Lucia Dove

Diffido delle fascette pubblicitarie che esaltano il libro o il/la protagonista principale del libro stesso. Come nel caso di Cattivo sangue di Sandra Scoppettone, edizioni e/o 2006, che recita “In mezzo a tante superdonne detective una ventata d’aria nuova”. E allora respiriamo questa ventata nuova mi sono detto con una punta di scetticismo, accingendomi a leggere la nuova storia di una autrice già famosa per avere dato vita alla detective lesbica Lauren Laurano. E vediamo che cosa riesce a combinare questa Lucia Dove che pare avere tutti i requisiti di una donna “normale”.

Contenuto: siamo in una meravigliosa giornata di settembre a Jefferson in Virginia. Julie Boyer, studentessa di una scuola superiore, sparisce. Non si trova. Chi deve trovarla è Lucia Dove, sceriffo, aiutata dal tenente Jack Fincham (fra loro una bella simpatia che sfocerà in amore). In seguito si aggiungerà anche, mal sopportato, l’ex marito della nostra poliziotta Mike Mc Quigg. Qualche scarna notizia. La ragazzina, brava a scuola e irreprensibile nel comportamento ha un ragazzo Buster Clark il cui comportamento proprio irreprensibile non è. Anzi, è stato addirittura sospeso dalla scuola. Dall’esame del computer di Julie si viene a sapere che ha scambiato un sacco di mail con un certo Lyle Taylor che fa il giardiniere. Viene trovata uccisa strangolata vicina ad un torrente e vengono trovati sia Taylor che Clark. I due probabili assassini. O meglio uno dei due. La trama si complica un poco con l’uccisione della moglie (alcolizzata) di Fincham e di altre due ragazze. Fincham è sospettato, accusato, arrestato e rilasciato. Chi è l’artefice di tutti questi delitti? Ma è davvero uno solo come pensa Lucia?

E ora passiamo a Lucia Dove: età quarantatre anni, capelli ricci e biondi, naso un po’ piccolo (secondo lei).

Sandra Scoppettone
Sandra Scoppettone
Trucco delicato, rossetto rosa chiaro e pennellatine di fard. Veloce. Si cambia in cinque minuti. Prima di uscire il caffè. Camera da letto “femminile in tutto e per tutto, ma senza fronzoli”. Colori dominanti il bianco e il rosa. Sposata con Mike Mc Quigg che lavora nell’F.B.I. e, divorziata (ti pareva). Una figlia Clare avuta da una relazione fugace notturna con Vic Tierney dopo due anni dal divorzio. Trovata morta da un poliziotto in fondo ad un pozzo. Aveva otto anni. Per due anni in terapia. Odia la tecnologia. Laurea presa all’Elizabeth Washington una Università poco prestigiosa se, parlando della sua amica Kay bocciata in tutte le materie, era stata ammessa solo in quella scuola “Il che la diceva lunga sull’Elisabeth Washington”. Da piccola cocca di papà Roy Dove, che lavorava nel ramo dei combustibili, rispetto agli altri due fratellini. Conie, la madre, “era una donna colta e apprezzava cose che a suo marito non interessavano”. Come dire che di feeling fra i genitori manco pe gnente. Il nome Lucia? Dall’opera Lucia di Lammermoor. E questo fatto le ha procurato qualche fastidio perché “la gente pronunciava male il suo nome”. Attratta da Fincham, dalla sua bocca, dal suo modo di vestirsi. Per lei uno “strafigo”. Fincham, a sua volta, che ha una vita matrimoniale disgraziata (non se ne salva uno), ricambia l’interesse (anzi è proprio innamorato) e la chiama cameratescamente Arizona. Questa storia tra lei e Fincham si allunga a dismisura per tutto il libro con momenti più o meno espliciti “Le venne voglia di allungare una mano e toccare quella di lui, di accarezzarla. Ma non poteva. Continuarono a guardarsi, incapaci di staccare gli occhi l’uno dall’altra”; oppure “In macchina Lucia avvertì benissimo la tensione. La tensione erotica. Non osava guardare Fincham e con la coda dell’occhio vide che lui guardava dritto davanti a sé”; e ancora “Fincham e Dove non si mossero né dissero una parola. Poi lei si alzò e infilò la poltroncina sotto la scrivania. I loro sguardi si incrociarono, restarono avvinti e lei si sentì scossa da un lievissimo tremore”; “Continuarono a fissarsi e lei si sentì stringere lo stomaco dall’emozione. Allora abbassò lo sguardo”; “Lei lanciò un’occhiata a Fincham; Jack sembrava sul punto di esplodere e Dove si augurò che riuscisse a trattenersi”. E potrei continuare ancora  con palpitazioni e dubbi fino a quando “Jack era sopra di lei” (finalmente! Non se ne poteva più…) con quel che segue. I curiosi ne sono resi edotti a pagina centosettantacinque. E nella pagina successiva  lo scontato paragone “Non le era mai piaciuto il modo di baciare di Mike e facendo l’amore con lui non aveva mai provato lo stesso piacere che aveva provato con Jack”.

