Coincidenze: vedere un film, Il Divo, tornare a casa e aprire un libro lasciato sul comodino in attesa di essere letto, L’ultimo indizio di Piernicola Silvis, e, pur nell’assoluta diversità delle due storie, sentir riecheggiare, gli stessi nomi, visualizzare nel ricordo gli stessi tratti dei drammatici avvenimenti della nostra repubblica nei primi anni 90. In entrambe queste opere si respira (in modi diversi e con punti di vista diversi) l’aria di quella guerra criminale allo stato dichiarata da Cosa Nostra. Troppo il sangue versato, sangue di gente onesta: il generale Dalla Chiesa, Boris Giuliano, Rocco Chinnici, Beppe Montano, Ninni Cassarà, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino. Oltre ai nomi dei loro assassini, mandanti o pentiti, Totò Riina, Leonardo Messina, Giuseppe Madonia. Come una rete che ingabbia tutti quanti un grido di dolore: quello di Rosaria Schifani, vedova di uno dei poliziotti di scorta del giudice Falcone, che rimbomba nella cattedrale durante le esequie. Un grido che è stato capace di aprire una prima, essenziale breccia nel muro dell’omertà mafiosa …Io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio…

Coincidenze? Forse no. Forse sta maturando il momento (dopo quindici anni di inchieste della magistratura, di servizi giornalistici, e di scandalose polemiche che hanno intralciato il giusto passo della giustizia) di esporre la verità dei fatti della nostra repubblica con gli strumenti più fluidi dell’immagine, e della narrativa. Di rendere la verità un patrimonio culturale e non solo da faldone polveroso chiuso in un archivio.

Con L’ultimo indizio, Piernicola Silvis riesce a premere sull’acceleratore di questa verità, mettersi in corsia di sorpasso e uscire dalla coda un po’ affollata di tanta letteratura di genere. Si immerge nella verità nuda e cruda, da protagonista qual è, nella sua veste di capo della mobile vicentina, della vicenda che percorre le pagine di questo romanzo: l’arresto nel settembre 1992 di Giuseppe “Piddu” Madonia, numero due di Cosa Nostra. E’ stato proprio con l’ultima accelerazione di una vettura di servizio della polizia, con una botta di adrenalina esplosa nel cervello dei suoi occupanti, e con il rigore professionale con cui gli stessi personaggi riescono a trovarsi al posto giusto al momento giusto, che l’operazione della quale faceva parte il commissario Silvis si è potuta concludere brillantemente. Le indagini e gli appostamenti che porteranno all’arresto di Madonia fanno parte di una vicenda imprevista e rocambolesca al tempo stesso, caduta tra capo e collo al poliziotto Silvis al ritorno dalle ferie sulle spiagge del Gargano, scontornata dagli affetti e dai ricordi che lo legano ai colleghi, coinvolti tutti insieme come pedine essenziali di un’operazione che si confermerà come una svolta significativa alla lotta contro il crimine organizzato siciliano e ormai radicato sull’intero territorio nazionale.

Nessuna inutile dicitura: ogni riferimento a fatti avvenuti è puramente casuale. Tutti i personaggi rappresentati nel libro si riconoscono per i loro nomi e cognomi, veri protagonisti degli avvenimenti, della cronaca, dei giornali, delle istituzioni, dei servizi televisivi, partecipi di una lotta contro il tempo per riuscire a non perdere le tracce di un latitante esperto capace di scivolare via come un anguilla ai primissimi segnali di pericolo e scomparire in tutta fretta.

La lettura è scorrevole, anche perché il racconto non è da distaccata cronaca giornalistica, o stilata con il calibro freddo del verbale di servizio, ma con la scioltezza e il calore del romanzo che si divora senza staccare gli occhi dalla pagina. Dalla prima all’ultima. E come i romanzi che si rispettano, l’evento criminale si intreccia con l’introspezione del suo protagonista, dell’io narrante e della sua vita privata, a tratti inventata, a tratti reale pure quella. E’ possibile farsi coinvolgere anche in rapidi spostamenti di scena, tra i luoghi dell’operazione lungo le strade della provincia di Vicenza, con gli uffici romani dove un Antonio Manganelli oggi capo della polizia, coordina al telefono l’intera operazione tenendosi lontano dai clamori dei flash, fino alle tensioni famigliari, all’usurato rapporto con la moglie, all’amore per la figlia in tenera età, o al grande affetto fraterno per l’amica giornalista in cerca di scoop per salvarsi dai dolori della vita.

Risultato finale: un buon equilibrio dal sapore cinematografico che permette oggi di riconoscere un autentico salto di qualità nella narrativa nostrana.