Lara D’Angelo

Questa ricerca sulle donne poliziotto (per mestiere o per caso) mi sta elettrizzando. Le trovo un po’ dappertutto. Anche nei racconti più o meno lunghi. Lara D’angelo l’ho scovata nel libro Crimini di Autori vari, pubblicato da Einaudi stile libero nel 2005. Più precisamente nel racconto Il terzo sparo di Carlo Lucarelli. Un piccolo gioiello. Niente di più, niente di meno. Ma a noi interessa conoscere questa Lara e non lo stile di Lucarelli che già conosciamo. Naturalmente abbiamo meno spunti rispetto a quelli rintracciabili in un libro ma ugualmente interessanti. Prima la breve storia: Lara D’Angelo non riesce a dormire. E’ tormentata da un dubbio. Ha scritto una relazione su un fatto accaduto. Però è sbagliata. Il fatto: un cittadino telefona al centotredici perché ha sentito degli spari in via Emilia Ponente. Lara e l’agente Giuliano accorrono e trovano la vetrina di un gioielliere spaccata e due albanesi a terra morti. A sparargli l’ispettore Garello mentre era fuori servizio il quale afferma che ha sparato solo per legittima difesa. Il cittadino, un carabiniere in pensione, dichiara di avere sentito tre colpi, due più forti ed uno meno forte. Non quadra. La pistola di Garello fa più rumore. Secondo la sua testimonianza si sarebbe dovuto sentire prima il colpo meno forte e non viceversa. Il commissario a cui confida la sua impressione le dice di lasciar perdere. Decide di seguire il suo consiglio. Giuliano è innamorato di lei, spesso la guarda senza ascoltarla. Vanno con la macchina verso la zona del mercato ortofrutticolo dove sono stati notati strani movimenti. Questa volta guida Lara. E’ la sua salvezza perché giunti sul posto tre colpi di pistola mandano in frantumi il parabrezza e colpiscono in pieno Giuliano. Morto stecchito. Lara vuole cambiare lavoro, passare ad un ufficio, mettere su casa e famiglia. Incontro di Lara con Garello. Tipo affascinante. Viene colpita dalle sue mani  e da un bel complimento. Stanno per fare all’amore. Lara sta per togliersi il reggiseno che non si è mai tolto quando…quando cambia idea.

Lara D’Angelo: primo piccolo indizio “ditino dall’unghia rosicchiata”; secondo indizio cerca di mordersi la guancia, anzi le guance prima l’una e poi l’altra, con i denti. Qualcosa non va. Qualcosa la rode. Bella presenza. Ad una prima occhiata alta, bionda, con i capelli corti gli uomini si voltavano tutti. A una seconda occhiata “un po’ gobba, con le spalle curve a nascondere un seno invisibile e le braccia a penzolare rigide lungo i fianchi, lasciavano perdere, declassandola da stangona a lasagnona”. In realtà un tipo atletico dalle spalle larghe e possenti e “un volto gentile, con occhi grigio ferro ma buoni, sotto il berretto da sbirro”. Per il commissario “bellina”.
Conosce tutti i dischi degli U2 e tutti i libri di Baricco. Il labbro di sotto su quello di sopra. Cambia umore. Prima se la prende poi sembra lasciare perdere “Oh basta. Faccenda chiusa. Mi fa schifo ma non me ne frega niente. Non sono cazzi miei”. Ha paura quando colpiscono Pasquale Giuliano. Non è “tosta”, non vuole riprendere subito servizio. Pensa di lasciare la volante e mettersi in ufficio. Non va neppure al funerale. Vuole stare tranquilla. In borghese veste sportivo con jeans e maglione a collo alto. Si accorge che il commissario sta mentendo da “un piccolo lampo torbido”. Ritenuta una “scassacazzi”. Capisce che hanno sparato a Giuliano ma volevano colpire lei che stava sempre sul sedile del passeggero. Non regge alla tensione. Si mette a piangere. Non vede via d’uscita. Si sente sola. Colpita dal fascino di Garello. Prima il sorriso, poi le mani “forti ma non tozze, e calde”. Di solito si innamora quando scopre qualcosa che non si aspetta “qualcosa di nascosto sotto, che la stupiva, la colpiva, la inteneriva, al di là dell’aspetto fisico e anche del carattere”. Solo dopo si accorge della fregatura. Che quella cosa che ha scoperto non c’è, è solo una sua immaginazione. Forse per questo non si impegna fino in fondo nelle sue relazioni. Forse per questo non si toglie il reggiseno per fare l’amore. Sta per cedere a Garello. Le chiede di togliersi il reggiseno. Non vuole. E’ fidanzata. Ma ad un certo punto si toglie davvero il reggiseno e…e allora sono guai. Personaggio interessante. Vero. Con i suoi dubbi, le sue paure. E quei tic che inquadrano subito il suo mondo psicologico. Fragile ma onesta. E con quello scatto improvviso che può effettivamente venire a tutte le persone perbene.