Pure dal pensiero dello stesso Mike si conosce qualcosa sulla personalità della nostra detective lady “Non gli era mai stata simpatica. Troppo indipendente”. E anche troia (pardon) perché si era fatta mettere incinta solo per avere un figlio. Un giudizio di Hutt, poliziotto di colore “Lucia Dove era una gran donna pensava Gill Hutt, e non solo perché l’aveva promosso. Hutt era intimamente convinto che non avesse davvero pregiudizi. In più era una persona leale e tosta. Ma certe volte proprio non ci arrivava”.

Spesso Lucia ripensa al passato, agli anni in cui frequentava le superiori, ai “casini” che aveva combinato. Si era fidanzata con Tom Foley, un tipetto poco raccomandabile secondo i suoi genitori con giubbotto di pelle e la moto Harley. Amante del vecchio cinema. Citati, tra gli altri, “Tragico destino” e “il romanzo di Mildred” con Joan Crawford, una delle sue dive preferite. “Quella dei film d’epoca era una delle pochissime cose che avevano avuto in comune”. Riferito, naturalmente, all’ex marito. Molto occupata dal lavoro non si ricorda nemmeno da quanto tempo non esce con le sue amiche. Mangia spesso panini (hamburger con funghi trifolati) e beve birra. Per farsi capire spesso basta lo sguardo “fulminante” degli occhi. Secondo Fincham ha un istinto infallibile nel valutare una persona. Per riflettere meglio si mette seduta a letto, perché sdraiata non riesce a pensare bene. Non porta rancore e detesta doversi recare alla polizia di stato dove tutti “Si davano certe arie che sembravano la guardia a cavallo canadese”.

Una ventata di aria nuova? Diciamo una ventata.

Nan ViningAppassionata di fotografia, per essere più precisi di un certo tipo di fotografia piuttosto macabra: cadaveri, bare, cimiteri, case abbandonate e via dicendo. 

Passiamo ad un’altra detective lady. Più precisamente a Nan Vining che si può trovare in Un gioco crudele di Dianne Emley, Piemme editore 2007. Liberiamoci subito del contenuto “A un anno di distanza, l’agente Vining riprende servizio al Dipartimento di polizia di Pasadena, e subito è chiamata ad indagare sull’omicidio di una collega. Il corpo della donna, scomparsa due settimane prima, viene ritrovato sotto un ponte: nudo,coperto di lividi, sgozzato.

Nan è turbata dalle somiglianze con il proprio caso (l’agguato, il taglio alla gola), ma soprattutto dalle visioni che non cessano di tormentarla: gli occhi del cadavere la seguono, la sua bocca le sussurra strane frasi che sembrano indizi. Forse è il segno che la detective sta soccombendo ai suoi incubi. O forse è il manifestarsi di nuove percezioni che farebbe meglio a seguire, non solo per risolvere l’indagine ma anche per sconfiggere le proprie ossessioni e riprendere in mano la propria vita”. Aggiungo solo la storia parallela del mostro (ma mostro mostro) John Lesley e della fragile Pussycat.

Vediamo da vicino questa Nan Vining. Rispondo subito alla vostra muta domanda. Sì, anche lei è divorziata (ex marito Wes) e vive con la figlia Emily in età adolescenziale. Trentaquattro anni ha ancora la mamma, la sorella Stephanie e la nonna. Una mamma sprint con quattro matrimoni alle spalle ed in cerca del quinto attraverso le chat line. Suo  motto “Una donna ha bisogno di un uomo come un pesce ha bisogno di una bicicletta”. La figlia appassionata di fotografia, per essere più precisi di un certo tipo di fotografia piuttosto macabra: cadaveri, bare, cimiteri, case abbandonate e via dicendo. Intelligente, brava a scuola e di buon cuore.

