Le Coup-de-Vague (titolo originale) è stato scritto nel lontano 1938. In Italia fupubblicato una prima volta da Mondadori nel 1969 con il titolo Le zie (trad. Francesco Rigamonti). Da pochi mesi è stato ripubblicato e ritradotto da Adelphi.

L’azione si svolge in un paesetto sull’oceano, vicino a La Rochelle. È un piccolo mondo chiuso, di gente che si conosce da sempre e conosce ogni segreto di tutti. Un mare con la superficie appena increspata dal vento ma sotto alla quale si agitano correnti tumultuose come invidie, gelosie, rancori profondi che possono affiorare appena se ne presenta l’occasione. Basta un bicchiere in più o un evento nuovo che tutto torna a galla. Ogni giorno all’alba, quando la marea si ritira, molti paesani dediti alla coltura di ostriche e cozze, un commercio di tradizione familiare nella fattoria del Coup de vague. Nella fattoria vivono e lavorano soltanto tre persone: due sorelle nubili, Hortense e Emilie e un nipote, Jean. Il ragazzo è giovane e spensierato. Quando non lavora passa il tempo a scorrazzare con la moto con le ragazze o nei cafè dei paesi vicini. La zia Hortense manda avanti il commercio dei mitili mentre la sorella Emilie si occupa della casa e delle coltivazioni nella fattoria. La vita scorre sempre uguale fino a quando il padre di una ragazza del paese, ex sindaco, ubriacone e personaggio molto chiacchierato, va a dire a Hortense che Jean ha messo incinta la figlia. Insieme stringono un patto che il lettore ignora. MentreJean, eterno bambinone viziato dalle zie, è incapace di fronteggiare la situazione che ha contribuito a creare, Hortense non si perde d’animo e convince la ragazza ed abortire di nascosto. Qualcosa va storto perché la ragazza inizia a stare male.

Segue un matrimonio a cui partecipa tutto il paese fra imbarazzi, rancori che emergono in allusioni pesanti e parole offensive pronunciate dal padre della sposa davanti a tutti. Le zie dello sposo tornano a casa offese. Fin da subito è evidente che Jean non ama sua moglie, un’estranea che non l’attira neanche fisicamente.

Il mondo chiuso della fattoria, la ripetizione degli stessi gesti, del capirsi l’un l’altro senza troppe parole, l’oliata quotidianità, subisce un’apparente scossa a seguito del matrimonio infelice di Jean. Sono le zie che pensano a tutto, senza interpellarlo prima, anzi mettendolo davanti al fatto compiuto “per il suo bene”. Jean si adegua, per pigrizia o per comoda abitudine a non pensare.

Quando le zie gli dicono di andare ad Algeri da un loro cliente per curare certi affari, Jean parte senza chiedere spiegazioni. Si gode il soggiorno, il sole, le passeggiate, la compagnia di qualche donna di piacere.La vacanza sempre non destinata a finire tanto presto quando si riscuote dal suo torpore e decide improvvisamente di tornare a casa. Quello che aveva intuito è accaduto, la cellula ha espulso il corpo estraneo e dopo un momento di piena consapevolezza, tutto torna come prima. Come buttare un sasso nell’acqua e aspettare che cessi l’increspatura dalla superficie.

In questo romanzo lo stile di Simenon è molto sincopato; i dialoghi sono spesso interrottiper suggerireal lettore allusioni, ipotesi, intuizioni dei personaggi.Con pochissimi elementi di elementare semplicità, Simenon riesce a rappresentare da maestro il lato oscuro e malefico della natura umana.