Alessandro Zannoni torna in libreria con Le cose di cui sono capace (Perdisapop), una storia americana che dichiaratamente è anti-americana. Le cose "anti", però, sono così numerose - ed esagerate - che è impossibile enumerarle. Ne parliamo con l’autore.

Il tuo romanzo si apre con una scritta che prende le distanze dalla letteratura americana (con le dovute eccezioni), ma poi la storia è tutta americana: è una scelta sarcastica, come un ritratto al negativo, o pensi che certe storie possano essere raccontate solo "all'americana"?

Assolutamente sarcastica. Ed è ’na roba tipo "storie ai confini della realtà", quindi assolutamente da gestire all’americana, dai dialoghi alla ambientazione.

La desolata provincia statunitense è perfetta per un certo tipo di storie: se ti avessero chiesto di riadattare il tuo romanzo alla provincia italiana l'avresti fatto? Pensi che sarebbe stato possibile?

Ti ho risposto prima, ma se vuoi qui allungo: da noi, certe storie, sarebbero troppo inverosimili, troppo forzate - un esempio è la storia di quello che nella rissa uccide il rivale con una bottigliata: per evitare la galera fa causa alla ditta produttrice di bottiglie e vince la causa - avrei dovuto utilizzare un altro registro narrativo e altre storie, proprio quelle da cui provengo e dalle quali cerco di allontanarmi per sopraggiunta noia.

Lo sceriffo Corey è un personaggio estremo, dirompente e decisamente fuori da ogni schema: come è nato e come si è sviluppato?

Tutto è nato per caso: stavo cercando di riprendere a scrivere dopo un lungo periodo di pigra inattività, e mi sono messo a buttare giù piccoli rendiconti giornalieri della vita di questo Nicola Coretti, ben avendo in mente il personaggio di Thompson; posso affermare che è nato dalla voglia di fare un omaggio allo scrittore americano. La cosa mi divertiva parecchio, e il personaggio riusciva a fare cose davvero inquietanti senza il mio minimo sforzo nell’immaginarle. Come sempre accade, tutto era già in testa, serviva solo la voglia e il tempo di mettere nero su bianco.

 

Impossibile ignorare il "braccio violento" con cui lo sceriffo amministra le legge (anche se non è il braccio che usa!): in un periodo in cui le galere sovraffollate ci fanno parlare di depenalizzazione, forse il metodo Nick Corey è la soluzione migliore... Perdona l'umorismo triviale, ma l'elemento sessuale nel tuo romanzo è troppo denso e intenso per non attrarre l'attenzione: cosa ci puoi dire della particolare concezione di Corey per la "giustizia penale"?

Ho immaginato la scena: mi sono immedesimato in un disgraziato colto in flagrante, al primo furto, convinto che fosse la strada più semplice per tirare avanti, e Nick Corey che mi somministrava il suo "sermone" e mi faceva capire dove, quella strada, mi avrebbe portato, a quali rischi mi esponevo, e se ne valeva davvero la pena. Bè, credimi, ho sudato freddo. Un perfetto sistema per raddrizzare carriere criminali. Di sicuro darebbe frutti inaspettati.

È davvero difficile stabilire se Corey voglia fare del bene, anche se questo implichi fare del male, o se semplicemente risolve problemi senza stare a guardare la "bontà" o meno di ciò che compie. Tu che ne dici?

Io dico che Nick è un fottuto romantico, di quelli estinti, di quelli che mettono a repentaglio il proprio culo per dare una mano ad un amico. Ma è anche un tipetto che per rendersi la vita felice, a tutti i costi, si spiana la strada con metodi poco ortodossi; sa che quello che fa non andrebbe bene, e che se c’è un dio verrà punito, ma lo fa perché ama, e amare significa non tirarsi mai indietro. Almeno, questo è quello che immagino per lui.

Domanda d'obbligo: progetti futuri?

Guardare l’editoria che peggiora sempre più, dispiacermi di non poter fare niente, coccolare i lettori, scoprire scrittori validi che non hanno paura del mercato, non avere peli sulla lingua e sputtanare quelli che se lo meritano. Appena mi viene voglia, scrivere qualcosa di nuovo.