Presta servizio nella polizia di Pasadena da dodici anni e da tre nel reparto della Omicidi. Dopo l’aggressione subita, durante la quale è rimasta in coma per tre giorni, si prende un anno di riposo. Ha una cicatrice sul collo ed una, più piccola, sul dorso della mano destra. Soprannominata “Edera velenosa” e “Sparalesta”. Il che è tutto dire. Piuttosto alta e magra se, ricordando di quando aveva l’età di sua figlia, “doveva ingobbirsi per compensare la sua altezza”. Denti bianchi un po’ sporgenti che presentano una piccola fessura tra i due incisivi. Un sorriso sexy secondo il parere dei maschietti. Rosalie, una collega la trova bellissima. Ama il suo lavoro e la famiglia. Nel suo ufficio si circonda di fotografie di tutti i suoi componenti e perfino di disegni dei nipoti. Suo capo il sergente Kendra Early, una afroamericana di quaranta anni, più bassa di lei, senza trucco con le occhiaie scure, capelli corti e ricci con l’abitudine di sfregarsi gli occhi. Dopo l’incidente Nan cerca di apparire energica e combattiva per riprendere il suo posto. Soffre di attacchi di panico soprattutto quando deve entrare nelle case degli altri. Viene giudicata ambiziosa con la tendenza a non rispettare le procedure. Praticamente “un cane sciolto”. Tra i suoi nemici più accaniti le donne. Breve relazione con Sim Kissick, collega di lavoro, troncata da lei stessa nel momento in cui le dice che la ama. Troppa responsabilità. Però si sente ancora attratta “Non aveva dimenticato cosa volesse dire stare fra le sue braccia”. Prima di lui era uscita con qualcuno, dopo di lui con nessuno. Testarda e tenace nel voler ritornare al suo vecchio lavoro. Durante il colloquio con il superiore Kendra, che non vorrebbe assegnarle il caso, ribatte con forza alle sue argomentazioni e la fissa sfidandola a contraddirla.

Dianne Emley
Dianne Emley
Comunque è cambiata “Era un approccio diverso da quello della vecchia Nan: prima sarebbe stata decisamente più polemica. Mai indietreggiare, mai lasciar capire che te la facevi sotto. Era una delle tattiche per cercare di essere dura come gli uomini. Per far vedere di che cosa era capace. Chi è il più maschio? Lei era Sparalesta, L’Edera Velenosa, che si abbarbicava senza mai mollare la presa. Prova a grattarti e peggiorerai solo le cose. Prima. Adesso non avrebbe fatto una piega. Era come se si fosse infilata nella propria pelle e avesse scoperto di essere della propria misura. Una taglia perfetta”. Legge poco, le pesa la mancanza di un corso di studi regolare anche se ritiene di possedere “la saggezza della strada”. Ha i suoi bei pregiudizi (o giudizi) sugli abitanti del quartiere di San Rafael. Soprattutto sulle donne che “Passavano le giornate a sgambettare in palestra o a fare shopping, spettegolando, programmando le vacanze in località raffinate e usufruendo dei servizi di personale esotico: estetisti, erboristi, agopunturisti e istruttori di Pilates”. Pregiudizio consolidato nel tempo la cui colpa è da assegnarsi alla moglie del suo ex marito Kaitlyn che “ostentava quello snobismo tipico di chi è passato dalla lotta per la sopravvivenza all’alta società grazie a una fede nuziale”. Inoltre durante gli anni in polizia “…aveva imparato che i ricchi di ogni età, e specialmente le donne, sapevano essere spesso spietati quanto le gang giovanili”. Non cinica in senso assoluto ma sulla buona strada per diventarlo. Il “trasporto” per Kissick, già sottolineato, ogni tanto la prende “Lei sentì il sangue che gli pulsava sotto la pelle. Era passato molto tempo da quando avevano condiviso anche queste piccole intimità. Voleva di più. Desiderava di più. Voleva lui. Intrecciò le dita alle sue….Si baciarono”. Ma non va oltre. Per la figlia“Immaginò lo sguardo stupefatto di Emily nel vederla rincasare a notte fonda”. Per gli amanti delle armi porta una Walther calibro 32 nella fondina della caviglia e una Glock (mi ricorda Petra Delicado) calibro 40 in quella ascellare. Ogni tanto ha il dubbio se farsi vedere da un buon terapeuta o un buon psicologo. In continuo conflitto con se stessa “Perché doveva essere sempre così dura? Perché non riusciva a rilassarsi? Se non avesse fatto gli straordinari quel famoso giorno, il cattivo non l’avrebbe aggredita e lei non avrebbe dovuto intraprendere quel bizzarro percorso in cui i cadaveri le parlavano e le case sconosciute la riportavano a uno stato infantile”.  Sempre in ansia per la figlia. Il pasto migliore “Nan prese il ketchup e ci condì la carne e le patatine. Poi impilò lattuga, pomodoro, sottaceti e un grande anello di cipolla sulla metà del panino con carne, ci mise sopra la metà vuota, strinse forte e addentò”. Non fate quella faccia. Ognuno mangia come gli pare. Di fronte al mostro Lesley trema dalla testa ai piedi e vuole la sua morte. Avverte il momento clou che sta per arrivare “…come una brezza che le passava accanto, lasciando un segno sui capelli e sulla pelle”. Ribelle quando il suo capo Kendra Early è indecisa sul da farsi “Mentre siamo qui a cercare di capire come aggirare un giudice troppo attento alla privacy dei criminali e alcuni pezzi grossi del nostro dipartimento con manie di grandezza, due donne sono tenute prigioniere, magari torturate e uccise, e a nessuno importa niente”. Prima di tutto la vita delle persone. Non esita un attimo a scambiare un ostaggio con lei stessa. Dopotutto questo è il suo mestiere. Bella tosta.

