Mettiti comodo e schiaccia il tasto play.

Lo schermo è nero, per diversi secondi, poi dalle casse arriva qualcosa.

Un rumore basso, cadenzato, che aumenta d'intensità, ti colpisce in pieno. E' qualcuno che ansima forte.

Nessuna immagine e solo questo respiro che inquieta.

Finalmente la prima inquadratura, la scena vista dall’alto.

Mi sono sempre piaciute le scene dall'alto.

Una striscia lunga e profonda di litorale, il bianco delle onde che si rompono sulla spiaggia, la luce della luna, due punti che si muovono sulla stessa linea, uno dietro l’altro, ad una certa distanza.

L'audio si alza ancora, il respiro è affannoso, ora dà quasi noia.

L’inquadratura si abbassa velocemente.

Ora li vedi bene, sono due uomini. Due uomini che corrono affannati.

Ecco, quello davanti sono io, e quello dietro è uno stronzo.

Non stiamo giocando, non è una gara a chi arriva primo: io sto scappando per salvarmi la vita.

Non mi giro per vedere quanto spazio ci divide, spingo forte sulle gambe che affondano nella sabbia, sudando copiosamente nonostante il freddo d’inverno e la brezza di mare ghiacciato. Non so dove sono diretto.

So solo che devo correre.

L’inquadratura ora stringe in un primo piano mosso.

Quella che vedi è la mia faccia e il respiro che senti è il mio, ed è quasi insopportabile. Sì, non devo essere un granché sotto sforzo e ti assicuro che mi sto sforzando parecchio, non correvo da una vita. Dovrebbe essere l’ultima cosa che faccio, per il tipo qua dietro, ma non posso fermarmi a discuterne, non servirebbe a niente.

Giro veloce la testa, devo sapere se lui... due passi smozzicati e mi fermo anch’io, piegato in due. Prendo più aria possibile mentre i polmoni bruciano e la milza mi tira un dolore furioso, ma non stacco gli occhi dalla sua figura male illuminata. Cinquanta metri, forse meno.

Se non ci fosse il frastuono delle onde sentirei il suo affanno, se fosse giorno vedrei la cattiveria dei suoi occhi.

Il cuore mi batte violento in bocca.

Decido, ora devo tagliare verso la strada, verso la salvezza, se esiste ancora.

Ma devo stare attento al suo compare che certamente ci avrà seguito lungo la strada che costeggia la spiaggia. Muovo due passi, la sua figura rimane ferma, gli rubo ancora qualche metro. La mia motivazione, per ora, è più forte della sua.

Quella voce aspra, finirete sotto la sabbia, mi riempie le orecchie, più forte del rumore assordante delle onde. E qui di sabbia ce n’è un mare.

L’inquadratura si stacca dalla mia faccia, gira veloce e si allarga sulla sinistra, lato strada.

Insegna del Bagno Marcellino

Staccionata di legno

Fila di cabine

Serie di pattìni

L'idea è di lasciare la spiaggia, gettarmi in mezzo alla strada, fermare una macchina, cercare gente, cercare aiuto. Ma forse non basterà, perché scopriranno chi sono, cosa faccio e dove abito. Dovrò scappare all'estero, nascondermi tutta la vita. E forse mi troveranno comunque.

Ho poco tempo per decidere e solo due scelte da fare.

Morire qui, adesso, oppure da un'altra parte chissà quando.

Piano americano della mia faccia stravolta.

Fermo immobile nel punto più buio che ho trovato, le orecchie fischiano, il cuore martella dovunque, impazzito, le gambe indurite di colpo, occhi sgranati. Cerco di scorgere movimenti nello scuro attorno, ma non sento il rumore del mio inseguitore. M’infilo dentro la larga siepe che delimita il vialetto pedonale, a dieci metri dalla strada, metto fuori la testa.

Il deserto illuminato da lampioni altissimi.

Macchie di verde spelacchiato

Autovetture abbandonate in colonna

Un semaforo che lampeggia solo per me

Tutta questa calma apparente non mi rilassa per niente e, preso dalla frenesia, mi butto fuori dalla siepe. La costeggio rimanendo piegato sul busto, basso. Un urlo mi fa voltare.

Il finto biondo, ad una trentina di metri.

L’adrenalina esplode e ricomincio a correre con un movimento aritmico di gambe e braccia, in una danza per niente fluida. Velocità e resistenza, metro dopo metro, velocità e resistenza, metro dopo metro.

Non mi giro a controllare ma li immagino, adesso, tutt’e due che mi corrono dietro.

La disperazione mi blocca le lacrime dentro agli occhi, annebbiandoli.

Un intenso primo piano drammatico.

Bianco cadaverico, sulla bocca secca una smorfia storta, narici dilatate all’inverosimile, nessuna luce negli occhi. Sconfitto.

La paura non riesce più a far funzionare le gambe, cedo di schianto. Respiro male, una serie di passi sgraziati poi crollo in ginocchio; con difficoltà torco il collo all'indietro e vedo due diavoli che divorano il buio. Mi appoggio sulle braccia, sfinito.

Sbocco un conato acido di terrore.

Campo lungo, ultimi lampi di vita.

Sputati dal buio, i diavoli arrancano sgraziati nella luce di un lampione. Una macchina corre vicina e scappa fuori inquadratura.

I fari carezzano le siepi e rimbalzano sui vetri di auto in sosta.

Mi lascio scivolare sulla schiena, il cielo in faccia, aggredito da pensieri sconnessi. Rimango a terra, liquido.

E penso proprio che adesso morirò.

Okay, ora stoppa il film. Non sono messo bene, vero?

No, direi di no, è veramente una brutta situazione. Non è facile ficcarsi in situazioni del genere, soprattutto non è da me, io non sono un criminale e la violenza mi spaventa. Come cristo ho fatto a trovarmi qui?

Bella domanda.

Se vuoi, prima del finale, ti racconto come è successo.