Io c’ero... non vi sembri un vezzo da narratore (sì, un po’ lo è...) ma la presenza di Stefano Di Marino tra i partecipanti al ricevimento sul ristorante Jumbo la notte del 30 giugno 1997 in cui Hong Kong passò alla madrepatria non è (del tutto) una esagerazione.

Era un periodo in cui andavo spesso in Oriente; in pieno trip del cinema di Hong Kong ero andato diverse volte a incontrare personaggi del cinema locale. Ricordo di aver incontrato Chingamy Yau, di aver parlato con responsabili della Shaw che, all’epoca, non aveva neanche gli archivi di tutte le pellicole storiche. In breve Hong Kong, malgrado avesse appena superato l’epoca d’oro della sua notorietà cinematografica, ancora non ne era consapevole. Io, però, ero lì a coglierne l’atmosfera, a inventarmi delle storie che erano una strana commistione tra i classici degli anni ’70 (I tre dell’Operazione Drago, Il Drago di Hong Kong, L’uomo dalla pistola d’oro e tanti altri) e le magnifiche sparatorie di John Woo che avevano cambiato qualche anno prima il mio modo di concepire l’azione e quindi anche di scriverla.

      

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