Considerato come remake di 1975: Occhi bianchi sul pianeta terra diretto da Boris Sagal nel 1971, anche l’Io sono leggenda di oggi, diretto da Francis Lawrence, ha alle origini il libro omonimo di Richard Matheson che era già servito da base per un’altra trasposizione (a dire il vero la migliore…), cioè L’ultimo uomo sulla terra di Ubaldo Ragona risalente al 1963, girato in B/N all’Eur e con Vincent Price nei panni di Neville indossati oggi da Will Smith, scienziato militare, palestratissimo, una cane per amico, e una quasi totale frustrazione per non riuscire a trovare un antidoto capace di ricondurre la popolazione mondiale a qualcosa di più di uno stato subumano nella quale è stata gettata da un vaccino che in origine si proponeva di sconfiggere il cancro (vedi la dichiarazione di Emma Thompson in apertura). Chiariamo: Will Smith è bravo, nulla da eccepire (basta guardare come tiene il primo piano mentre fuoricampo sta compiendo un’azione che non avrebbe mai voluto compiere…), mentre come capita spesso in questi casi è il contorno che alla lunga non convince. Pare di poter dire che Io sono leggenda si consegna alla vista come uno strano ibrido che fatica a convincere in pieno: pur essendo molto più introspettivo rispetto a quanto normalmente è disposto a concedere un blockbuster (pensate se l’avesse diretto, com’era nelle intenzioni, Michael Bay…), al contempo sembra seriamente intenzionato a scrollarsi di dosso questa sua introspezione. Ma l’errore fatale, quello che nessuno credo sia disposto a perdonargli, sapete qual è? È che per dar vita alla tribù di vampiri che nottetempo fuoriesce in cerca dell’ultimo uomo sulla terra si è scelto il digitale. I diafani, esangui, glabri vampiri fanno letteralmente cadere le braccia…