Due uomini, uno italiano l’altro tunisino. Un peschereccio. L’ombra del terrorismo di matrice islamica. I pregiudizi (di qualsiasi matrice). Quattro ingredienti soltanto ma più che sufficienti per far sì che tra i due uomini, colpa di una notizia di cronaca giunta via radio, si sviluppi un crescendo di sospetti destinato a sfociare in tragedia. Io, l’altro (ma anche “Noi, gli altri”…) dello scrittore regista tunisino Mohsen Melliti, è un apologo dichiarato sui tempi che ci è dato di vivere, spesso crudeli, altrettanto spesso indecifrabili, soprattutto quando ci si chiede come fare a discriminare l’amico dal nemico. Fedele alle tre unità aristoteliche (luogo, tempo, azione), il film raccoglie quasi per intero quel che semina, in particolare per come riesce a tener dietro al sospetto montante incarnandolo nel pescatore siciliano cui Raoul Bova, per una volta all’altezza della situazione, riesce a dare i toni e le espressioni giuste. Manca qualcosa, non tanto ma qualcosa, a livello di regia e di montaggio. Una cinepresa più mobile (qualche visuale anomala…) e un ritmo più conciso, soprattutto nella seconda parte, avrebbero dato qualcosa in più al film che comunque rimane più che dignitoso.