Sono uomini – e una donna – induriti da anni di battaglie nel mondo editoriale. Scrittori con molti momenti di gloria e nessuna medaglia. Molti di loro sono stati costretti a operare sotto una o più false identità Alcuni – Claudia Salvatori, Sergio “Alan” D. Altieri – hanno segnato profondamente fin dagli anni Ottanta la letteratura di genere italiana. Altri, come Stefano Di Marino e Andrea Carlo Cappi, sono tra gli scrittori di azione, avventura e thriller più attivi del mondo. Ma quando si legge di “giallo italiano” sui giornali, ufficialmente non esistono.

E invece esistono eccome, e i quattro sono apparsi alla Biblioteca di Alessandria, in rappresentanza di altri loro colleghi con percorsi simili, affiancati da Danilo Arona e Mauro Smocovich. Era il 10 maggio 2007, proprio mentre a Torino cominciava l'annuale Fiera del Libro,

Negli anni Novanta, raccontano, il giallo italiano cominciava finalmente a emergere, liberandosi dei pregiudizi di molti editori. Negli anni Duemila è finalmente accettato... ma solo in apparenza. “Ci sono scrittori di genere che vengono accolti 'nel salotto buono'” dice Claudia Salvatori. “Altri no. Noi siamo quelli del 'salotto cattivo'.” Replica Andrea Carlo Cappi: “Il giallo italiano ora viene ammesso, ma solo se ha determinate caratteristiche: deve raccontare di un commissario o maresciallo, meglio se di provincia, che ama la buona tavola e soffre un po' di ulcera; deve essere un po' di sinistra, perché è di moda, ma non troppo, per non disturbare: e deve indagare su casi molto quotidiani. Se fai il bravo, parlano di te come un vero scrittore e ti fanno pure la fiction. A noi autori di avventure post-salgariane questo non è concesso.”

Interviene Stefano Di Marino: “Certi editori sono così convinti che il giallo italiano debba essere fatto in questo modo, che uno di essi ha rifiutato un episodio della serie che pubblico da dodici anni perché era ambientato a Milano, anziché nei miei soliti scenari esotici. Per lui il giallo in Italia non dev'essere altro che una storia minimalista di pacifici commissari di quartiere che indagano sulla morte delle vecchiette. Quello che scrivo io può capitare solo a Hong Kong. Il romanzo è Gangland, uscito ora da “Segretissimo” Mondadori, E negli stessi giorni a Milano c'è stata una letale sparatoria nel quartiere cinese. Proprio come in quello che scrivo io.”

Sergio Altieri, alias “Alan D.” come fu ribattezzato venticinque anni fa per motivi di grafica di copertina, dopo avere lavorato a lungo come sceneggiatore a Hollywood è ora il responsabile di varie collane storiche di Mondadori, tra cui “Il Giallo” e “Segretissimo”.

E spara a zero sui prodotti americani. “Ormai il thriller negli USA si sta arenando su tre tematiche di base: 1) Sono un individuo molto traumatizzato perché quando ero piccolo la zia cattiva mi ha buttato i pesci rossi nel cesso e per questo sono diventato un serial killer; 2) sono un'anatomopatologa frustrata perché mio marito mi ha lasciato e do la caccia a quello a cui la zia ha buttato i pesci rossi nel cesso, scoprendo alla fine che il serial killer è proprio il mio ex; 3) i gialli con gli animali: il gattino investigatore, il pappagallo detective, il criceto killer... Certi autori italiani, oggi, sono molto superiori ai loro colleghi statunitensi.”

Anche perché alzano il tiro. Spesso pubblicano in una collana da edicola (e pertanto considerata di serie B) come “Segretissimo”, ma bisogna vedere che cosa pubblicano. Claudia Salvatori vi ha appena firmato Walkiria Nera-La genesi del male, un romanzo molto vicino a La caduta degli Dei che racconta gli allucinanti retroscena dell'ascesa al potere di Hitler; è probabilmente la prima volta che su “Segretissimo” appare un romanzo di una scrittrice italiana, per sua fortuna affrancata dall'obbligo dello pseudonimo straniero [n.d.c. in realtà Carmen Iarrera ha già scritto per Segretissimo col suo vero nome]. Non è questo il destino di Stephen Gunn (Stefano Di Marino, autore della saga di Il Professionista, che viene riproposta in libreria da TEA) e François Torrent (Andrea Carlo Cappi autore della serie Nightshade, che ora viene ripubblicata da Alacrán con la sua vera identità), costretti allo pseudonimo esterofilo – da cui la definizione di “Legione straniera” – malgrado avessero già una certa notorietà con il proprio nome. Il primo, all'inizio del 2001, riuscì persino a prevedere un grave attentato di Al Qaeda contro l'Occidente entro l'estate; il secondo denuncia nei suoi libri i retroscena della politica mondiale, rivolgendo spesso i suoi strali verso la cosiddetta “missione compiuta” in Iraq.

Sono autori che traggono alimento da Salgari, Ian Fleming e Le Carré, ma anche dagli spaghetti western e dal poliziesco italiano anni Settanta – da ben prima che lo facesse Quentin Tarantino. Sono agguerriti, combattivi e non si arrendono mai. Sono la Legione Straniera del thriller italiano.