Un noir, questo In the Electric Mist - Nell'occhio del ciclone per la regia di Bertrand Tavernier, che partendo dal profondo Sud degli Stati Uniti (la Lousiana) riallaccia procedendo sul filo dei ricordi un delitto a sfondo razziale quattro decenni prima ad una serie efferata di delitti attuali dove a cambiare in definitiva sono solo e soltanto le vittime (giovani donne oggi, persone di colore ieri…) e per inciso non gli esecutori…

A una scia di violenza che sembra senza fine, Tavernier si avvicina a piccoli passi, quasi senza rumore. Poche le scene violente, nessun cadavere “a vista". Invece presto ci si trova di fronte ad un’indagine, quella condotta dal detective Dave Robicheaux (uscito dalla penna di James Lee Burke, uno dei re del noir letterario, personaggio protagonista di una lunga serie di romanzi dello stesso Burke) cui dà vita sullo schermo Tommy Lee Jones, che ben presto assume le caratteristiche di un salmo riparatore per le vittime, tutte, nessuna esclusa, quelle del passato e quelle di oggi, ma anche quelle di una vendetta nei confronti tanto dei mandanti che degli esecutori.

Se per certi versi Robicheaux somiglia a tanti altri “sbirri” d’azione visti sullo schermo (ex alcolista, estraneo alle logiche del “corpo di appartenza”, inevitabilmente votato al fatidico ritiro del distintivo per eccesso di legittima difesa, capace quando le circostanze lo richiedono a fabbricare prove false pur di incastrare il colpevole…), per altri versi ha uno spessore, un’aurea quasi mistica che lo differenzia parecchio dalla media, una sorta dei vibrazione interna che si intuisce sotto la scorza da duro e che ne fa una sorta di santo laico che porta la croce come meglio può e che il destino mette continuamente alla prova (come quando altri muoiono al suo posto…) forse per saggiarne la resistenza, forse perché c’è qualcosa, un grumo di passato che anche lui deve scontare…

A rendere ancor più intrigante la sobria messa in scena del racconto è il registro fantastico che irrompe nella narrazione sotto forma del generale confederato che appare a Robicheaux nei panni di un prezioso alleato soprattutto quando l’indagine pare segnare il passo non tanto su come scoprire i colpevoli ma come vero e proprio sostegno psichico.

Insomma un noir (se vogliamo un thriller…), assai diverso dal prodotto standard al quale purtroppo ci si abitua quasi senza accorgersene (non tanto per pigrizia o stoltezza personale quanto per mancanza di alternative…).

Sarà per questo, l’essere un’alternativa allo standard mainstream che il film ha avuto vita tutt’altro che facile. Quale? Semplice, quella di non uscire in sala (né qui da noi né negli iùesei), epperò visibile per fortuna lo è comunque.

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