Anna Pavesi

Veniamo alla seconda detective lady creatura di Alessandro Perissinotto in Una storia ignobile, BUR 2007.

“I resti dell’avvelenata campagna intorno a Milano sono avvolti dal buio mentre Anna Pavesi, una psicologa trentottenne che tira avanti con qualche consulenza per una cooperativa, scava nella terra gelata.

Cerca di venire a capo di un’indagine insolita che Benedetta Vitali, nome noto della Milano bene, le ha affidato qualche giorno prima per ricostruire gli ultimi mesi di vita di una sorellastra dimenticata per anni e poi ricomparsa tragicamente, uccisa da un’auto pirata su una strada di campagna. Anna non è una detective ma è a corto di soldi e accetta l’incarico che la porterà in un labirinto di equivoci, emarginazione e ripensamenti, nella brutale normalità di una piccola storia ignobile”. Capitoletti a parte dove lei scava nel bosco per ritrovare un corpo. La storia si svolge nell’arco di tempo che va da lunedì 14 febbraio a venerdì 25 febbraio.

Anna Pavesi: racconta in prima persona. Psicologa di trent’otto anni (di formazione freudiana), separata dal marito Stefano (e chi se lo immaginava?) vive a Bergamo (ma viene da Torino) da dieci mesi  con la gatta Morgana in Vicolo Aquila Nera 10. Appartamento disordinato, piuttosto insicura. Lo dice lei stessa “Quella è una delle poche cose su cui non mi sono ingannata: non c’è persona più adatta di un’insicura come me per valutare la sicurezza altrui”. Non se la passa bene dal punto di vista economico. Accetta, dunque, i tremila euro di anticipo della Vitali. Mal di schiena continuo dovuto ad un incidente giovanile (a 12 anni) sugli scogli.

Guida una Opel Agila gialla. Ripensa al suo matrimonio, ai momenti di affanno per la spesa, alla coda delle macchine, alla cena preparata in fretta, alle ore passate ad aspettare il marito che la tradiva continuamente. E come mentitore era un disastro “Alle mie domande lui crollava e rivelava tutto”. Ricorda anche il lunedì dedicato al calcetto quando nemmeno “la più giovane e carina delle segretarie” lo avrebbe spostato di un millimetro. Non ancora abituata a fare la spesa per una sola persona. Nasce una simpatia per il dottor Marco Callegari sposato. Concretizzatasi con un bell’incontro sessuale. Innamorata comunque no, ma “intenerita”.

Per lei i baci funzionano solo all’inizio di una storia, poi passano “come cose superate”. Incontro sessuale anche con il marito dopo avere visto un film porno (plausibile?) ma nota la differenza con il primo. Dopo l’amore Anna si mette sempre a pensare. In questo caso ad una canzone di Gaber che mette bene in risalto ciò che era avvenuto con Stefano. Le solite cose “risapute e stanche”. In seguito la passione per Marco si trasforma in ribrezzo. Ma poi (mai disperare!) se lo fa anche in macchina. Suo dubbio amletico “E’ possibile amarsi per tutta la vita senza aver voglia di provare un brivido diverso?”. Alla fine si ritrova sola (almeno così sembra) con la gatta Morgana.

Ce l’ha con il Berni “maschilista e pederasta” che non aveva capito nulla delle donne (ma in seguito si troverà in sintonia con lui). Ama i suoi capelli, un tempo castani, ed ora costretta a fare la tinta perché stanno diventando bianchi. Seno minuscolo. Per lei gli uomini non cambiano una sola cosa in tutta la loro vita: il gusto per le ventenni. Anche se Benedetta vuole fermarsi lei, invece, vuole continuare l’indagine per una questione di orgoglio, per dimostrare a lei stessa e agli altri la propria volontà e la propria forza. Grande affetto per il proprio gatto  e per gli animali “Ad alcuni sembra poca cosa l’affetto di un gatto, o di un cane; in fondo è solo un animale, dicono, è perché gli dai da mangiare, dicono. Non è così, un cane, un gatto, una bestia, come dicono loro, è capace di un amore totale, persino possessivo, ma sempre gratuito”.

