Dopo i problemi nati sul set del film The Shepherd. Pattuglia di confine (2008), dovuti al fatto che la prestanza fisica e la “classe” della nuova leva marziale Scot Adkins si trovò a scontrare contro la “vecchia gloria” di Jean-Claude Van Damme, si pensava che mai più i due attori avrebbero lavorato insieme. Visto che le tensioni vertevano sulle scene di combattimento (Adkins ne voleva di più, Van Damme di meno, come poi in effetti è stato), per questa loro nuova collaborazione si è giunti ad un evidente compromesso: la totale rimozione di qualsiasi scena di combattimento, se non d’azione in generale.

Assassination Games è un film spiazzante: la presenza di due note star marziali (una del passato, una del futuro) potrebbe far cadere lo spettatore nell’equivoco di trovarsi di fronte ad un thriller d’azione con sfumature marziali. Invece il film non solo è privo di marzialità, non solo non c’è praticamente azione... ma non è neanche un thriller!

Lo si potrebbe definire “noir di spionaggio”, ma in realtà è un film girato in drastiche ristrettezze economiche - come d’altronde la quasi totalità di quei film esclusi dalla cerchia dei blockbuster - con comunque buone idee da mostrare.

Flint (Adkins) e Brazil (Van Damme) sono due fenomenali assassini prezzolati. «Io sono un’arma», dice Brazil come giustificazione del fatto che non si crea dilemmi morali per le vite che ha spezzato: la responsabilità non è dell’arma, ma di chi la usa.

Flint invece ha appeso le pistole al chiodo ed ora vive nascosto per accudire la moglie in coma, ridotta così dopo l’aggressione di un nemico del marito. Usando i punti deboli dei due assassini, biechi mandanti organizzano un piano per farli uccidere l’un l’altro così da togliere di mezzo due pedine pericolose nel gran gioco delle spie.

Van Damme prosegue il suo percorso - all’incirca da Wake of Death (2004) - verso tematiche noir come quella del killer stanco di uccidere, della discesa all’inferno di un uomo violento in cerca di redenzione, diretto invece verso il bagno di sangue finale. Non sempre è riuscito a rendere bene il personaggio, ma di sicuro in Assassination Games ci va molto vicino.

Adkins è un atleta marziale che rasenta la perfezione, e vederlo costretto in un ruolo sotto tono, imbrigliato in un personaggio che mal gli si adatta, è davvero una sofferenza.

Una curiosità. Ne sono passati di anni da Derailed (2002), quando Van Damme inserì entrambi i figli nella storia del film: ora i pargoli sono cresciuti e li ritroviamo sempre più protagonisti. In un ruolo da cattivo c’è il giovane Kristopher Van Varenberg (che ha mantenuto il nome originale del padre), mentre a Bianca Van Varenberg è affidata la parte della moglie comatosa di Flint: una scelta dettata dalle capacità recitative della ragazza?