Sulle pagine della nostra rubrica abbiamo ospitato nel corso dei mesi autori e romanzi molto diversi tra loro affrontando argomenti e tematiche di ogni tipo, forti nella loro originalità e peculiarità. Questa volta è il turno di Valerio Lucarelli, autore di Buio Rivoluzione (libri/4542), un'opera complessa e variegata che unisce lo spunto letterario a tematiche impegnative e attuali, quali la politica e il terrorismo. Si tratta di un romanzo difficile da inquadrare, un misto tra il genere thriller, il trattato politico e un'opera drammatica.

Per prima cosa un grazie speciale a Valerio per aver accettato di sottoporsi a questo "interrogatorio".

Grazie a te Chiara e a Thriller Magazine. Sono convinto che la vostra iniziativa porterà fortuna a più di un esordiente.

Partirei subito riagganciandomi a ciò che si è detto poco fa, cioè la difficoltà di definire quest'opera: tu che ne sei l’autore come etichetteresti Buio Rivoluzione ?

Buio Rivoluzione è un romanzo dai diversi volti, non si presta ad una facile catalogazione. Ogni lettore lo completerà con i suoi occhi facendone, di volta in volta, un giallo, un noir, un romanzo civile.

Sicuramente la componente civile del romanzo è forte e preponderante e così la prima curiosità che mi viene in mente è quanto di questo interesse civile e politico venga da una tua esperienza diretta. Quanto in un certo senso c'è di autobiografico. Mi spiego: ritieni di aver vissuto sulla tua pelle le conseguenze degli anni di piombo?

Certo, come tutti quelli della mia generazione. Chi non se ne accorge non ha più occhi per vedere. Negli anni '70 un forte desiderio di cambiamento e di emancipazione ha scosso l'intera penisola. Quell'esperienza ricchissima è naufragata in un mare di contraddizioni, provocando conseguenze devastanti per le generazioni di quegli anni, ma anche, in modo diverso, per quelle che sono seguite. Io sono un uomo libero, libero di esprimere i miei giudizi, mentre altri vittime di se stessi e dei personaggi che si sono creati, continuano ad essere responsabili morali degli errori che molti, ancora oggi, commettono in nome loro.

Si può dire che Buio Rivoluzione sia il tuo contributo per cercare di cambiare qualcosa?

Ognuno di noi dovrebbe fornire un proprio contributo in termini di impegno civile per tentare di risollevare le sorti del nostro malridotto paese. Non basta lamentarsi. Buio Rivoluzione è il mio personale contributo a tale impegno. Nelle note biografiche presenti nella terza di copertina si legge "Non fa politica attiva." L'intento ironico voluto dall'editore credo sia lampante.

Una curiosità che mi ronza in testa fin da quando mi hai fatto inviare il tuo volume è perché un autore esordiente decide di buttarsi nell'avventura della scrittura con un romanzo così "complicato"? Non sarebbe stato più semplice provare con un giallo "classico", un noir o un romanzo d'avventura, per citare alcuni generi, anziché immergersi in questioni politiche e controverse, insomma di addentrarsi in un terreno spinoso?

Secondo me non si sceglie di scrivere. Chi lo fa bluffa. Scrivere è un bisogno interiore che ti domina e ti impedisce di respirare. Nell'annosa questione, io mi schiero per chi ha qualcosa da dire, e non per chi vuole dire qualcosa. Io non ho voluto buttarmi in un'avventura. Semplicemente una storia si è d'improvviso fatta spazio nella mia testa e mi ha costretto ad assecondarla. Mi ci sono immerso fino al collo e molte delle scene descritte nel romanzo le ho viste con i miei occhi. Passerò per visionario, ma è così. Sono d'accordo con te quando dici che mi sono addentrato in un terreno spinoso, ma credo anche sia il terreno che calpesto ogni giorno, e di questo avevo bisogno di scrivere.

Ma in concreto, come nasce Buio Rivoluzione? Perchè hai scelto di scrivere questo romanzo?

A farmi scoccare la scintilla, sono stati due eventi perversamente legati fra loro: l'assassinio di Marco Biagi e la conseguente entrata in vigore di nuove leggi che regolamentano il mondo del lavoro. Leggi che hanno dato vita a un precariato diffuso, pesantemente sbilanciate a favore degli imprenditori. Leggi spogliate dagli ammortizzatori e dagli accorgimenti pensati dal giuslavorista bolognese, che ha pagato con la sua vita la lealtà che offriva allo Stato. Una lealtà non ricambiata.

