Avevo il cervello impantanato in immagini violente, devo aver bruciato anche due semafori rosso fuoco, ma il mio senso di sopravvivenza ha fatto sì che fermassi la macchina parecchi metri prima del parcheggio del locale.

Letvania ha aperto la portiera, la luce dell'abitacolo ci rendeva perfettamente visibili. Io continuavo a stare zitto, allora lei ha fatto per scendere ma poi si è fermata, e stava per dirmi qualcosa. Poteva essere la scena di un film d'amore, di quelle fatte per far lacrimare, tipo i due amanti sconfitti dal destino. Ma lei non è riuscita a dire più niente.

Una macchina ha inchiodato davanti alla mia e ha cambiato sapore alla scena. La sua faccia sorpresa. Le mie mani sudate incollate al volante.

Un toro scuro e tarchiato, cappotto lungo di pelle, è corso verso Letvania.

Un armadio falso biondo ha fatto il giro verso di me, dal finestrino mi ha fatto segno di aspettare, alzando gentilmente un dito.

Devo aver chiuso gli occhi quando ho sentito il timbro di voce del tipo che parlava con Letvania. Scocciato, teso, duro. Napoletano.

C'era qualcosa di comico in tutto ciò, doveva esserci, altrimenti non mi spiego il risolino del falso biondo.

Ci hanno fatto scendere e ci siamo incamminati verso il locale.

Se passavi in quel momento vedevi quattro amici che andavano a divertirsi.

Siamo entrati da una porta sul retro che dava in una grande stanza: da una parte una cucina super attrezzata, dall'altra una scrivania e un divano di pelle. Il falso biondo è sparito subito, il toro moro si è piantato contro l'uscita a gambe divaricate. Ci guardava, prima l'una poi l'altro.

Il rumore del mio cervello che friggeva pensieri orrendi.

Letvania sembrava tranquilla, quasi scocciata. Aveva messo le mani dentro le tasche del cappotto e stava con lo sguardo fisso contro la porta dalla quale era uscito il falso biondo. Che quando è rientrato non era solo.

Ho capito subito che quello era Raffaele Cimaduomo, l'ho capito dallo schiaffo a mano aperta che le ha dato.

Dove cazzo sei stata.

Non ti devi muovere senza il mio permesso.

Russadimmerda.

Chi cazz' è 'sto strunz.

Ce l'aveva con me. Non lo ha chiesto direttamente a lei, lo ha urlato a tutti quelli che erano nella stanza. Chiunque poteva rispondere, potevo farlo anch'io. Potevo presentarmi, dire che avevo trovato la signora per strada e le avevo dato un passaggio, che assolutamente non la conoscevo. E l'avrei detto in maniera molto convincente, mi avrebbe dovuto credere. E Letvania mi avrebbe coperto, non avrebbe voluto che mi succedesse qualcosa di brutto, di questo ero certo.

Lui mio fidanzato, lui paruchiere, Dmitrij sapere, quando lui viene dire che mi ha pichiata. Lui sistema cose.

La mia voglia di stare col cuore spezzato a centinaia di chilometri di distanza.

Raffaele Cimaduomo non mi ha guardato, e questo mi ha fatto sperare che non avesse capito. Però ha parlato.

Ah, ha detto, Dimitri sa e sistema le cose.

Si è avvicinato a Letvania, l'ha afferrata per i capelli e l'ha trascinata storta per la stanza, verso la cucina. Si è fermato e le ha piantato la faccia in faccia.

Dimitri sistema le cose eh, ha ripetuto con voce aspra.

Le ha sbattuto la faccia sul piano di lavoro in acciaio inox perfettamente lucido. Due volte.

La prima volta niente, la seconda si è sporcato con del sangue.

Letvania ha detto solo un secco ah. E' riuscita a spostare la testa per non battere di naso, si è spaccata lo zigomo sinistro e il sopracciglio.

Io ero il dolore di Letvania, però non ho mosso neppure un muscolo. Volevo solo tapparmi le orecchie e chiudere gli occhi, ma non ho fatto neppure quello.

Il tuo fidanzato eh, ha detto ancora Cimaduomo, 'o parrucchiere.

Terzo colpo, seconda macchia di sangue, più visibile, più grossa.

Letvania ha esploso un altro ah più acuto ed è come scivolata verso terra.

E sai che fine fate te tuo frate e 'o parrucchiere, le ha gridato, finirete tutti sotto la sabbia.

La punta di ferro di un ombrellone che si pianta nel mio corpo decomposto.

I due scagnozzi erano intenti a godersi lo spettacolo, sembrava gli piacesse.

Sotto la sabbia, ha ripetuto il falso biondo verso il toro moro.

Si sono sorrisi come due iene.

La regola dice che prima di morire rivedi la tua vita.

E' successo proprio mentre guardavo le loro bocche, ma non l'ho vista tutta, solo i punti salienti, in una successione rapida inarrestabile.

Io che piango appena nato

Io che bacio mia cugina

Io che mi rompo il ginocchio a sciare

Io che apro il primo negozio

Io che estinguo il mutuo della casa

Io che incontro Letvania

E prima che quel sorriso bastardo finisse, mi sono fatto la domanda giusta.

In che cosa avevo sbagliato. Perché, se ero lì, qualcosa avevo sbagliato per forza. Ed allora ho capito tutto.

La storia delle variabili, intendo.