’Apollo Undici invia le immagini della prima perlustrazione lunare in tutto il mondo. Ma i Russi vogliono fare di più, e Yevgenii si offre volontario come primo astronauta destinato ad atterrare sulla Luna, pronto a perdere la vita per un sogno che ormai non riguarda più soltanto se stesso ma l’orgoglio di un intero paese, la cui parabola discendente sembra essere già inscritta fra i detriti dello spazio, in un’ impresa impossibile e senza forma in cui il protagonista sente già di perdere la propria consistenza, ridotto al mero rango di fantasma.

Nella quinta ed ultima parte, siglata 1969 - anno dello storico sbarco americano sulla Luna - assisteremo alla lenta scomparsa di Yevgenii nello spazio a causa di problemi al motore e al carburante. Il ragazzo che era riuscito a risalire dalle rovine di Stalingrado fino a varcare il regno dello spazio ha ormai perso contatti con il mondo esterno: isolato dalla base e senza alcuna possibilità di comunicare con l’esterno, Yevgenii capisce di essere già stato cancellato dalla storia, e pur immortalando i momenti di avvicinamento alla luna e alla terra dall’oblò della sua navicella, sa di non poter più dare alcun senso alla sua impresa, che nessuno conoscerà mai così come in Corea la gloria ufficiale andò soltanto agli Americani. E alla fine il senso del volo, questo strano demone che ha dato forma alla sua vita gettandola verso la morte, si perderà nella discesa verso il vuoto, cancellando per sempre l’antico sogno d’inscrivere il proprio nome nel cielo.

Scritto con un linguaggio lucido e a tratti attraversato da venature poetiche - soprattutto nell’ultima parte - che possono ricordare la prosa cristallina ma emotivamente coinvolgente di Arthur C. Clarke, Città delle Stelle appare a volte appesantito da alcuni particolari tecnici, riguardanti i dettagli delle missioni aeree o le complicazioni della missione da cosmonauta, che possono allentare piuttosto che accrescere la tensione della narrazione. Nel complesso, però, il romanzo possiede senza ombra di dubbio il fascino quasi epico di un’opera di ampio respiro, in grado di ritrarre lo spirito di un’epoca e di un paese beffato dal destino attraverso la vita di un eroe che non lascerà tracce dietro di sé, spazzato via dallo spazio siderale e dalle macerie stellari come un granello infinitesimale di sabbia, perso nel Mare Tranquillitatis. Un libro sull’amarezza della sconfitta e sull’inutilità della gloria, che può lasciare un segno dolente sui lettori e le lettrici, anche grazie alla cieca determinazione di un protagonista destinato alla sconfitta ma non per questo privo di senso nella sua insensata sete di gloria.