Un balzo all’indietro di quasi tre decenni, ed ecco recuperato Lupin III - Il castello di Cagliostro, il primo “lungo” di Hayao Miyazaki, un nome che fattosi strada a colpi di capolavori (da La città incantata a Il castello errante di Howl) oramai non ha più bisogno di presentazioni.

Stavolta Lupin, accompagnato dai “soliti” Jigen (l’infallibile pistolero con l’inseparabile mozzicone di sigaretta che pende dalle labbra) e Ishikawa (il samurai), nonché braccato come al solito dall’ispettore Zenigata (ma il film vedrà anche un’alleanza strategica tra i due per cause di forza maggiore…), si trova alle prese con il malvagio Conte di Cagliostro, abile falsario ma anche intenzionato, grazie al matrimonio con una dolce fanciulla, ad unire, grazie a due anelli dai poteri magici, la luce con l’ombra.

Il tema appena citato, così come quello della fanciulla prigioniera del castello (la cui liberazione consente a Lupin di esprimere tutto il suo repertorio che mescola astuzia, agilità da Spider Man, travestimenti, ma soprattutto una inesauribile fiducia nelle proprie capacità…) conferiscono alla storia quel sottofondo simbolico che la impreziosisce di parecchio.