Qui entriamo nel merito di questioni davvero politiche, ma preferirei tornare su un discorso più letterario e lo farò con una provocazione. Perché hai scelto di utilizzare alcuni meccanismi tipici del genere thriller e giallo per raccontare una storia che pone in realtà la sua attenzione su altro tipo di temi? Forse perché è un genere che oggi richiama un folto pubblico di lettori o ci sono altri e più profondi motivi? In altre parole, hai utilizzato alcuni escamotage di questo genere per veicolare i tuoi messaggi?

Nessuna scelta meditata. Io non ho mai partecipato a corsi di scrittura creativa né mai letto, se esiste, il manuale del perfetto scrittore. L'unica mia scuola sono i libri. Leggo molto e, inevitabilmente, ogni scritto finisce per lasciare un seme che può germogliare fino a diventare un aspetto della tua scrittura. In questo senso non credo di aver utilizzato degli escamotage. Penso che oggi, mi rifaccio alle parole di Giuseppe Genna, il giallo abbia rilevato il ruolo un tempo svolto dalla letteratura messianica, oggi scomparsa. Un ruolo che ha la responsabilità di rivelare la verità. Il mio libro non arriva a tanto, ma credo che sveli la menzogna, che illumini il Buio.

Sicuramente aiuta il lettore a soffermarsi su alcune tematiche e sulla realtà dei giorni nostri e secondo me questo è già un bel traguardo. Questo scopo lo ottiene, secondo me, grazie soprattutto a una storia avvincente e ai personaggi che la popolano, anche se non sempre a mio parere sono stati adeguatamente approfonditi, che, in un certo senso, sono l'emblema di valori e di un qualcosa che va oltre l'individualità. E' così?

Di Maurizio Lupo non esiste una descrizione fisica. È una scelta precisa. Ho voluto responsabilizzare il lettore, chiedendogli di donare qualcosa di proprio al personaggio e contribuire a crearlo. Certo, nei dialoghi fra Mara e Lupo, tra la brigatista e l'ispettore dell'Antiterrorismo, si nasconde uno scontro ideologico, anche se è uno scontro dai contorni non perfettamente delineati. Detto questo però, Mara, Lupo, ma anche Morco, Becattini, Alex, Manuela, sono persone, individui. La storia descritta in Buio Rivoluzione nasce e brucia nel giro di 48 ore e i personaggi finiscono con l'essere risucchiati in un vortice violento. E quel vortice finirà con il far pagare conseguenze pesanti ad ognuno di loro. Sulla loro pelle.

Con lo scorrere della vicenda il lettore si rende conto che nulla è ciò che sembra, che i buoni e i cattivi non si distinguono così facilmente…ma esistono davvero dei buoni in Buio Rivoluzione?

Buoni è una definizione che non mi convince. Personaggi come Maurizio Lupo e Eddy Morco, lo scanzonato giornalista, sono generosi. Sono loro ad animare Buio Rivoluzione. Poi, come spesso accade alle persone generose, non riescono a ottenere quello per cui stanno lottando. Forse.

Infatti Maurizio Lupo, il protagonista, è secondo me il simbolo di questo. Lui per tutta la vicenda vuole capire, andare fino in fondo, non fermarsi davanti agli ostacoli. Poi, però, gli manca il coraggio di andare oltre, di fare l'ultimo decisivo passo. E' un codardo per questo? O è semplicemente un uomo in cui prevale l'istinto di conservazione?

Credo che l'Ispettore Lupo ricordi qualcosa del Commissario Bellodi creato da Sciascia. Se il grande letterato siciliano concludeva Il giorno della civetta facendo dire a Bellodi, che era andato a sbattere contro il muro mafioso, "Ci tornerò in Sicilia, mi ci romperò le corna", Lupo realizza l'impossibilità di lottare contro una piovra dai mille tentacoli. È un antieroe.

Buio Rivoluzione è senza dubbio un romanzo complesso e articolato. Ti ha richiesto molte ricerche? In quanto tempo lo hai scritto?

