Come è nata l'idea di ambientare un thriller come "Il passo della dea" (Passigli) proprio alla Scala?

Quattro anni fa, nel novembre 2001, quando a Milano si respirava un'aria d'angoscia per l'imminente chiusura per restauri del Teatro. Sentivo che i Milanesi stavano vivendo un senso catastrofico di perdita, proprio come se sentissero che questa chiusura sarebbe stata un rischio. Come se temessero che la loro amata Scala potesse non riaprire più, che per una misteriosa condanna i restauri significassero l'inizio di un destino di distruzione... E guarda caso eravamo proprio all'inizio del nuovo secolo e del nuovo millennio, in un anno realmente apocalittico. Quindi, nella mente fervida di una scrittrice, questi due elementi non potevano

non lavorare quasi da soli. Poi si sono aggiunti altri ingredienti: l'idea che le ballerine fossero coinvolte in una battaglia campale per il dominio del mondo, e alcune di loro, una in particolare, fossero delle elette in grado di salvare l'umanità da un possibile destino di dannazione e dalla vittoria del male.

Le è mai capitato di assistere fra le pareti di quel teatro a qualcosa di misterioso?

No, ma confesso che mi piacerebbe. Ho provato delle emozioni importanti, questo sì, seguendo opere liriche, concerti e balletti. Ecco, forse proprio questa emozione mi ha trasmesso il primo seme dell'idea del libro, oppure mi ha trasportata senza che me ne sia accorta in una dimensione creativa in cui ho ricevuto l'idea da qualche spirito del passato che è rimasto in volo fra quelle mura...

Perché ha voluto sottolineare in maniera particolare come l'avvento del nuovo millennio avrebbe potuto scatenare forze oscure all'interno del teatro dell'opera milanese?

Qui entra in gioco la mia personalissima interpretazione di Milano e della sua vera natura. Non è vero che è Torino la "città magica" italiana per eccellenza, in realtà è Milano! Ho sempre pensato che in Milano si nascondano forze oscure, che la sua vera personalità si possa cogliere in un lato notturno, apocalittico, ben lontano da quello diurno e in apparenza tutto visibile e piuttosto banale della "capitale del Nord", regno del lavoro e dei lavoratori a oltranza. E il Teatro alla Scala in questo posto misterioso e imprevedibile è il tempio dei Milanesi, l'ombelico della città, il luogo in cui si celebrano i riti dell'arte e della bellezza. La Scala è uno dei punti di energia del pianeta, un crocevia di energie incontrollabili, che vibra al cambiare delle energie del nuovo millennio.

"Il passo della dea" è un romanzo che rimanda all'immaginario dei feuilleton dell'Ottocento, potrebbe essere definito come una storia dei "misteri di Milano". Trova ancora oggi attuale usare gli schemi del romanzo d'appendice?

Adoro Eugéne Sue e i suoi Misteri di Parigi! Quando ero ragazzina mi sono letteralmente immersa nella lettura di una saga familiare di Sue, I", che seguiva le vicende della famiglia Lebren dai tempi dei Romani fino a Napoleone e oltre con amori, rancori, violenze, vendette.

Ma il mio vero maestro credo che sia stato Edgar Allan Poe, che ho letto avidamente al primo anno di liceo, lasciandomi terrorizzare da alcuni racconti, come Il gatto nero. Poi all'università ho conosciuto Maria Corti, il suo modo di fare cultura, serio rigoroso, ma forse un po' troppo elitario. Penso che sia un limite per uno scrittore non riuscire a raggiungere un pubblico ragionevolmente ampio.

Insomma, vorrei coniugare una scrittura popolare con spunti colti: è indispensabile che comunichi, che sia coinvolgente, che sia sconvolgente, anche. Perciò il romanzo d'appendice a questo scopo mi pare attualissimo.

La Scala è da sempre stata battezzata come il tempio della musica e curiosamente in questo tempio lei fa officiare veri e propri riti provenienti dai culti egizi e messicani. Che legame c'è fra la Scala e il mondo dell'occulto e quello della religione?

