La trama: Stefano e Vittorio sono vecchi compagni di università che da vent’anni hanno perso i contatti: veterinario e borghese il primo, animalista militante il secondo. Una sera, senza preavviso, Stefano riceve una telefonata dalla madre dell’amico: Vittorio è morto, e ha lasciato una lettera in cui è racchiusa la propria straziante storia, quella di un uomo che ha scelto una vita totalmente dedicata alla difesa dei diritti degli animali. Questa rivelazione costringerà Stefano a una discesa negli inferi e a fare i conti con se stesso. Tra veterinari corrotti prestati al traffico di cuccioli, l’orrore della vivisezione e attivisti dell’Animal Liberation Front, un romanzo di un amore estremo, quello nei confronti degli animali.

L’autrice: Deborah Gambetta è nata a Torino nel 1970 e vive a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna. Ha pubblicato nel 1998 Viaggio di maturità (EL, Frontiere) e nel 2003 La colpa (Rizzoli). Un racconto è comparso nell'antologia Patrie Impure (Rizzoli, 2004) e un altro nell'antologia Ragazze che dovresti conoscere (Stile libero/Big, 2004). Nel 2005 ha pubblicato per Einaudi Il silenzio che viene alla fine (Stile libero/Big, 2005).

È tutto a posto (Edizioni Ambiente, Collana Verdenero) è un noir di ecomafia dedicato agli animali (nel senso letterale e non, a partire da pag. 5: “Dedicato a tutti i Patatina, Joy, Maggiore, Ellie, Bianchetto e Strike del mondo”), un importante tassello nella lotta al maltrattamento degli stessi, alla vivisezione, agli orrori che molti sono costretti a subire. Un tassello importante, dicevo, perché promuove la consapevolezza del fenomeno. Secondo te a che punto siamo, come consapevolezza, in Italia?

Per quanto le associazioni animaliste promuovano petizioni, cerchino di informare, si muovano nei confronti del Governo per far approvare questa o quella legge, sul fronte consapevolezza sono pessimista. E qui, ovviamente, mi riferisco a chi non sa, a chi non vuole sapere e a chi semplicemente se ne frega. Gli animali, purtroppo sono, dalla stragrande maggioranza della gente, considerati accessori. Si ama solo il proprio cane o il proprio gatto. Quello che manca è una consapevolezza culturale. Ci sono fior fiore di scrittori e filosofi che hanno scritto in difesa degli animali eppure, per quanto ci si ritenga colti e preparati, per quanto si possa dire di amare il pensiero dell’uno o dell’altro, appena si arriva all’argomento ‘diritto degli animali’ trattato dagli stessi, si diventa improvvisamente sordi. C’è una chiusura forte, psicologica anche, all’argomento animali. E lo dimostra lo scarso spazio, o meglio approfondimento, dato dai media al fenomeno del maltrattamento. Conosco persone che trovano insopportabile aprire, per esempio, la home di Facebook e dover subire la presenza di link che riguardano il maltrattamento di animali. O persone che deridono chi, della difesa degli animali, ha fatto il centro della propria vita. Beh, io trovo insopportabile questo atteggiamento.

Se tu avessi il potere di arginare il fenomeno, quali provvedimenti prenderesti all’istante?

Se avessi il potere – ma molto potere – sarei decisamente radicale. La lotta per i diritti degli animali, contro il loro maltrattamento, è una lotta a 360 gradi. La mia è un’utopia, ma di certo inasprirei le pene – e non in termini pecuniari – per chiunque commette abusi, poi vieterei qualunque tipo di sfruttamento legato al ‘divertimento’, dal fenomeno dei circhi giù giù fino all’ultima delle sagre paesane, passando per i vari palii. Abolirei la vivisezione, l’allevamento di animali da pelliccia, l’importazione di pellicce dall’estero, vieterei qualunque tipo di allevamento intensivo, regolerei la situazione dei macelli, insomma, potendo, sarei molto drastica.