Spazio libero

                  Satiretta n°4

Come scovare e smascherare lo scrittore di gialli

“Uno spettro si aggira per le librerie: il Giallo. In tutte le sue diaboliche forme. Dal mystery al noir, dal thriller all’horror, dallo storico all’esoterico e chi più ne ha più ne metta. Pile su pile di tenebrose copertine e titoli agghiaccianti si alzano minacciose verso l’incauto lettore che si avventura tra le grinfie del nuovo Moloch della moda a cui si sacrifica tutto:il necessario e l’inutile, l’intelligente e lo stupido, il bello e il brutto. Con la scusa che trattasi di un moderno mezzo di interpretazione della realtà il Giallo è divenuto un contenitore in cui si possono infilare tranquillamente le elucubrazioni più strampalate, le scene più vomitevoli, lo stile più ampolloso e involuto. E’ una replica continua, una zolfa che si ripete all’infinito. Ormai il grido di battaglia di scrittori e editori è Giallo, sempre Giallo, fortissimamente Giallo. Anche dei più infimi (sia editori che scrittori).”

Ecco l’inizio di un mio articolo di qualche tempo fa in cui mettevo in luce uno dei fenomeni più sciagurati del nostro tempo: la proliferazione infinita del giallo con conseguenze incalcolabili per la salute mentale della popolazione, soprattutto di quella dei giovani. E così è stato. E così sarà se non si mette fine a questa assurda tragedia umana. Per cercare di evitarla ogni mezzo è buono, ogni mezzo è lecito. Se il giallo nasce dalla mente contorta di certe persone, maschi o femmine che siano, allora occorre estirpare la mala pianta dalle radici. Fuor di metafora. Li facciamo fuori. Ma prima occorre scovarli, riconoscerli, smascherarli.

Per chi ha già scritto qualche libro o qualche racconto è facile. Hanno segnato il loro destino sulle copertine delle loro schifezze. Non possono scappare. Per gli altri, per tutti coloro colpiti dal virus del giallo ancora in incubazione, la faccenda si fa più complicata ma possono venire in soccorso alcuni sintomi che si accompagnano alla funesta malattia. Facile scoprire chi è stato colpito dal virus del Tuttologo. Di quello che sa tutto e scrive di tutto (già satireggiato in questa rubrica). All’interno di un racconto o di un romanzo (futuro) poliziesco. Faccia rotonda, rubizza, occhietti spiritati, petto in fuori, scilinguagnolo sciolto, e parla e parla e parla di tutto e di più. Occorre fermarlo prima che scriva, scriva e scriva. Se poi disgraziatamente fosse uno che si sarebbe limitato a parlare, pazienza. Meglio un innocente morto che un giallista (soprattutto Tuttologo) vivo. Per tutti gli altri occorre  un occhio ed un orecchio assai vigile e attento.

Attento ai tic nervosi, ai sorrisetti furbetti, allo sguardo sospettoso, a certi atteggiamenti di innata superiorità, a certe espressioni come elementare Watson, ho una certa idea (gialla) che mi passa per la testa, ora te la invento io una storia mozzafiato, Agatha Christie mi fa un baffo, ma chi crede di essere Simenon?, glielo faccio vedere io a di Scerbanenco, se ce l’ha fatta quel bischero di Faletti, con un po’ di buco di culo come quello di Dan Brown, non sarò Ellroy, però…, la Cornwell mi lega le scarpe, oddio che ci vorrà a scrivere come Lucarelli! E così via.

Qualcuno potrebbe obiettare che la cosa non è per niente fattibile. Oggi tutti, proprio tutti, scrivono gialli. Dal farmacista al becchino, dall’avvocato al muratore, dal poeta al giornalista, dal filologo al venditore di tappeti persiani, dallo scacchista (ne conosco bene uno) al domatore di tigri albine. O meglio, forse è più fattibile del previsto. Basta ammazzarli tutti. Bene, ammazziamoli tutti. Compreso lo scacchista che conosco.

Il problema è che chi rimane con ogni probabilità è anche lui/lei uno/a scrittore/trice di gialli. Preghiamo per il suicidio.

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it