Ognuno di noi ha uno scrittore che ama in modo particolare e lo porta avanti nella sua vita. Anche professionale, se sei uno che vive e lavora scrivendo. Io di questi amori ne ho piu’ di uno e sarei incapace di fare classifiche e scelte. La fortuna che ho avuto - oppure il merito, nel senso che essendo un tipo caparbio sono riuscito a realizzare quello che per altri rimane un sogno - è di aver dedicato ai tre scrittori, che ho amato e continuo ad amare, spettacoli teatrali, televisivi e cinematografici.

Intanto diciamo chi sono questi tre scrittori: Edgar Allan Poe, Dashiell Hammett e Raymond Chandler. Ad Hammett - come ho già scritto su questo sito - ho dedicato uno spettacolo teatrale da me scritto e diretto, interpretato da Walter Maestosi: Hammett N.3241 nel quale parlavo soprattutto della sua condanna a sei mesi di prigione per colpa del maccartismo, ma anche della sua vita e del suo stile letterario. Forse uno dei piu’ grandi della letteratura americana.

A Raymond Chandler ho dedicato le riduzioni radiofoniche del suo romanzo Il lungo addio e di un racconto (per me il suo migliore) Aspetterò. E spero nel prossimo futuro di portare sempre in radio Il grande sonno, diritti permettendo. E forse dedicherò anche a lui un monologo teatrale, continuando il discorso che da anni sto facendo sul teatro e sul piacere di costruire solo attraverso un attore solo la vita e il mondo di un grande scrittore.

Con Edgar Allan Poe non ci sono problemi di diritti essendo morto da tempo ma il mio amore per lui si è sviluppato, nel corso degli anni, in vari modi. La prima volta che mi sono occupato di Edgar Allan Poe è stato nel 1979 quando, con Daniele D’anza che curò anche la regia, proponemmo alla RAI di fare una versione moderna dei racconti dello scrittore americano. Così demmo vita a quattro episodi da una ora l’uno intitolati Racconti Fantastici, nei quali immaginammo che l’ultimo erede degli Usher abitasse ai giorni nostri in una villa dal sapore antico, dove arrivavano ospiti e visitatori improvvisi, in modo da diventare protagonisti di storie ispirate tutte al mondo di Edgar Allan Poe. Una serie che divenne famosa anche per il nome degli attori coinvolti, da Philippe Leroy, protagonista fisso nel ruolo di Usher a Gastone Moschin e Vittorio Mezzogiorno. Il successo fu tale che un editore importante come Giunti pubblicò un volume di racconti di Allan Poe corredato dalle fotografie della fiction televisiva e con una prefazione mia.

L’unico racconto che non inserimmo nella serie fu The black cat (Il gatto

nero) ma ovviamente era uno dei miei preferiti. Perciò lo presi a ispirazione per un film che doveva girare un maestro del genere, Lucio Fulci. Così nacque un film che di Edgar Allan Poe praticamente aveva solo il titolo, per il resto la storia era tutta mia: un film che a distanza di anni viene considerato uno dei migliori di Fulci e un cult del genere. Non solo in Italia ma soprattutto all’estero, al punto che su Internet ho trovato articoli scritti sul film anche in giapponese e in cirillico, oltre che ovviamente nei siti USA dove The black cat è un mito.

Mi rimaneva però il desiderio di dedicare un mio lavoro alla vita di Edgar Allan Poe oltre che alle sue opere. Così nel 2003 ho scritto un testo teatrale intitolato L'ultimo incubo di Edgar Allan Poe un’opera originale non una trasposizione.

Quando si fa il nome di Edgar Allan Poe subito si evocano termini come mistero, paura, terrore e mai come nel suo caso questi sentimenti appartengono non soltanto alla sua opera ma anche alla sua vita, una vita breve intensa e maledetta, bruciata dall'oppio e dall'alcool. Anche la sua morte è circondata di mistero: Edgar Allan Poe è morto a 40 anni, il 7 ottobre 1849 alle cinque del mattino, dopo un lungo delirio interrotto da brevi intervalli di relativa lucidità, nell'ospedale di Baltimora dov'era stato ricoverato quattro giorni prima, essendo stato trovato in condizioni pietose dentro una taverna. S'ignorano anche i motivi che lo hanno portato da New York a Baltimora. Con questo spettacolo, io entro nella stanza di quell'ospedale e spio gli ultimi momenti, cercando di ricostruire la sua ultima notte: una notte piena di rimpianti e d'incubi, popolata dai fantasmi della sua vita e da quelli creati dalla sua mente, in un flusso continuo ed angoscioso che arriva al delirio, fisico e mentale.

Distrutto dall'alcol e dall'oppio, Edgar Allan Poe cerca di resistere ai ragni che lo stanno divorando: tormentato dal ricordo doloroso della giovanissima moglie – Virginia, la sua adorata cuginetta sposata quando lei aveva 14 anni e morta di tubercolosi a 26 anni - resiste all'avanzata della morte contrapponendo la vitalità dei personaggi creati da lui stesso, talmente scolpiti da sembrare vivi, talmente forti da essere per lui gli unici amici, i soli compagni in questa notte senza fine. Come la lama del pendolo, inevitabilmente la morte colpisce e lo fa precipitare nel pozzo, spegnendo la sua vita: la notte finisce, nasce l'alba di un nuovo giorno ed Edgar Allan Poe rinasce in noi e per noi, con le sue creature mostruose e dolcissime, con la sua angoscia ed il suo delirio, con la sua capacità di portarci fino all'orlo dell'abisso, incapaci di resistere, attratti dal demone della perversità. E giù nel vortice, dove ci piace precipitare, ci attende lui, salito sul vascello fantasma per condurci là dove la sua fantasia senza fine può trascinarci. ll viaggio nel mondo affascinante e misterioso di Edgar Allan Poe per me continua e spero di avere nuovi compagni, sempre più numerosi. Il vascello non finirà mai il suo eterno viaggio. E noi siamo felici di seguirlo. Per sempre.

Il racconto della sua ultima ora di vita è un delirio dove frammenti della sua vita reale si fondono con il mondo creato dalla sua fantasia. In uno scambio continuo e frenetico fra passato e presente, fra reale e immaginazione, fra incubi e ricordi, con l’intento di prendere lo spettatore e farlo salire sul vascello fantasma alla scoperta del mondo poetico di Allan Poe. E molti racconti diventano una lunga confessione dove il ricordo della moglie bambina si fonde con il ritratto delle donne inventate da lui, da Ligeia a Berenice, dove il letto dell’ospedale diventa il tavolo di tortura al quale è legato il protagonista de Il pozzo e il pendolo. E poi arriva la Morte Rossa, simbolo di una peste che ai tempi d’oggi può essere l’Aids, ma anche una delle tante epidemie che ogni tanto sconvolgono il nostro tecnologico ma fragile mondo. Per me Edgar Allan Poe è poesia pura, è il fascino dell’insolito, è la capacitò infinita di scavare nell’animo umano, quando sull’orlo del precipizio prova un piacere infinito e irripetibile di lasciarsi cadere nel vuoto. Con il piacere infinito della perversione: sentimento che lui ha saputo elevare a cime elevate. Così quando sentiamo il battito del cuore rivelatore non riusciamo a resistere e confessiamo le nostre colpe, anche si porteranno all‘inferno. Nella violenza del Maelstrom.

Quando arriva l'alba ed è tempo di morire, la voce di Tom Waits canta che finalmente è giunto anche il tempo di amare. Per lui ed anche per noi tutti, in un anelito di speranza, un pallido raggio di luce sottile come un filo di ragno.