La danza in molte religioni è sempre stata un modo per comunicare con il divino. Non solo nella religione greco romana o in quella buddista, ma persino nella vicina religione ebraica, strettamente legata al cristianesimo, dove non si deve dimenticare che c'è un personaggio che prega danzando: re David, citato anche da Dante nel suo "Purgatorio". Quindi, ripensando al fatto che la Scala è un tempio, un vero e proprio "onfalòs" degli antichi, l'ombelico del mondo per Milano, è facile dedurre che è il luogo più adatto alla celebrazione del rito della danza, la pratica in grado di ristabilire antichi equilibri fra macro e microcosmo, di ricostruire antiche armonie. Ne sanno qualcosa i coreografi, i grandi ballerini, e persino, nel loro piccolo, i maestri di danza delle diffusissime palestre. Quindi, dato che Milano e la Scala son forze decisive, almeno nell'immaginazione del mio libro, di un cambiamento cosmico, perché non arrivare alla confluenza, alla fusione di differenti culture religiose? La confluenza, la fusione, sono una caratteristica della nostra epoca, un'epoca messianica, in cui stiamo facendo i conti con il passato, con tutto ciò che abbiamo imparato e che nel prossimo millennio sarà la base per un nuovo ciclo di apprendimento. La fusione di vicino e lontano, di cultura occidentale e altre culture del mondo, è una costante dei miei libri. si trova per esempio anche nel precedente, il romanzo Beatrice (Moretti & Vitali) uscito tre anni fa, in cui immagino che una Beatrice dei giorni nostri e del nostro mondo scopra la sua natura di mediatrice d'amore unendosi a una danza sciamanica in Polinesia.

Anzi, sono i ballerini polinesiani, un po' come i burattini di Mangiafuoco riconoscono Pinocchio, a riconoscerla come una di loro, come una maestra spirituale per loro. Infine, l'idea che alcune ballerine classiche potessero contribuire con la loro danza cosmica a questo passaggio, mi è venuta ricordando le profezie degli antichi Maya, secondo cui il mondo cambierà totalmente (ammesso che addirittura non finisca) nel 2012. Il resto l'ho aggiunto io: l'immagine delle ballerine elette, segnalate dalla forma del loro piede, il "piede egizio" dell'antica statuaria egiziana, è un'invenzione che mi sembrava potesse aggiungere mistero e curiosità.

Il mondo della danza e quello della lirica sono stati spesso al centro di thriller di successo dal Fantasma dell'opera a Suspiria, da Deliria a Opera, cosa c'è di cosi pericoloso che si nasconde in quel mondo?

Forse proprio la capacità di far scoprire che la cosiddetta "realtà quotidiana" è solo un inganno, che la vera realtà è altrove. Con la fascinazione della musica, del canto, dei movimenti armoniosi della danza, i nostri corpi si sciolgono, le nostre menti abbandonano gli ormeggi, escono dai limiti, smettono di usare i parametri razionali.. Certo questo può diventare anche pericoloso, perché nella realtà profonda può nascondersi qualcosa che non ci piace scoprire. Ma è un rischio che vale la pena di correre, e conoscere se stessi è sempre un premio superiore al prezzo pagato. Se poi per conoscersi si deve passare attraverso l'esperienza della lirica, della danza, il gioco è ancora più emozionante. Senza dimenticare che un grande teatro è pieno di angoli bui dietro le quinte, che la luce e i colori del palcoscenico sono alimentati da questo buio in cui possono nascondersi molte cose.

Nel suo romanzo la danza assume un valore magico, taumaturgico, ha la capacità di combattere le forze del male?

Certamente. Nella danza si trasmette al nostro quotidiano l'essenza della vita, la pura bellezza dell'universo, l'armonia primordiale che univa gli elementi un istante prima del big bang... I ballerini, e specialmente le ballerine classiche dotate di una primitiva energia tellurica e di una femminile grazia, ci ricordano che noi siamo corpo, carne ossa e sangue, ma siamo anche fatti degli stessi elementi delle nebulose, che possiamo brillare come stelle, che possiamo volare come corpi celesti. Se solo ritroviamo la connessione con l'energia pura che è nascosta dentro di noi. La danza può aiutarci in questo: insegna a muovere il corpo in base a regole antiche, universali, eterne.

