Della serie: come mi riciclo per una vecchiaia (!) dorata.

L’hanno già fatto altre sue ben più illustri colleghe (Carla Bruni, Naomi Campbell, etc.) e allora alla bella ma ultratrentenne modella canadese-australiana Tara Moss (su Internet, per chi vuole, c’è un’ampia galleria di foto, compreso un (semi)nudo sulla spiaggia con tanto di serpente…) non è parso vero di costruirsi una seconda vita professionale.

A dire la verità quando nel 1999 pubblica questo suo primo Delitto d'alta moda (ne sono usciti altri due e uno è previsto per il prossimo settembre), ha solo 25 anni, ma per una modella è già un’età ragguardevole e d’altra parte non può sapere quanto l’esperimento possa riuscire; a ogni buon conto, senza dubbio consigliata da esperti di marketing editoriale, mette giù una scaletta di sicuro appeal, magari con la segreta speranza che il libro possa avere una traduzione cinematografica con lei come protagonista.

Siamo dunque a Sydney, in una cornice abbastanza esotica. Peccato che le lunghe spiagge e gli anonimi centri commerciali di cui si parla potrebbero benissimo appartenere alle coste canadesi o a quelle californiane.

La protagonista è una modella canadese, Makedde Vanderwall, alta, bella, bionda e per nulla anoressica (è una coincidenza che Tara Moss le assomigli come una goccia d’acqua?) alla quale un serial killer fa fuori una collega che per lei è quasi una sorella. Il mostro è affascinato dai piedi femminili infilati in eleganti tacchi a spillo (di qui il titolo originale ben più esplicito di quello, morigerato, italiano) e si diverte a fare scempio delle fanciulle che entrano nel suo raggio d’azione. E, per non risparmiare sui luoghi comuni, il tapino ha avuto con la madre un rapporto assai disturbato che ha provocato l’esplodere della sua violenza.

A dirigere le indagini c’è un fascinoso sergente, Andy Flynn, in via di separazione con la terribile moglie: il detective, tra un cadavere e l’altro, ben presto cede, ricambiato, alla seduzione della stangona canadese.

E mentre la loro storia d’amore va avanti come in un pessimo “Harmony”, sullo sfondo una davvero originale caratterizzazione di personaggi: il fotografo fissato con il sadomaso, il collega di Flynn con ascendenze greche (naturalmente grasso!), il figlio di papà che si spupazzava l’amica di Makedde e che spera di farla franca assoldando un altro psicopatico.

Qualche dettaglio sul mondo della moda (molto meno di quanto l’ingannevole titolo italiano lascerebbe supporre), qualcuno di più sul look intrigante della protagonista che, va da sé, nel finale finisce nelle mani del serial killer con tanto di “arrivano i nostri”.

Ah, dimenticavo! Makedde non è la solita bella oca, ma sta studiando psicologia forense e ha un padre ex poliziotto che l’ha svezzata bene, per cui passa da atavici tremori femminili a incoscienti appuntamenti al buio con fotografi deviati.

Cosa dire di più?

Auguriamo lunga vita e dorata vecchiaia alla bellissima Moss. E speriamo che le sue indigeribili brodaglie letterarie rimangano esclusivo piacere dei lettori anglosassoni, possibilmente d’Oltreoceano.

 

Voto: 2