Nel momento esatto in cui partono i titoli di coda, ci si rende conto di un fatto curioso: ci si è appassionati ad un film che in realtà non ci è proprio piaciuto.

Warrior, scritto e diretto da Gavin O’Connor, è un film strano davvero difficile da catalogare: sfiora alcune tematiche senza azzardarsi ad affrontarle e va via liscio senza impegnarsi troppo.

Ma andiamo con ordine.

 

Qualcuno ha scritto che questo è il primo film a mostrare il mondo delle mma, quelle mixed martial arts per cui gli statunitensi stanno divenendo sempre più patiti. Anche ignorando i predecessori – che sono stati ottimi e abbondanti – lo stesso è una premessa sbagliata, visto che esistono ottimi titoli marziali che da alcuni anni stanno appassionando i fan del genere, portando addirittura su schermo dei veri mma-fighter.

Warrior semmai è il primo film ad essere prepotentemente basato sulle mma senza mostrarle, visto che la confusione dei combattimenti lascia poco spazio all’ammirazione degli spettatori.

Giustamente il regista-sceneggiatore non voleva fare un film marziale – etichetta squalificante – bensì un film sportivo che desse molto risalto ai personaggi: e qui sbaglia di grosso.

 

L’America è in crisi, questo lo abbiamo capito anche noi italiani, che di crisi ce ne intendiamo. Negli ultimi anni film e serie TV affrontano sempre di più questo tema e Warrior si pone come dramma sociale, con il risultato di essere davvero grottesco.

Brendan (Joel Edgerton) è un professore di liceo dal passato pugilistico che vive un dramma: le cure mediche per la figlia malata l’hanno prosciugato, ed ora non può pagare la gigantesca casa in cui vive. La banca gli propone di fare fallimento, ma lui non fa queste cose. La moglie gli propone di andare a vivere in una casa più piccola – e in effetti sembra un consiglio più che sensato – ma no, lui non fa neanche queste di cose. Che genere di cose fa, alloa? Semplice: sfida i più grandi campioni di mma in un torneo dal premio milionario. Come mai nessuno ci ha pensato prima?

Così il regista-sceneggiatore ci fa credere che un padre di famiglia ultratrentenne riesce ad allenarsi in modo tale da affrontare – e ovviamente vincere – granitici lottatori più giovani di lui e soprattutto... professionisti della lotta! Una cosa del genere la si accetta da un film di genere, uno di quei filmetti marziali che non arrivano in Italia, ma da un film di serie A non la si accetta davvero.

 

Dall’altra parte c’è Tommy (Tom Hardy), fratello di Brendan, che è un uomo che soffre dentro, ma talmente dentro che non si capisce quale diavolo sia il suo problema. È giovane ed ha una muscolatura assurda e gonfiatissima, frutto del sudore degli steroidi, che lo fanno assomigliare all’omino Michelin. Non sembra sapere cosa fare della propria vita, così anche lui si mette a sfidare i campioni del mondo: quale modo migliore di passare il tempo?

Fra i due personaggi c’è l’unico vero motivo per vedere il film: il padre Paddy interpretato da uno strepitoso e fenomenale Nick Nolte, in pieno stato di grazia. Malgrado il personaggio sia mal scritto, Nolte ha tanto di quel talento che riesce a schizzarne un po’ addosso ai due attori sbarbatelli che lo affiancano, così da riuscire a creare qualche scena di vero spessore drammatico.

 

Che Warrior voglia farci credere che la crisi USA è tale che la gente normale è costretta a combattere per sopravvivere? La frase «mettilo ko o perdi la casa» è più che esplicativa, ma non nel senso che voleva il suo autore: lo stile di vita a cui gli americani erano abituati è così ridicolmente assurdo ed elevato che sono disposti a farsi spaccare le ossa piuttosto che rinunciarci, che sono disposti a rischiare il coma piuttosto di vivere in una camera e cucina in periferia.

Ovviamente questa non è la realtà, è la versione filmica della realtà: la cosa triste è che sono film come questi che poi “fanno opinione”. Paradossalmente, il tema che nelle intenzioni si voleva trattare – combattere perché è l’unica alternativa alla povertà – è quello del bellissimo racconto Acciaio di Richard Matheson, ambientato in una vera crisi (non in quella posticcia dei film di oggi): tale racconto arriva al cinema proprio insieme a Warrior, ma trasformato nel film per bambini Real Steel... Della crisi vera, della vera povertà, del combattere fino alla fine per mantenere la testa alta sul ring della vita, non se ne vuole sentir parlare.

 

Metà del film è occupata dal torneo, alla cui radiocronaca troviamo una gradita sorpresa: quel Sam Sheridan autore del saggio Cuore guerriero (recensito in ThrillerMagazine) che racconta proprio la realtà di vari campi di lotta, fra cui quello delle mma. In ruoli cameo troviamo veri lottatori come Rashid Evans e Stephan Bonnar.

Warrior è un film che prende per un semplice motivo: è una bella storia, anche se raccontata male, e si ha voglia di vederla per sapere come fa a finire. Quando la deludente e criptica fine arriva, arriva anche il momento della critica, e ci si chiede: ma che accidenti di film si è visto?