"Chi era Ipazia? Abbiamo tentato di comprendere la donna e la scienziata, la sua vita di passioni e di studi. In questo romanzo, che forse non è soltanto un romanzo, ella parla con le nostre voci e con quelle dei più grandi ricercatori e filosofi e artisti, da Talete, Eraclito, Pitagora, Democrito, Epicuro, a Platone, Aristotele, Lucrezio, Ovidio, Apuleio, sino ad arrivare ai tempi moderni, da Giordano Bruno, Galileo, Newton, ad Einstein, Heisenberg e la grande fisica del Novecento… Le loro voci sono la sua voce… e noi, narratori di storie, abbiamo attraversato l’abisso dei secoli con questi geniali compagni di viaggio e insieme a loro abbiamo ammirato una donna vissuta tanto tempo fa, che discuteva coni suoi allievi, che studiava il cielo, e la musica, che indagava in non-visibile, e la luce e il tempo e la forza di gravità, che lottava per la ricerca libera da dogmi… E quando fu uccisa noi eravamo con lei, spettatori e partecipi di un eterno dramma che fa parte della storia dell’uomo." 

Ci sono libri che, una volta letti, ti fissano e risuonano. Li chiudi, poi li riprendi in mano e voli alle prime pagine. Storie circolari, in cui gli estremi si fondono. Un millennio fa, come oggi. È quanto accade con il singolare libro Ipazia - Vita e sogni di una scienziata del IV secolo d.C.  di Adriano Petta e Antonino Colavito. Un racconto romanzato,  in cui rivive dall’interno, con estrema perizia narrativa, la vicenda esemplare della prima donna scienziata: Ipazia, vissuta fra il 370 e il 415 ad Alessandria d’Egitto. Figlia del matematico Teone, amica di Sinesio, vescovo di Tolemaide, Ipazia era una scienziata teorica e sperimentale, ideatrice e costruttrice dell’astrolabio (strumento per misurare l’altezza delle stelle rispetto all’orizzonte) e dell’idroscopio (apparecchio ottico per misurare la profondità del mare).

"Nube fremente di atomi". Ipazia era affascinante e colta. Aveva il dono di trasmettere e insegnare. Non solo in modo istituzionale, dentro la scuola (il Centro Studi di via del Sole, di cui resse le sorti dopo la morte del padre), ma anche per strada alla gente, a chiunque desiderasse imparare. E dubitare. Ostinata. Coerente. Scomoda. E soprattutto pagana e donna. In un momento in cui l’imperatore Teodosio voleva un impero romano completamente cristiano, vietando qualsiasi culto pagano (editto di Tessalonica, 380). Ipazia non desiste, nonostante le minacce e le pressioni. “Se mi faccio comprare non sono più libera. E non potrò più studiare. È così che funziona una mente libera: anch’essa ha le sue regole.” Fedele a se stessa e ai propri principi, viene scorticata viva l’8 marzo 415 da una turba di monaci istigati da Cirillo, vescovo e patriarca di Alessandria: distesa su un altare di marmo bianco, cosparso di petali di giglio, all’interno della cattedrale.

Ipazia e a il padre hanno diffuso le opere matematiche di Euclide, Archimede e Diofanto in Oriente: quel sapere che riapparve in Occidente in traduzione araba, in epoca rinascimentale, dopo un millennio di buio e rimozione. Purtroppo di Ipazia si è persa la memoria: distrutti i suoi scritti, fatto scempio del corpo e della persona. Con lei sono bruciate anche la Biblioteca di Alessandria (a opera dei soldati di Cesare: mezzo milione di volumi, si favoleggiava, la summa della cultura pagana), dispersa la biblioteca del Serapeo (durante l’incendio del 391, in cui trovò la morte Teone medesimo). Eppure Ipazia ci fissa, nell’affresco della “Scuola di Atene” di Raffaello, in Vaticano. Unica donna. Unico sguardo che sfida lo spettatore. Contro l’oblio.

Nel romanzo, risuonano le due voci degli autori: per ciascuna un percorso narrativo e un proprio respiro linguistico. La sinergia di entrambe dà vita a due percorsi concentrici, a spirale. Avvolti e dipanati l’uno sull’altro. Un espediente felicissimo che coinvolge il lettore, lo trascina nel vortice della storia e nell’interiorità di Ipazia stessa. L’avventura del quotidiano, il respiro privato e politico, nel racconto del fido discepolo Shalim. E poi la voce di Ipazia, il “sogno”, la ricerca scientifica, la musica, le intuizioni atomistiche, che precorrono il sapere della scienza moderna.

Un libro da leggere per non dimenticare, perché come sostiene Margherita Hack nell' introduzione "ci insegna ancora oggi quale e quanto pervicace possa essere l'odio per la ragione, il disprezzo per la scienza".