Unisce fisicità e spiritualità, riproduce un assoluto che sarebbe impossibile nella nostra vita limitata.

Come mai uno dei coprotagonisti della storia è un gatto, qual è il suo ruolo nell'ecostistema degli eventi narrati?

I gatti, che animali affascinanti! Loro sanno già molto su come mettersi in contatto con l'energia primordiale... Dovremmo imparare da loro a essere sempre rilassati quando non c'è bisogno di sprecare energie e a scattare come una molla quando invece bisogna combattere. Chiunque abbia un gatto, inconsciamente sa che è una specie di piccolo spirito guida.

Credo che sia capitato a tutti di vederli mentre fissano un punto nel vuoto, come se assistessero a uno spettacolo di grande interesse: sono sicura che vedono qualcosa che noi non riusciamo a vedere, con la loro sensibilità finissima, che si manifesta nelle vibrisse.

Il gatto del mio romanzo, Ninja, è un protagonista a tutti gli effetti, non ha nulla di meno degli altri personaggi. Anzi, è lui a un certo punto a indicare la direzione da prendere per risolvere il caso. Ninja e Federico, il giornalista che convive con lui in una piccola casa sul Naviglio Grande, si capiscono perfettamente, anche se appartengono a due specie diverse e parlano due lingue diverse. Federico non ricorda nemmeno da quanto tempo Ninja è con lui, e pensa addirittura di esserne stato scelto.

E' vero che per scrivere la sua storia si è lasciata influenzare da due serie per teenager come Buffy e Dark Angel, ma anche da una scrittrice come Ann Rice?

In parte sì. Di Buffy e Dark Angel mi piacciono per le atmosfere gotiche e notturne, per un senso di minaccia incombente. Ma soprattutto perché hanno per protagoniste delle giovani donne all'apparenza fragili, delicate, e che invece nascondono una forza travolgente. Mi piace vederle in azione mentre combattono il Male. Sono la concretizzazione (anche se in versioneconsumistica) delle antiche credenze di un divino femminile che ha il potere di dominare il Male.

Per Anne Rice il discorso è diverso: ammiro la sua capacità di costruire saghe che coniugano realismo e magia, come nel romanzo L'ora delle streghe, dove ci sono storie d'amore credibili, eppure calate in un mondo dove il soprannaturale fa parte della vita quotidiana. Come mi sembra succeda anche nel mio romanzo.

Nel suo libro Milano è una città gotica e spettrale, infestata da fantasmi e anime di questi e altri tempi. E' una sensazione reale o è tutto frutto della sua fantasia?

Come dicevo prima, è l'immagine che Milano mi trasmette. Ed è al di fuori degli stereotipi tradizionali, tipo la Milano nebbiosa, o la Milano "col cuore in mano", e così via. Secondo me ho percepito qualcosa di reale: come se, forse, ci fosse davvero una minaccia che incombe sulla città.

E' quanto intuisce anche Alessandro Zaccuri nel suo saggio-romanzo Milano, la città di nessuno (L'ancora del Mediterraneo) in cui immagina che lo spirito di Luciano Bianciardi, l'autore dell'indimenticabile La vita agra torni a Milano e faccia compiere al lettore una sorta di viaggio allucinante nelle brutture della nuova Milano.

Cosa si nasconde nel sottosuolo di Milano?

Ecco è proprio questo che intendevo per percezione di una minaccia reale: nel sottosuolo di Milano c'è l'acqua, e come sanno gli esperti, il livello di alcune falde acquifere si è innalzato notevolmente perché molte fabbriche hanno chiuso i battenti e non le hanno più utilizzate. E' questo dato preoccupante che normalmente viene ignorato. Sotto Milano ci sono i navigli nascosti, il fiume Marcona, insomma tutto un intrico di acque che sono anche il fulcro energetico della città. Nascondendo i Navigli, Milano ha soffocato la sua stessa energia, e ha dato un colpo fatale al suo equilibrio. Se non fa qualcosa per rimediare, rischia di non ritrovare più la sua armonia perduta, e di restare immersa in un'eterna inquietudine. Ecco perché nel mio romanzo la definisco la "città delle acque sommerse". Provate a immaginarla: doveva essere bellissima coi suoi navigli, di cui ora è rimasta solo qualche pozzanghera al confronto, come la descrive Bonvesin da la Riva nel suo Le meraviglie di Milano: una specie di Venezia della pianura Padana.

