Ci sono libri per tutti e libri per tutti ma, particolarmente, per alcuni. Per il grosso pubblico dei lettori e per gli scrittori o pseudoscrittori che si credono scrittori. Storie di politica sospetta di Manuel Vázquez Montalbán, Feltrinelli 2008, è un libro che rientra in quest’ultima categoria. E’ bello da leggere e si impara a scrivere. E se non si impara a scrivere allora è meglio limitarsi a leggere e non buttar giù storie che non sanno di nulla.

Qui le storie sono tre: Federico III di Castiglia e Leon, La guerra civile non è finita e Quel 23 febbraio, pubblicate per la prima volta nel 1987.

Partiamo dalla prima: c’è un tizio, un vecchio per la precisione, che si fa chiamare Federico III di Castiglia e León e distribuisce cariche a destra e a manca. Ad un certo punto sparisce rapito da una banda fascista che vuole rovesciare le sorti della monarchia. Carvalho si mette in moto per ricercarlo e si becca pure un sacco di legnate…

Continuiamo con la seconda: Don Gonzalo è uno dei tanti vecchietti che vive nel ricovero delle Sorelline dei Poveri. Un tipo un po’ particolare, burbero e “blasfemo”, secondo il parere di suor Lucia, che ce l’ha anche con il Papa. Viene trovato morto soffocato sotto il cuscino. Disgrazia o omicidio? Chi può avercela con lui? E poi c’è un pezzetto di carta con la scritta “Ci vedremo a Praga”. Che c’entra con il morto?

E finiamo con la terza: una bella ragazza si presenta da Carvalho. Suo nonno è morto. Di attacco cardiaco secondo il medico. Ma lei non ne è convinta. Sospetta di sua zia e suo padre (in netta crisi finanziaria) che erediteranno una bella sommetta. E non ha mica tutti i torti…

Storie di vecchi, dunque. Che “eccitano” il nostro detective forse per “Solidarietà preventiva o di una premonizione di stato”. Pepe Carvalho lo vediamo intento a gustarsi la “nouvelle cousine” in compagnia dell’amministratore Fuster e del prostituto Charo ”lumache con besciamella alla menta e chicchi di melagrana, il tutto passato al gratin, e come secondo, una spallina di capretto con acquavite alle erbe”. Quello della cucina è un aspetto peculiare e risaputo del noto investigatore spagnolo. Lo ritroviamo anche in seguito con l’aiuto del tuttofare-cuoco Biscuter. Mangia bene, beve bene e fuma sigari Cerdàn. Tipo tranquillo (apolitico dice lui) ma quando c’è da correre e darsi da fare, anche con l’astuzia e l’imbroglio, non si tira indietro. E se c’è da menar le mani lo fa pure “Carvalho assestò un pugno nel fegato dell’uomo e un altro nelle reni della donna”. Così imparano.

Stile asciutto, concreto, venato di una sottile ironia e autoironia, brevi macchiette che restano impresse come la padrona della pensione e la donna delle pulizie del primo racconto, o i fratelli Alvarez del trerzo. Storia, politica e aspetti individuali che si mescolano senza alcuno sforzo apparente, in maniera semplice e naturale. Trame ben congegnate. Ogni tanto un ritorno ai classici (e il nostro Manuel è un classico) fa sempre bene. Meditate scrittori, meditate…