Il bello incompiuto…

Ogni volta che mi accosto a Giorgio Faletti mi prende un certo sgomento, dico la verità. La paura di trovare qualcosa di bello e di incompiuto allo stesso tempo. Così è stato per (quasi tutte) le opere passate, così è per Pochi inutili nascondigli, Baldini Castoldi Dalai 2008.

Una gomma e una matita, il fare (creare) e il disfare, una metafora sugli “scherzi” della vita (ti amo ma non mi ami, ti voglio ma non mi vuoi), un morto che c’è e che non c’è (sparisce), io ti creo ma poi ti scancello, con il commissario Valente che non si raccapezza del guazzabuglio in cui è cascato.

E poi vita di paese, amici, battute, chiacchiere da bar, la bellezza, l’amore sconfinato che non si dà pace di fronte alla morte, il quotidiano che si mischia con il fantastico.

E ancora l’esistenza grigia e monotona di un professore, l’odio verso tutti, verso il mondo intero. Il miraggio di una rinascita, di un nuovo senso alla vita (ragazza con il cappotto rosso), la fine del sogno.

Oppure la natura che si ribella alla cupidigia e alla stoltezza dell’uomo, il mostro marino vendicatore, la storia di una piccola prostituta desiderosa di tenerezza.

Sparizioni, apparizioni, ciò che si vede e non si vede, il mistero della vita e della conoscenza, l’istinto torbido, la passione, l’improvvisa trasformazione (perché non hai capito chi ero veramente?). E in tutti i racconti l’amore, la voglia d’amore, le pene d’amore, il dolore d’amore, la gioia dell’amore.

Realtà e irrealtà, quotidiano e fantastico (ripeto) si mischiano e si compenetrano in questi racconti del nostro Faletti. Compito duro, difficile (uno dei più difficili della letteratura) dove il baratro del costruito, della forzatura è sempre in agguato insieme alla bellezza dell’idea che non si concretizza appieno nella scrittura. Più sicuro il Nostro nell’affrontare la prima (realtà) con tocchi di genuino umorismo, di spigliatezza e leggerezza ma anche di vis critica. Meno convincente alle prese con la seconda (il fantastico) e le atmosfere di dubbio, incertezza, inquietudine, angoscia tipiche di questo genere di narrativa (non mancano le solite frasette in corsivo…).

Qualcuno in internet ha scritto che Faletti si muove sulla scia di Poe, Lovecraft e King. Ecco, si muove ma rimane ad una certa distanza. E la distanza giudicatela voi.