Esistono davvero locali notturni come quelli da lei descritti in cui un uomo può essere drogato da un'entraineuse con un semplice bacio?

Be', non credo, almeno non proprio così... Anche se per il Deposito di Paperone, la discoteca in cui avvengono fatti inquietanti, alcuni di un erotismo perverso, mi sono ispirata a un locale che esiste veramente in centro, una discoteca ricavata nel caveau di una banca. Trovo affascinante una scelta del genere. Le sue ballerine, i suoi buttafuori, le persone che lo frequentano sono tutte come anime in pena che si muovono a ritmi forsennati, innaturali... Come in un mondo nascosto e dominato da un incantesimo.

E' vero che dopo aver scritto il suo libro sono venuti a trovarla alcuni fantasmi che da tempo infestano la Scala?

Be', non è esattamente così... Mi piace pensare che qualcuno si sia affezionato a me senza che io lo sappia e mi protegga dall'Aldilà, come per esempio un grande direttore d'orchestra che ho avuto l'occasione di conoscere qualche anno fa dopo un concerto e che è scomparso proprio quest'anno, Carlo Maria Giulini. Ho sempre avuto un grande rispetto, a livello reverenziale, per personaggi così, che sono al tempo stesso dei privilegiati e dei benefattori. Come anche per le ballerine del presente e del passato, che sono dei geni benefici, delle divinità protettrici. Penso alle grandi danzatrici che hanno fatto la storia della danza, che hanno dato la loro vita alla danza, e ne hanno avuto in cambio fama immortale. E' come una luce che si trasmette, da Isadora Duncan a Margot Fonteyn, a Carla Fracci, una luce di bellezza e di civiltà. Nel mio romanzo ho anche voluto rendere omaggio a queste grandi regine della danza.

Se come scrittrice di thriller ama affrontare gli incubi lei nella realtà è anche una studiosa ed appassionata di "sogni lucidi", ce ne può parlare un po'?

Alcuni anni fa ho pubblicato un romanzo, Guerriero del sogno (La Vita Felice), il cui protagonista, un giornalista radiofonico guarda caso, imparava l'antica tecnica di sogno lucido del popolo malese dei Senoi.

Consiste nella consapevolezza di sognare, e nella capacità di sfruttare l'energia del sogno mentre si sogna: in altre parole, il sognatore lucido è praticamente onnipotente, può volare, attraversare il mare sott'acqua senza dover respirare: era un modo per affrontare le proprie paure, per sconfiggere i mostri dell'inconscio, che aveva permesso alla società dei Senoi di impostarsi sul coraggio, sul rispetto reciproco e sulla sincerità assoluta. Secondo loro i sogni erano messaggi dalla dimensione divina: se qualcuno sognava che un familiare o un amico gli faceva un torto, per esempio, al risveglio glielo diceva e il sognato prendeva molto sul serio questa comunicazione. Così faceva qualcosa per "compensare" il torto subito dal sognatore: un regalo, un favore, insomma un gesto di riconciliazione.

In questo modo eliminavano i contrasti sul nascere. Anche il protagonista del mio libro, Roberto, riesce a risolvere un suo grave problema adottando questa tecnica, dando importanza ai messaggi che gli vengono nei sogni. E' quello che faccio anch'io, nella mia vita quotidiana: cerco di dare ascolto ai messaggi che mi vengono dai sogni.

Da studiosa di poesia e di Dante non ha saputo alla tentazione di dedicare un romanzo al sommo poeta. Di cosa parlerà questo suo lavoro futuro?

