Mission Impossible, o quasi: riaccendere con una bomba nucleare il Sole, che dopo milioni anni di incandescente carriera rischia di spegnersi del tutto (e già sulla Terra è inverno tutto l’anno). Una prima missione (Icarus 1) ha fallito, per cui è la volta di Icarus 2 con a bordo otto astronauti divisi per specializzazioni (fisici, biologi, astronomi, psicologi, botanici). Solo che in viaggio verso il Sole arriva un SOS nientemeno che da Icarus 1. Raccolto il messaggio di aiuto, di là in avanti ce ne sarà per tutti… Punto di forza indiscutibile di questo Sunshine dell’inglese Danny Boyle (una carriera alterna la sua…) è la sceneggiatura di Alex Garland (suo il romanzo The Beach da cui il film omonimo sempre di Boyle e già sceneggiatore di 28 giorni dopo, sempre di Boyle…) che farà pure una cosa sola, però sa farla bene (e visto che funziona la ripete senza stancare, aggiungendovi a contorno alcuni topoi del genere “viaggio nello spazio”, come la deviazione dalla rotta stabilita, l’invasione dall’esterno, completando il tutto con un look che sospeso tra il bianco degli interni e le tute dorate degli astronauti sa dire la sua senza togliere spazio ai contenuti). La cosa che si ripete puntualmente (e che non stanca…) è la seguente: ad ogni istante l’equipaggio è messo di fronte a decisioni che comportano il sacrificio di qualcuno, il che sta ad indicare che tutti sono sacrificabili purché la missione raggiunga il suo scopo. Il bello, se così si può dire, è che le decisioni tra chi vive e chi muore (per via dell’ossigeno che inizia a scarseggiare…) sono prese dai membri dell’equipaggio invariabilmente attraverso processi decisionali che definire razionali è dire poco. Il mix tra clima di “fine di mondo”, gli otto esseri umani (sei uomini e due donne) dalle cui azioni dipende il futuro dell’umanità, le scelte di cui si è detto, la fortissima componente mistica che entra in gioco ogni qualvolta qualcuno si appresta a passare a miglior vita (“Cosa si vede nel momento fatidico?”, “Che succede lì sulla soglia?”), una dimensione di attesa (del peggio) puntualmente evasa ma solo per far posto ad un’altra, l’assoluta razionalità che governa l’equipaggio è efficacissimo, e fa di Sunshine uno dei pochissimi film di fantascienza (con robusti innesti thriller…) degli ultimi anni che dimostra di sapere attingere dai classici (da Kubrick a Tarkovskij ma anche Ridley Scott…) senza pagare il pegno di dover troppo ad ognuno finendo, giocoforza, col risultare inferiore a ciascuno. Al contrario Sunshine trova da solo la strada verso casa (verso il Sole, come il film di Cimino…) evocando di continuo la più semplice e al tempo stesso la più difficile delle domande: “Come mi comporterei io al posto loro?”, domanda più che sufficiente a suscitare una colossale adesione emotiva alla storia e ai personaggi (ottimo il cast con Capa/Cillian Murphy su tutti...), il che fa di Sunshine uno degli imperdibili di questa stagione.