La chiamano Guerra Fredda. Nel senso di sostanzialmente incruenta, giusto? Sbagliato. Nessuna guerra è mai incruenta, e certamente nessuna guerra è mai fredda. Il fronte più torrido? Ma il nostro, è chiaro: l’Italia, il Belpaese, eterno crocevia di intrighi e inganni, cospirazioni e complotti.

Luogo ameno dove uno dei più illustri e stimati padri della Repubblica è un agente «sotto copertura profonda» della Stasi, famoso e famigerato servizio segreto della Germania Est. Dove il capo di Stato maggiore prepara un brutale contro-golpe nel nome, nessun dubbio in merito, di pace/libertà/democrazia ecc. Dove un eclettico colonnello della sanguinaria dittatura argentina fa da consulente sul campo per le forze volte alla salvaguardia della «civiltà occidentale» (o qualsivoglia imitazione della medesima). Dove un patriottico alto ufficiale del Sismi agisce dall’ombra come un deus ex-machina dagli inferi. Al nucleo del vortice, il Dossier Ksenofont, fantomatico e letale, che può scatenare una potenza tellurica inimmaginabile, che non deve cadere nelle mani sbagliate. Al cuore del labirinto, il potere assoluto, oscuro oggetto del desiderio che fatalmente «logora chi non ce l’ha».

Ma quando dalle scatole cinesi si passa al teatro delle ombre, quando i cupi nemici del passato diventano gli ambigui alleati del presente, quando i convenienti assassini di ieri assurgono a immarcescibili dominatori di domani, ecco che il tessuto stesso del reale si distorce, si altera, si annienta. Il risultato finale? Un cinico Moloch della realtà mistificata. E della società demolita. Da un autore destinato a diventare di culto, un thriller che è un viaggio corrosivo e iconoclasta tra servizi premeditatamente deviati e politica cinicamente artefatta, tra terrorismo di maniera concepito a tavolino e menzogne metafisiche allestite alla fotocopiatrice.

Un thriller politico destinato a fare epoca. La nostra epoca, e non solo.”

Per chi non avesse riconosciuto l’inconfondibile stile, quelle sopra riportate sono parole di Sergio “Alan D.” Altieri, prese pari pari dal risvolto di copertina del nuovo romanzo di Piernicola Silvis, edito da Cairo: Gli anni nascosti.

Dopo aver affrontato la pedofilia con Un assassino qualunque (Premio Fedeli 2006) e la guerra tra Cosa Nostra e lo Stato con il semi autobiografico L’ultimo indizio, Silvis torna in libreria con una vicenda di spionaggio internazionale e di intrigo nazionale. E’ infatti ambientata in Italia, dal dopoguerra al 1992, e partendo da una suggestiva ipotesi propone una rilettura possibile di alcuni passaggi cruciali della nostra storia recente dagli inquietanti risvolti politici.

Che Silvis si muovesse a suo agio anche sul campo d’azione del thriller politico ce n’eravamo già accorti in uno dei suoi racconti, cioè L’ordine, scritto per l’antologia La legge dei figli (Meridiano Zero, 2007), poi riproposto in appendice ad un volume della collana di spy fiction Segretissimo (Mondadori, 2008). Non ci ha quindi sorpreso trovarlo impegnato in un’opera di lungo respiro di questo genere. 

Piernicola Silvis nasce a Foggia, nel 1954. Dopo la laurea in giurisprudenza, entra nella Polizia di Stato. Prende servizio nel 1982, a Vicenza, dove successivamente diventa capo della squadra mobile della questura. Nel 1993 si trasferisce prima a Verona e poi a Vasto, dove dirige il locale commissariato di pubblica sicurezza. Nel 2002 viene promosso primo dirigente. Come scrittore, esordisce per Fazi nel 2006, con Un assassino qualunque (il romanzo viene successivamente pubblicato anche in edicola, nella collana Il Giallo Mondadori Presenta). Seguono L’ultimo indizio (Fazi), Il conto (Cairo) e vari racconti.

Degli Anni nascosti torneremo a breve a parlare nelle nostre rubriche con un’intervista dedicata. Stay tuned!

Piernicola Silvis – Gli anni nascosti. Scrittori italiani, Cairo. Pag. 384. Euro 17,00.