Abbiamo una nuova coppia di giallisti, che certamente non sfigurerà da quelle stoiche di Fruttero&Lucentini, Felisatti&Pittorru, Casacci&Ciambricco, Monaldi&Sorti, ma anche Guccini&Macchiavelli, per restare ovviamente agli italiani. Parliamo di AlessandroVizzino&Simone Pavanelli, che hanno esordito, per i tipi di Mursia nella collana Giungla Gialla diretta da Fabrizio Carcano, con il romanzo “L’ombra del lupo grigio”.

La coppia ha un che di originale perché, al contrario di quelle citate che, più o meno, per vivere facevano lo stesso lavoro (Casacci&Ciambricco addirittura lavoravano entrambi nello stesso settore delle Ferrovie, cioè alla Stampa Aziendale e house organ “Le voci della rotaia”), Vizzino e Pavanelli hanno un’estrazione completamente diversa. Infatti, al netto di essere ovviamente due scrittori, ciascuno con alcuni romanzi alle spalle, Vizzino è editore, mentre Pavanelli è un operaio metalmeccanico. E vivono in città diverse: il primo a Latina, il secondo a Torino (ma oggi, si sa, nell’era digitale, la distanza non conta). Ciò che conta, in questo quadro, è il risultato. E questo Vizzino&Pavanelli lo hanno assicurato: il loro romanzo “L’ombra del lupo grigio”, ovvero le trecento fitte pagine del loro romanzo, si leggono d’un fiato, tanto sono avvincenti e avvolgenti.

Siamo a Roma, il 2 agosto del 1980, lo stesso giorno della strage alla stazione di Bologna. E, nei pressi di Castel di Leva, a due passi dalla via Ardeatina, accade una specie di esecuzione: un uomo spara, e altri due finiscono a terra, apparentemente stecchiti. Ma in realtà, ad essere ammazzato, è uno solo, l’altro si fingerà morto, ben presto, con l’assassino ormai lontano, dandosi alla fuga.

Trentanove anni dopo, nell’estate del 2019, un signore, tale Francesco Tatarelli, dichiaratosi figlio di quel morto ammazzato tanti anni prima, insiste presso il sostituto commissario Ernesto Grandini, di riaprire quel caso la cui vittima era il padre di Tatarelli, perché l’omicida non è mai stato scoperto. Naturalmente del ferito, messosi in salvo, nessuno sa nulla.

Il sostituto commissario Grandini già da giorni respinge il petulante figlio: il caso è chiuso, è inutile che insista. Ma, poi, per toglierselo di mezzo, lo mette in contatto con Valentino Mastro, un suo ex collega caduto in disgrazia e che adesso campa come investigatore privato sui generis, cioè sul filo della legge, forse un poco più al di là, che al di qua di questa. Valentino Mastro è un tipo piuttosto indisponente, facile alla parolaccia, consumatore di alcol – il suo preferito rum stagionato – e di coca, per cui sembra fregarsene delle paturnie figliali del Tatarelli, ma alla promessa e al pagamento sull’unghia di migliaia di euro, accetta di riaprire lui il caso. Naturalmente, com’è nel suo stile, a modo suo e grazie anche all’aiuto del Grandini, il quale gli deve molto, tanto da non potergli dire di no alle richieste di documenti top secret d’ufficio. Così, ecco Valentino Mastro entrare in possesso della copia del dossier riguardante il caso di 39 anni prima, seguito per altro, a suo tempo, da un investigatore di successo, ormai in pensione, e da un suo collega, nel frattempo morto ammazzato. Il dossier ha alcuni pezzi mancanti e l’indagine, emerge chiaramente dal fascicolo, è stata interrotta, per rifarci al titolo di un bel vecchio giallo del rimpianto Renato Olivieri. Il che non può che incuriosire ancora di più Valentino Mastro, pronto a tutto, soprattutto a vedere lo sporco che alligna nelle istituzioni – quelle che hanno fatte strame della sua professionalità, portandolo al licenziamento – e che fanno e disfanno, a seconda delle implicazioni da parte di uomini del potere, a scapito della verità e degli altri. Ma Valentino Mastro non guarda in faccia nessuno e va avanti.

Ben presto, però, verremo a sapere che la stessa indagine è stata affidata, da qualcun altro, diverso dal Tatarelli e non meno ricco di lui, a un altro investigatore, di stanza a Rovigo, Roberto Brassin, il quale ha messo in moto una sua avventurosa dipendente, Rachele, detta Rek, Furlan, intelligente quanto atletica e non meno pronta a tutto con ogni mezzo, come Mastro, che ben presto se la ritroverà sulla stessa strada. Ma Rek, ganza, invece di mettergli i bastoni tra le ruote e privilegiare le proprie indagini, propone all’uomo di lavorare insieme, senza però fargli intendere di volerlo usare per arrivare prima lei, e grazie alle doti di lui, alla soluzione. Così, per un lungo tratto saranno un coppia eccezionale, non senza che scoppi del tenero tra loro, e le cui indagini porteranno a cause lontano, con origini nella seconda guerra mondiale, alla Shoa, ai nazisti, alle “tante facce di Hitler nello specchio di Valentino Mastro”, come recita il sottotitolo di questo thriller di gran pregio, con risvolti che tirano il fiato fino all’ultima pagina.

Dopo di che non resta che aspettarne uno nuovo dalla coppia Vizzino&Pavanelli.