Udite, udite! Esce oggi per Piemme Anche le scimmie cadono dagli alberi, il nuovo romanzo di Alessandro Berselli, una prova molto interessante nella quale l’autore abbandona il noir per cimentarsi in un’opera ironica, caustica, generazionale. Un romanzo sugli ultimi scampoli della X generation,  dove, come ha dichiarato l’autore: «L'idea era quella di parlare di amore e dintorni al tempo del terzo millennio. Non mi sono posto molti problemi sul come collocarlo, volevo una sorta di mainstream con neuroni».

Così recita la quarta:

In questo libro trovate (in ordine di apparizione):

• I l sottoscritto, Samuel Ferrari, nel ruolo di poco convincente voce narrante.

• Una MILF giapponese, discutibile sosia di una famosa pornostar, nonché probabile affiliata alla setta degli Aum Shinrikyo (quelli della strage nella metropolitana di Tokyo, tanto per intenderci).

• Mia sorella, la dieta Pasternak e l’allevamento delle locuste in Thailandia (dettagli all’interno).

• Un’ecoterrorista mitomane con cui faccio sesso, e di cui purtroppo non riesco a liberarmi.

• Anna, mia nuova bellissima e pericolosa collega di lavoro alla HigherTrade.

Ovvero l’unica persona della quale non dovrei innamorarmi. Cosa che invece, come da perfetto manuale dell’uomo che sempre cede ai sentimenti sbagliati, puntualmente succede. In definitiva, avete a che fare con una specie di diario caustico e corale su una generazione allo sbando evidente, nel quale amici e nemici si scambiano i ruoli dimostrando, con ogni loro azione, due cose semplicissime:

1. La condizione umana è fatta al 90% di debordante idiozia.

2. Nel mio caso la percentuale è più alta. Anche le scimmie cadono dagli alberi è un proverbio giapponese il cui significato è traducibile con: Tutti sbagliamo. Oppure anche: nessuno è invincibile.

Abbiamo rivolto a Berselli alcune domande partendo proprio a partire da qui: in un tempo e in una società che promuovono l’invincibilità, questo è un romanzo che contempla la possibilità di errore nelle nostre esistenze, perché la vita si costruisce soprattutto sulle imperfezioni. Tu in che occasioni ti rendi conto di non essere invincibile?

Probabilmente ogni giorno. I libri fanno da specchio ai loro autori, scriviamo e intanto ci rivediamo. Ridiamo di noi stessi e riflettiamo su quello che siamo e su quanto vorremmo essere. I miei personaggi sono spesso dei loser. Non hanno ambizioni, oppure ne hanno troppe. In un modo o nell’altro rovinano tutto. Questo più che rispecchiare la mia vita mi deve essere da monito. Un modo come un altro per ripetermi: non è così che devi diventare. Ma questa è solo psicologia forse inutile. La realtà è che avere a che fare con questi personaggi borderline mi diverto da morire.

Samuel Ferrari è un giovane accomunato ad alcuni dei protagonisti delle tue opere precedenti dal cinismo. È però originale e dotato di massicce dosi di umorismo. Come l’hai costruito?

Il personaggio è stato il punto di partenza, ed è stato messo a punto lavorando in modo caustico e corrosivo su un mio possibile alter ego, stronzo, cinico, ma anche francamente irresistibile. L’idea era quella di piazzare al centro della storia un protagonista che interpretasse i malumori della x generation, e la chiave di lettura sul suo essere irrisolto è nella citazione in quarta di copertina: alla mia età Gesù Cristo era già morto da quattro mesi. Mi sono divertito molto a lavorare sul bilancio esistenziale di un uomo il cui saldo attivo passivo è decisamente sfavorevole. Ma l’obiettivo resta quello di ridere con intelligenza delle nostre miserie.

Come ti sei misurato con la dimensione caustica? Ti è venuta naturale o hai ripreso da alcuni modelli o entrambe le cose?