Si evince che il romanzo poggia su una ricca documentazione. Come hai proceduto?

Ovvio che non ero del tutto digiuna dell’argomento. Bene o male mi sono sempre tenuta informata, ma per scrivere questo libro non solo dovevo circoscrivere gli argomenti ma anche procedere in maniera più sistematica quindi sono partita dai rapporti sia sulla vivisezione che sulle zoomafie che pubblica la LAV sul loro sito.

Poi ho guardato video, ho letto testimonianze, articoli scientifici e di cronaca. Ho letto diverse riviste online di antispecisti. Il mio computer è pieno di files su qualunque argomento.

Nel romanzo appaiono figure di veterinari corrotti accanto a personaggi che han fatto, della lotta a quel tipo di corruzione, la loro filosofia di vita. Cosa fa scattare, in chi sceglie una facoltà come veterinaria – che implica l’amore per gli animali e la dedizione alla loro salvaguardia – il passaggio dall’altra parte?

Questo non lo so, non sto dentro la testa della gente, le motivazioni possono essere molteplici, ma è un dato di fatto che, ad esempio appunto nel traffico di cuccioli, ci siano veterinari implicati e che la loro presenza sia fondamentale, un anello imprescindibile. Vero è che in ogni situazione in cui c’è qualcuno che ‘passa dall’altra parte’ c’è un tradimento nei confronti di se stessi.

L’amicizia tra Stefano e Vittorio ha in sé il germe dell’evoluzione, nonostante sia cristallizzata nel passato perché, nonostante Vittorio sia morto, Stefano non rimane insensibile al suo esempio...

Stefano impara a conoscere davvero Vittorio dopo la sua morte. Ma non solo. Impara a conoscere sé stesso proprio grazie alla morte dell’amico. Prima di rinascere occorre morire, ma per morire davvero – e quindi rinascere – occorre scendere la scala degl’inferi fino in fondo. Ed è quello che fa Stefano. Solo toccando davvero il fondo riesce a trovare il coraggio di riscattare la propria vita bruciata. Il ruolo dell’amico morto è quello di restituirgli un passato, se vogliamo. Di restituirgli un modo di guardare il mondo.

Com’è il tuo rapporto con la scrittura? Conflittuale, sereno, di necessità...

Decisamente conflittuale. Nonostante sia una necessità. Ogni volta che mi avvicino a una storia che vorrei raccontare arriva la paura. Ci sono lunghi periodi in cui non scrivo perché la detesto e altri in cui ha senso solo stare seduta davanti a un computer.

Partecipi ai dibattiti letterari, sei una frequentatrice del mondo culturale italiano? Come ti ci trovi?

No, e la motivazione è molto semplice: i dibattiti letterari mi annoiano a morte. Spesso e volentieri li trovo sterili e autoreferenziali. Il mondo culturale italiano lo lascio agli intellettuali. Io non sono un’intellettuale.

Cosa stai scrivendo ora?

Sto cercando con gran fatica di finire un romanzo iniziato ormai cinque anni fa. Una storia che – a proposito, appunto, di conflittualità con la scrittura – non so ancora come gestire. E infatti ho abbandonato e ripreso più volte. O forse ci ho camminato dentro talmente tanto da smettere di provare curiosità. Poi c’è un altro progetto su cui sto raccogliendo materiale ma di cui, per scaramanzia, preferirei non dire nulla.

Cosa stai leggendo?

Leggo sempre almeno cinque sei libri alla volta, ma in questo momento sto leggendo un libro di logica matematica e l’ultimo romanzo di Mauro Covacich, ‘A nome tuo’.

Ci saluti con una citazione dal romanzo?

Ti saluto con le ultime parole di Vittorio, l’amico attivista del protagonista: “Morire per quello in cui crediamo forse a volte è davvero stupido, davvero folle, ma vivere sulla morte e lo strazio degli altri, sia anche un insensato grumo di pelo, è una bestemmia.”