La mia passione per la Thailandia, la su cultura, la Muay Thai, il cibo (sì, vabbè anche le donne...) credo sia nota. Cinematograficamente parlando con l’amico Lucius abbiamo già affrontato una prima volta l’evoluzione del cinema thailandese che, negli ultimi anni ci ha regalato non solo nuove emozioni ma anche un modo di filmare le scene di combattimento senza troppi fili o artifizi informatici che, alla lunga, hanno impoverito la produzione di Hong Kong. Il mio primo film thailandese lo vidi al Far East Film Festival di Udine quasi dieci anni fa. Si trattava di Bang Nak, una storia rurale, di fantasmi e revenant, più romantica che spettacolare. Sinceramente non mi fece una grossa impressione. Doveva passare qualche tempo prima di vedere Ong Bak e restare senza fiato di fronte a una piccola rivoluzione marziale di cui, però, Lucius vi ha già informato con dovizia di particolari tempo fa. Nel frattempo ho cercato di documentarmi sulla storia del cinema thai che, a dirla tutta, data più di cento anni. Le prime produzioni sono infatti il 1897 anno in cui il sovrano Chulangachorn Rama V, affascinato dall’occidente introdusse la nuova arte dei fratelli Lumière. Lo sviluppo ebbe un primo apice negli anni 30 ma si può parlare di industria del cinema thilandese solo dagli anni 50 in avanti. In quest’epoca abbiamo già i primi divi trai quali Mitr Chaibancha protagonista di più di duecento lungometraggi. La marcia procede poi sino agli anni 60 con filoni popolari come la commedia sentimentale, il musical, il film d’avventura storico seguendo alla lontana la produzione americana e più da vicina quella indiana e di Hong Kong. Film certo ancora artigianali, rozzi nella tecnica narrativa quanto nelle trame edificanti. Pensare che la sincronizzazione avveniva in.. sala con il proiezionista che faceva suonare un disco con il sonoro mentre proiettava le pizze mute. Questa è la ragione per cui molti vcd (video digital disc, un formula economica ancora molto diffusa in tutto l’oriente)thai hanno ancora oggi per certi vecchi film due tracce separate. Un incubo!

Cominciavano però a farsi strada nuove idee e soprattutto un filone sorprendente che si legava a un identico serbatoio di storie prodotte in Giappone dalla Nikkatsu action. Noi ne abbiamo poche nozioni se non per la citazione di Takashi Mike in Sukyaky Western Django ma il western orientale è un vero universo a sé che risuona di epopee nostrane(l’influenza degli spaghetti western è innegabile), tradizioni marziali orientali e, sì anche di una certa dose di spavalda interpretazione di una realtà storica noi ignota. Nel 2001 uscì Le lacrime della Tigre nera film da alcuni osannato come un tripudio di kitsch e ingenuità ma in verità una acuta riflessione su una produzione sconosciuta in occidente. Cavalcate, capelloni, sparatorie si abbinano a momenti di melodramma e sfondi artificiali dai colori pastello. Da dove nasceva questa “stravaganza”? Il tentativo di fare il verso a Tarantino in salsa orientale? No, come ho avuto modo di scoprire con una piccola ricerca storica.

Per dirla tutta la Thailandia della fine dell’800 e dei primi del ‘900 presentava caratteristiche non del tutto dissimili a quelle dell’epopea del west. Transumanza del bestiame, uomini a cavallo, le stesse armi che infuocavano le pianure del selvaggio west. In più arti marziali, magia. Ho scoperto così l’esistenza di un prolificassimo filone di cowboys thailandesi che recentemente ha prodotto film meno formali di le lacrime della tigre nera ma altrettanto (se non di più) divertenti. L’uscita nelle videoteche italiane di Dynamite Warrior in versione doppiata permetterà a tutti di vedere di cosa si tratta. Una vicenda spettacolare, certamente dai toni surrealistici che mescola uno scenario da western con le risaie e la magia nera che,da sempre domina, praticamente tutti gli aspetti della vita Thai. Ma non si tratta dell’unico esempio. Assieme al filone storico mitologico(di cui Bang Rajan rappresenta forse uno dei migliori esempi ma ne parlerein seguito...) Goodman Town (2002), Siamese Outlaw (2003) e Bangkok Robbery (2003) disegnano un universo fatto di banditi, poliziotti, eroi di un mondo rurale arcaico e misterioso, spesso violento che merita di essere approfondito. Purtroppo i film che vi ho appena citato sono disponibili praticamente in tutta Europa tranne che in Italia in versioni doppiate o sottotitolate ma c’è da augurarsi che Dynamite Warrior faccia da battistrada, perché introduce tutto un universo e una mitologia che può sostituire quella legata alle arti marziali di Hong Kong che, recentemente,hanno prodotto solo di rado delle opere rimarchevoli.

Esce in Italia e pure al cinema La leggenda della spada... The Shadowless Sword che ho visto in originale sottotitolato francese. Difficile, al di là della confezione sontuosa, che lo spettatore medio riesca ad apprezzare in pieno questo wuxiapian coreano senza scambiarlo per una copia di Tigre e Dragone. in effetti occcorrerebbe una certa conoscenza della storia e delle arti marziali coreane(molto legate al buddhismo e al taoismoche consente flussi di energia e ricorso a pratiche magiche) per inquadrare bene una storia non banale arricchita da bei costumi e tecniche differenti da quelle cinesi. in particolare notate le spade che sono piuttosto diverse sia dalle tipiche katane nippon che dalle xia cinesi. la tecnica del colpo segreto è un po' come la palma vibrante, non si sa bene se esista. Personalmente nel fantasy storico coreano trovo che Musa-the warrior(arrivato solo in francia con il titolo la princesse du desert) fosse più realistico e duro. Però mi sono divertito.