La coppia Macchiavelli Guccini ha inaugurato un nuovo personaggio: l’ispettore del Corpo forestale Marco Gherardini, detto Poiana. Lo scenario è ancora una volta un paese dell’appennino tosco-emiliano ritratto nel suo microcosmo. Un piede umano intravisto fra le fauci di un cinghiale durante una battuta di caccia non autorizzata. Così inizia una vicenda criminosa che molti addentellati e che coinvolgerà tutto il paese. Tra bracconieri, osti, elfi, lavoratori extracomunitari, ex sindaci riciclati come immobiliaristi, una ragazza dal pessimo carattere, si dipana una vicenda che impegnerà tutto il paese. Chi lavorerà per scoprire “una verità”, chi per occultarla a qualsiasi costo.

I personaggi, anche i minori, sono molto ben delineati nel loro spessore umano.  Li sentiamo vivi, pulsanti nelle loro passioni, lecite e illecite. Avviene quindi la magica alchimia dell’identificazione con i personaggi e la voglia di girare la pagina per sapere cosa succede.

Loriano Macchiavelli e Francesco Guccini, come anche nelle altre opere, mostrano empatia nei confronti dei poveracci, dei borderline, di quelli presi a calci dalla vita. Così è per l’”elfa” Florissa, (per chi non è della zona, gli “elfi” costituiscono una comunità che vive isolata in zone impervie dell’appennino tosco-emiliano e vive della raccolta di frutti del bosco e di piccola pastorizia), così per i tunisini che lavorano alle dipendenze delle imprese di costruzioni o nel bar del paese.  

Tema dominante, la violenza distruttrice, stupida e crudele insieme, che l’uomo usa nei confronti della montagna e dei suoi legittimi abitanti, gli animali. Molte riflessioni di Poiana e di Adumas, cacciatore vecchio stampo, vertono su questo.

Si guardò intorno. Gli venne un vago senso di rimpianto per quello che il castagneto era stato e non era più. Pulito, levigato, mantenuto come fosse un giardino. Lo scopavano addirittura,  con scope di biancospino tenute all’inverno sotto a grandi sassi perché i cespugli prendessero la forma voluta. Ora vedeva i boschi abbandonati, i castagni malati del cancro del castagno o del male dell’inchiostro, e di una nuova malattia che faceva seccare le foglie e poi tutta la pianta;  i rami spezzati e i tronchi caduti l’inverno abbandonati sul terreno; le foglie e i ricci di un  autunno che venivano ricoperti dai ricci e dalle foglie dell’autunno successivo. Una desolazione,  in boschi che per secoli, nel bene e nel male, avevano sfamato tante famiglie.” ( pagg. 11, 12)

Nel finale, come è giusto quando si crea un personaggio che ha tutta l’aria di diventare seriale, gli autori lasciano senza soluzione alcune questioni che il lettore si pone. Avrà uno sviluppo la storia sentimentale fra Poiana e la ragazza di città? E l’elicotterista, appena intravista in questa vicenda, cosa ci riserberà nel futuro?

Per concludere, Malastagione è un gran bel romanzo, di quelli che oltre a divertire  fanno anche riflettere sul rapporto fra l’uomo e la natura violentata, e Dio sa se ce n’è bisogno.