Il mio non è stato un lavoro di ricostruzione storica: uno storico deve essere distaccato e formarsi una propria idea solo al termine del suo studio. Io avevo già un'idea precisa e ho fatto un lungo lavoro di ricerca e approfondimento per vedere se ciò che avevo in testa avesse o meno una veridicità. Così mi sono immerso in letture faticose come quelle della Commissione parlamentare sul Terrorismo presieduta dal Senatore Giovanni Pellegrino, o le carte dei processi Moro. Poi ho contattato persone che quegli anni li vissero sulle barricate. Da entrambi i lati. Purtroppo ho trovato molti riscontri alla mia teoria. Ho impiegato oltre un anno a scrivere la bozza, poi è partito un lavoro di revisione in collaborazione con l'editore.

E' stato complicato arrivare alla pubblicazione?

Lo lascio decidere a voi. Ho stampato venti copie del mio libro e da perfetto sconosciuto l'ho spedito agli editori che ritenevo potessero essere interessati al mio romanzo. Ho ricevuto lettere prestampate che esprimevano il rammarico per non poter inserire il romanzo all'interno delle loro collane, offerte poco serie di pubblicazione a pagamento e proposte interessanti. Ho scelto, come Ismaele in Moby Dick, di imbarcarmi sul Pequod. Con Marco Monina, l'anima della casa editrice marchigiana, si è creato un rapporto straordinario. Con me è stato sempre molto disponibile e gliene sono grato.

E che effetto fa vedere il risultato del proprio lavoro sugli scaffali delle librerie?

Emozionante, ma non è questo il mio obiettivo primario. Per me è molto più importante sapere che qualcuno, anche una sola persona, ha ricevuto qualcosa dalla lettura del mio libro.

Quindi è stata un'esperienza positiva? Consiglieresti perciò a chi ha un libro nel cassetto di trovare i coraggio di tirarlo fuori?

Perché no. Soprattutto se non si soffre troppo al cospetto di un rifiuto. È molto dura, ma credo che tentare sia un atto dovuto nei riguardi della propria creazione letteraria.

Come ormai è quasi consuetudine ho chiesto anche all'editore, nella persona di Marco Monina, un parere su Buio Rivoluzione. In particolare mi piacerebbe sapere perché una casa editrice può decidere di investire su un romanzo come Buio Rivoluzione e se questa scelta può comportare dei rischi. E poi perché un lettore dovrebbe scegliere di leggere proprio quest'opera?

Ci piaceva la prospettiva di dare voce a chi, estraneo alle esperienze e a una certa retorica del terrorismo rosso, provasse a raccontare una storia, in chiave narrativa, che fosse una tesi, un'ipotesi di questa tragedia italiana. Inoltre, ci sembrava interessante che questo libro non fosse un'eco degli anni Settanta ma mostrasse anzi degli indizi del brigatismo di oggi. E i fatti, a distanza di qualche mese dalla pubblicazione, sembrano dimostrare che il problema è tutt'altro che superato. Infine, da "lettori" ci stimolava il fatto che la scrittura di Valerio portasse in dote elementi tipici di molto "giallo-noir civile": misteri da decifrare, voglia di indignarsi ma anche una buona dose di ironia. L'ispettore Lupo non è un eroe: è un uomo qualunque, che cerca di ostacolare un nemico ambiguo e oscuro con caparbietà, ma anche con il sarcasmo dei deboli.

E secondo te, Valerio, qual è un buon motivo per leggere il tuo libro?

Per lasciarsi trascinare da una lettura godibile e coinvolgente, che alla fine solleva più d'un dubbio su cosa sono realmente le Brigate Rosse e sulla storia italiana degli ultimi trent'anni.

Per concludere, ti rivolgo una domanda di rito: progetti per il futuro?

Molti e stimolanti. Sto collaborando con la Fondazione Premio Napoli, ringiovanita dall'entusiasmo del neo Presidente Silvio Perrella. E poi c'è il mio secondo romanzo da portare a termine. Sarà un giallo classico privo di elementi politici. Infine porterò avanti una battaglia per stanare i finti profeti della narrativa italiana che continuano, stucchevoli e ipocriti, a negare la Verità e a minimizzare i rischi, tuttora vivi, legati al terrorismo.

E in un futuro più o meno prossimo pensi che incontreremo di nuovo l'ispettore Lupo?

Me lo stanno chiedendo in tanti. Sono davvero contento di aver dato vita ad un personaggio capace di entrare in sintonia con i lettori. A te, come a loro, rispondo: tornerà se avrà ancora occhi per vedere e voglia di raccontare.

Ma da grande vuoi fare lo scrittore?

Da qualche anno è nata una nuova stagione della mia vita. Sento di doverle concedere lo spazio che merita… ma in realtà spero di non diventare mai grande.