Una delle diverse ragioni per cui Educazione siberiana vale la pena di essere letto è che si tratta di un esempio più unico che raro di letteratura in italiano scritta da un immigrato. Tutti i paesi europei hanno autori affermati che scrivono nella lingua d’adozione, arricchendola e personalizzandola, dandole un respiro più ampio di quello stabilito dai confini geografici. L’Italia no. Nicolai Lilin ha scritto un bel libro, a metà fra romanzo e biografia, memoriale e studio sociale, che racconta con delicatezza e tanta nostalgia un mondo che scompare e un’infanzia che finisce, significativamente, con la chiamata alle armi e la sottrazione dell’individuo alla sua sfera personale.
La conclusione del romanzo lascia in sospeso la storia e quasi rende necessario un altro libro, più meditato, più adulto, per raccontare ciò che è venuto dopo, come il giovane siberiano Nicolai “Kolima” è diventato uomo.
La citazione, nel sottotitolo, di Bunker e Saviano, non è casuale.
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