Eva Kant - Quando Diabolik non c’era è un albo speciale che la casa editrice Astorina ha dato alle stampe nel marzo del 2003 per celebrare i quarant’anni di vita editoriale della compagna del Re del Terrore, comparsa per la prima volta nel numero tre di Diabolik uscito nel marzo del 1963.

Questo albo di 196 pagine, che narra le origini e i trascorsi della bellissima Eva Kant prima dell’incontro con il noto malvivente di Clerville, è un po’ anomalo sia nei testi che nei disegni rispetto alla tradizione del personaggio.

Scritta da un giallista di fama, Sandrone Dazieri, e da un premiato sceneggiatore di fumetti, Tito Faraci, e disegnata da Giuseppe Palumbo, anche in questo frangente all’altezza della sua fama, affiancato da un brillante Emanuele Barison che ne illustra l’introduzione e la conclusione la storia, pubblicata nella collana Il Grande Diabolik, abbandona quasi del tutto i caratteri classici della serie nera di casa Astorina.

Viene infatti lasciato da parte il formato pocket, Diabolik non compare che all’inizio e alla fine della storia per giustificare i ricordi di Eva e tutto perde quell’aspetto freddo e quasi innaturale che caratterizza le avventure del Re del Terrore.

Non ci sono né Clerville né Ghenf e i personaggi acquistano uno spessore impensabile per chi sia abituato al fumetto popolato da Ginko e talvolta Altea, oltre alla coppia principale.

Anche il tratto di Palumbo poi è estraneo ai caratteri abituali.

L’albo racconta la fanciullezza spensierata e scapestrata di Eva Kant, di una madre fragile e abbandonata e di una ricchezza sempre a portata di mano e sempre negata.

Gli autori riescono a cesellare, previo meticoloso scavo archeologico nei primordi della serie, una ricostruzione assolutamente plausibile di ciò che era Eva prima di incontrare Diabolik.

La narrazione di Faraci e Dazieri risente sia delle passioni del romanzo d’appendice che dell’epica del romanzo di formazione e i personaggi di contorno, intorno a cui ruota tutta quanta la giovinezza e l’adolescenza di Eva, ne rispettano pienamente i cliché.

La sceneggiatura non solo è lineare e piena di ritmo, ma anche di assoluta potenza cinematografica.

Per quanto riguarda i disegni invece l’equilibrio regna sovrano: anche quando si inseguono inquadrature sghembe o ipercinetiche, mai il dettaglio prevarica sulla leggibilità, né mai una luce invade un anfratto che non le spetta.

L’Eva di Palumbo è aristocratica e grintosa al tempo stesso, esile ma compatta e micidiale, sempre composta, anche nella profondità della sofferenza.

Un albo speciale, per un personaggio speciale vivamente consigliato a tutti gli amanti del fumetto noir.