Così come lo scontro fra le grandi case distributrici in home video ha fatto prevalere l’uso del Blu-ray, così lo scontro fra le grandi autorità culturali del secondo secolo prima di Cristo - Biblioteca di Alessandria e Biblioteca di Pergamo - ha sancito il passaggio dal papiro alla pergamena. L’obiettivo è sempre quello: la conservazione dei dati, il più irrisolvibile dei problemi umani dalla nascita stessa dell’umanità.

Gli autori di narrativa fantastica di inizio Novecento sono stati tutti affascinati dal supporto di pergamena e molti grandi pseudobiblia sono stati concepiti come scritti su questa pelle d’animali (e non solo di animali a quattro zampe!) anche se va testimoniata l’imprecisa traduzione italiana di scroll (rotoli, quindi papiri) con “pergamena”. Un delizioso esempio ci viene dal 1937 quando, nel numero di agosto del celebre “Weird Tales”, appare The Terrible Parchment, tradotto come La pergamena maledetta nella celebre serie di antologie curate da Gianni Pilo Il meglio di Weird Tales (in questo caso nella numero 10, Fanucci 1987).

       

Inserendosi nel grande gioco degli pseudobiblia che i suoi colleghi stanno portando avanti proprio dalle pagine di “Weird Tales”, Wellman - che già due anni prima ha inventato il falso libro Il Diavolo in Gran Bretagna e in America sulle pagine di “Strange Tales” - nel suo racconto immagina che il protagonista sia un lettore di “Weird Tales” che fa uno strano ritrovamento nell’ultimo numero arrivatogli a casa: all’interno c’è una “pagina appiccicaticcia e bagnata”.

Manly Wade Wellman
Manly Wade Wellman
È una pagina del celeberrimo Necronomicon, che il protagonista conosce bene essendo un lettore della rivista, eppure non può fare a meno di evocare uno spirito in essa contenuto: la pergamena prenderà sempre più vita mettendo a rischio la vita dell’incauto lettore.

Dopo questa pergamena Wellman passerà ai più classici libri, scrivendo dal ’38 in poi le storie di alcuni indagatori dell’incubo, fra cui il giudice in pensione Hilary Pursuivant e il suo intrigante Vampiricon.

Lasciamo l’America e tuffiamoci nella vecchia Europa.

      

Una pergamena che potrebbe contenere una profezia della profetessa Ildegarda è protagonista de La pergamena maledetta (Pergamentum, 2009), dell’autrice tedesca Heike Koschyk: un giallo storico interamente ambientato in un convento del XII secolo, con protagonista un’altolocata (che si finge novizia) esperta in investigazioni: Elysa da Bergheim.

«La pergamena che stringeva fra le mani era evidentemente assai preziosa. Era molto piccola, non più grande del palmo di una mano. I margini erano sfilacciati, come se qualcuno l’avesse tirata con forza strappandola in due pezzi. Elysa la tastò con cautela passando le dita sulla cartapecora vellutata e leggermente annerita, la più sottile che si fosse mai trovata fra le mani. Quella pergamena doveva senz’altro contenere qualcosa di importante.» Invece risulta essere solamente un brandello di un testo più ampio, ritrovato sul cadavere di Adalberto, frate dell’abbazia di Zwiefalten deceduto nella biblioteca del convento in circostanze misteriose: «Su quale segreto stava indagando il monaco prima di perdere la vita?».

Insomma, il convento di Eibingen racchiude un qualche enigma molto pericoloso, che Elysa dovrà sciogliere.

Nella biblioteca del convento, oltre a testi religiosi e qualcosa di Cicerone, «La giovane trovò anche un manoscritto realizzato nel convento di Sant’Eucario a Treviri del primo libro del Periphyseon di Giovanni Scoto e una trasposizione metrica del Depressus usquequaque Omnis pondere noxae in cui ricorrevano parole greche scritte in parte in maiuscolo e in parte in minuscolo. Più in alto erano allineate le opere della beata Ildegarda: il Liber divinorum operum e il Liber vitae meritorum, come pure alcuni brani musicali e un’opera drammatica.» La Koschyk ha affermato di aver studiato le fonti e raccolto materiale per un anno, prima di scrivere il romanzo, quindi dobbiamo fidarci che i titoli citati potevano comparire in un convento tedesco dell’epoca.

Fra intrighi ed omicidi in perfetto stile “giallo al convento” si svolge un romanzo sicuramente poco interessato all’aspetto pseudobiblico della vicenda quanto più ai dettami del giallo classico.

      

Troviamo un’altra donna, anche se più giovane, protagonista del romanzo storico La pergamena dimenticata (Das Vergessene Pergament, 2006) di Philipp Vandenberg, edito in Italia da Il Punto d’Incontro nel 2008.

Nel nord Europa del 1400 Afra è una giovane figlia di bibliotecario che non riesce ad utilizzare le sue molte qualità: serve a poco saper scribacchiare se non sia né famiglia né lavoro. La ragazza porta con sé un’eredità paterna davvero particolare: un astuccio contenente una strana pergamena, «grigiastra, piegata in quattro e grande una spanna, con un odore insolito, seppure non sgradevole». Al di là dell’odore, la particolarità dell’oggetto è che... non c’è scritto nulla! Perché mai il padre di Afra conservava gelosamente una pergamena vuota?

Grazie all’aiuto di Ulrich von Ensingen, la protagonista incontrerà un alchimista che ha la soluzione: il contenuto della pergamena è celato con un tipo di inchiostro che si nega alla vita “normale”. Grazie al suo intervento, Afra finalmente riesce a leggere il contenuto della pergamena paterna: è la confessione di un certo Johannes Andreas Xenophilos, vissuto nell’870, che rivela di essere stato egli stesso a creare il Constitutum Constantini, quel documento di fondamentale importanza che è meglio noto come Donazione di Costantino.

Uno dei più celebri falsi della storia – un documento con cui Constantino donava tutto il potere temporale alla Chiesa, che l’ha riconosciuto ufficialmente falso solo in tempi recentissimi – denunciato da una pergamena che davvero diventa esplosiva. Non mancano quindi membri della solita setta che vogliono togliere di mezzo sia il testo incriminante che chiunque ne sia venuto in possesso.

Con il suo stile di largo (larghissimo!) respiro, Vandenberg ci guida in un Medioevo verissimo, attenendosi scrupolosamente a fonte storiche, di cui è meritevole di segnalazione la biblioteca dell’alchimista. «Sul dorso di alcuni libri erano riportati in inchiostro marrone autore e titolo dell’opera, nomi che sarebbero stati un enigma per qualsiasi cristiano: Corrado da Valleombrosa, Nicolaus Eymericus, Alexander Neckham, Giovanni di Rupescissa o Roberto da Chester. C’erano titoli in latino dal suono misterioso come De lapidis, De occultis operibus naturae, Tabula Salomonis o Thesaurus nigromantiae. Un titolo in volgare recitava: Esperimenti naturali ideati da re Salomone per conquistare l’amore di una nobile regina