Io amo profondamente Dante e spero di riuscire a rendere, nel personaggio che sto creando, la sua umanità. Parlerò dei lati eterodossi del suo cristianesimo, della sua simpatia per un certo gruppo di eretici che stranamente non nomina mai, nonostante faccia tranquillamente menzione di altre eresie e nella Commedia metta all'Inferno dei pontefici per mettere invece in Paradiso degli eretici condannati dalla Chiesa. E fa pronunciare un discorso importantissimo a un oscuro personaggio, Marco Lombardo, proprio al centro del poema, nel canto XVI del Purgatorio. Come ha scoperto Maria Soresina nel suo Le segrete cose (Moretti & Vitali) molto probabilmente questo personaggio non è altro che il vescovo cataro di Concorezzo, l'importante comunità catara alle porte di Milano, chiamato Marco di Lombardia appunto. E' un Dante che simpatizza per i Catari, che ha doni profetici, e che cerca di trasmettere un messaggio all'umanità del futuro, a noi insomma. Solo che qualcuno riesce a fare sparire il manoscritto del Poema sacro e cerca di impedire che questo messaggio giunga a destinazione.

Ma finalmente, ai giorni nostri, qualcun altro finisce per ritrovarlo...

Ma non posso rivelare di più.

Stando ai reading di successo tenuti da Vittorio Sermonti in Santa Maria delle Grazie parrebbe che la "Divina commedia" ha ancora oggi una forte componente catartica, visionaria e ipnotica?

A giudicare dalle espressioni delle persone che guardano me quando anch'io leggo Dante (ho fatto lo scorso 16 giugno una lettura alla Basilica di San Lorenzo a Milano, ed è stata un'esperienza esaltante), è proprio così.

Dev'essere l'effetto delle terzine del Sommo Poeta: hanno un ritmo divino, meritano l'aggettivo che è stato loro attribuito. Hanno questo effetto probabilmente anche su chi legge: io mi emoziono regolarmente, non riesco a evitarlo, specialmente quando leggo il Paradiso e vedo che anche Sermonti è molto coinvolto e appena lascia la concentrazione è stanchissimo. Penso che Dante abbia detto la verità ai suoi lettori, questo è il fascino del suo poema: ha davvero visto quel che racconta, non perché sia il frutto di una visione, ma di un'esperienza intellettuale comunque autentica, profondamente sentita, in cui si coagula tutta la cultura letteraria e tutto il sapere scientifico del suo tempo.

Come se oggi un grande scienziato sapesse scrivere divinamente e fosse capace di trasmettere le sue conoscenze in un romanzo di fantascienza.

Se qualcuno rappresentasse alla Scala una versione lirica o un balletto tratto dal suo "Il passo della dea" è vero che avrebbe inizio l'Apocalisse?

Non credo... Al contrario, il Male che serpeggia subdolamente nel mondo verrebbe sconfitto. La bellezza e l'armonia della danza lo ricaccerebbero inesorabilmente negli abissi da cui è uscito... Nella mia Milano apocalittica, dove aumentano a dismisura i delitti, i suicidi inspiegabili e le stragi familiari, la prima dell'Otello rappresentata alla Scala è il vero scontro, anche se nascosto al mondo, tra le forze del Bene e quelle del Male. Non diciamo chi vincerà, naturalmente: bisogna leggere il mio libro per scoprirlo...

Bianca Garavelli è nata nel 1958 a Vigevano, dove vive. È narratrice, dantista e critico letterario. Ha esordito con la raccolta di poesie L'insonnia beata (Edizioni del Laboratorio, 1988) e in seguito ha pubblicato i romanzi L'amico di Arianna (Guida, 1990), Guerriero del sogno (La Vita Felice, 1997, finalista al Premio Montblanc) e il romanzo per ragazzi Il mistero di Gatta Bianca (Laterza, 1999). Recentemente sono usciti Il passo della Dea (Passigli, 2005) e Beatrice (Moretti & Vitali, 2002). Nel 2001 è uscita invece per Bompiani l'edizione rinnovata del suo commento all'Inferno di Dante (prima edizione 1993, con la supervisione di Maria Corti), e il volume di Canti scelti della Commedia; nel 2002 i commenti al Purgatorio e al Paradiso. Ha inoltre coordinato la collana I Grandi Classici della Poesia per l'editore Fabbri (1997-2000) e collabora alle pagine del quotidiano Avvenire, oltre che a quelle di Stilos e Poesia.