Negli ultimi anni ho letto solo autori americani non di genere, maestri nel riuscire a rappresentare i tic della società contemporanea con dosi massicce di ironia, cinismo e humour noir. Quindi chiaro che ci sia stata una sorta di acquisizione naturale di certi tipi di scrittura e di creazione del racconto. In Italia questo tipo di narrazione non ha grandi maestri. Forse il primo Ammaniti, quello di Ti prendo e ti porto via, tanto per intenderci. Ma ho cercato di sviluppare anche una forma personale di interpretazione dei modelli. Per certi versi il libro è una svolta mainstream, perché sicuramente si rivolge a un pubblico più vasto. Ma volevo anche che il lettore ideale delle Scimmie fosse un interlocutore esperto di narrativa capace di cogliere i giochi stilistici e il grande lavoro su trama e personaggi. Obiettivo ambizioso, lo so. Spero di esserci riuscito.

Anche se questo non è un noir come i precedenti tuoi libri, tuttavia la morte è presente, a partire dal capitolo iniziale, Considerazione sui morti e altre cose. Perché la morte fa parte della vita o per non distaccarti del tutto da atmosfere che in parte appartengono alla tua produzione?

In effetti mi stai facendo notare una cosa sulla quale non avevo ragionato ma che mi trova perfettamente d’accordo. La morte, un certo tipo di atmosfera nera, malata, è presente anche in questo libro che, come il precedente Il metodo crudele, rappresenta un taglio piuttosto netto rispetto al passato. Fondamentalmente credo che la risposta sia nel fatto che credo molto al crossover tra generi, nel non chiudermi all’interno di uno spazio, cosa che spesso rappresenta la morta cerebrale per uno scrittore. Non è stata una cosa voluta, me ne sono accorto a consuntivo. Il funerale è diventato quasi un leit motiv nelle mie storie. E per tutto il resto è chiaro che il nostro storico di narratori non è prescindibile anche quando ci si dimensiona con storie che hanno una tipologia completamente diversa. Probabilmente è una specie di cordone ombelicale. Ed è giusto non tagliarlo, dare continuità anche nel cambiamento.

Parliamo della sfuggente (e all’apparenza inconsolabile) madre di Namika e della sorella di Samuel, due personaggi completamente differenti per quanto riguarda gli spazi occupati nell’economia del libro e per carattere.

Il protagonista è fortemente misogino, e quindi la galleria di personaggi femminili è per una precisa volontà dell’autore varia e articolata. Tutto ruota intorno a una visione del mondo dove le donne, apparentemente, sembrano uscirne malissimo, ma andando avanti nella storia ci rendiamo conto che non è così. Violet, la sorella di Samuel, è il personaggio con il quale più di ogni altro mi sono divertito. Le ho attribuito tutta una serie di nevrosi e paranoie che la rendono sicuramente un valore aggiunto in termini di ilarità. D’altronde è anche impossibile non volerle bene, visto che la sua vita è una sequenza di idee e di trovate assolutamente deliranti. La madre di Namika ha più un ruolo di contorno, la sua figura è più che altro funzionale alla psicologia e alle gesta di Samuel. Io li chiamo i personaggi accessori. Quelli che vivono in funzione di altri. Fanno da satellite intorno al pianeta.

E a proposito di figure femminili, Samuel si destreggia tra una collega e una sorta di “compagna occasionale” che però torna sempre, una guerrigliera che serba una sorpresa. Samuel rappresenta l’indecisione di alcuni uomini di oggi? La loro irresolutezza, la loro incapacità di assumersi certe responsabilità…

Samuel è l’interprete di un certo tipo di società. Ha un lavoro importante, un buon giro di relazioni interpersonali che gestisce malissimo, e una capacità impressionante nel rovinarsi la vita innamorandosi continuamente delle persone sbagliate. La sua misoginia ha questo presupposto. Non sono le donne a essere psicopatiche, è lui che attira i casi umani come fosse un magnete. Se a questo si aggiunge, come dici tu, irrisolutezza, incapacità di responsabilizzarsi, e tutto il resto, è evidente che il risultato algebrico della sua esperienza umana non può che avere un risultato negativo. Non è un libro con intenti sociologici ma sicuramente gioca con molte caratteristiche comuni agli uomini (e alle donne) del terzo millennio. Credo sia il mio libro più moderno. E’ perfettamente tarato sul nostro agire ai tempi del ventunesimo secolo.

Lunedì 7 luglio, alla Feltrinelli di piazza di Porta Ravegnana, a Bologna, ci sarà la prima presentazione del libro, alle ore 18. L’autore ne discuterà con Gianluca Morozzi e Francesca Bertuzzi.