Ricordo del padre che da piccola la portava a vedere i treni come se fosse un maschietto. E lei rimaneva affascinata.

Momento di abbattimento quando si sente adulta “quasi vecchia”, “troppo vecchia per un sacco di cose”. E poi “Decisamente avevo sperato in una vita migliore”. Trae spunti da “La promessa” di Dürrenmatt “Mandate alla malora la perfezione se volete procedere verso le cose, verso la realtà, come si addice agli uomini, altrimenti statevene tranquilli e occupatevi dei vostri esercizi di stile”. Rapporto scontroso con la madre che non ha mai voluto capire quello che veramente le è successo quel giorno sugli scogli e cerca sempre di minimizzare. E comunque ha portato il busto fino a diciassette anni.

Questa Anna Pavesi così indecisa da tradire (in effetti non è un vero e proprio tradimento essendo separata) l’ex marito Stefano con il dottor Marco Callegari e dopo poco tradire (e questa volta sul serio) il nuovo compagno proprio con Stefano subito dopo avere visto un film porno, pare poco convincente. Una forzatura. Almeno per il sottoscritto. Di lei resta la fragilità, l’insicurezza emotiva un po’ esteriore che non arriva al pathos, al coinvolgimento emotivo. E poi troppi pensieri, troppe elucubrazioni. Troppe parole. Non so come spiegarmi ma certi libri hanno  incorporato il numero giusto di parole. Quelle essenziali. Altri libri ne hanno in sovrabbondanza. Meglio fugaci accenni. Il detto e il non detto. Magari il silenzio. La bellezza del silenzio. Ma capisco che sia una questione di gusti.

 

Spazio libero 

In questo spazio libero inserisco la “Satiretta n°2” relativa ai ringraziamenti che spesso fanno gli scrittori nell’ultima (o addirittura ultime) pagina del libro già pubblicata su “Sherlock Magazine”.

“Dopo le interviste (vedi Satiretta n°1) una delle cose più angoscianti sono i ringraziamenti. Allo scrittore in genere, e allo scrittore di romanzi polizieschi in particolare, non basta buttar giù con foga mallopponi di tre o quattrocento pagine. Quasi sempre vuole aggiungere i rituali ringraziamenti. Che non si limitano al solo ambito familiare (moglie o marito, con o senza i figli) ma si ampliano a cerchi concentrici su tutti quelli che per un verso o l’altro sono stati costretti a subire uno dei più terribili avvenimenti della vita: la nascita di un libro. Un parto semplicemente mostruoso. Che non ha nulla di naturale e che mette in serio dubbio la verità sulla punizione biblica di Dio. Tu uomo scriverai libri fu certo il Suo grido di condanna contro Adamo e non il semplice ti guadagnerai la vita con il sudore della tua fronte. Troppo comodo procurare sofferenza solo a se stesso.

Dunque anche i ringraziamenti. Che non si limitano, come ho già detto, alle persone più vicine. Si ringraziano tutti. Quelli che ci sono e quelli che non ci sono. Un vero e proprio capitoletto aggiuntivo ( come in “La morte del cliente” di Lisa Scottoline dove si raggiungono le tre pagine). Si ringraziano gli editor, gli amici e le amiche, l’agente o gli agenti, siano essi semplici poliziotti o quelli preposti al lancio del libro, i redattori, i procuratori o viceprocuratori distrettuali, i detective veri, gli avvocati, i giudici, i traduttori, i bibliotecari, l’FBI e la CIA, il cagnolino, il gattino, l’uccellino…

Perfino i parrucchieri (non è una battuta, vedere i ringraziamenti di Michael Baden e Linda Kenney per il loro libro “Il silenzio delle ossa”).

Qualche volta si citano proprio le persone, con nome e cognome messi bene in evidenza, senza le quali il mostriciattolo non sarebbe mai esistito e sulle quali peserà in eterno la maledizione degli uomini.

Mi immagino anche tutti coloro che sono stati fatti oggetto di ringraziamento i quali, all’uscita del libro, si mettono le mani nelle parti adibite a questo proposito per cercare fortuna. Pronti ad esultare e a salire sul carro del vincitore ma pronti anche a rinnegarlo come Giuda.

I ringraziamenti rappresentano l’ultimo grido disperato dell’autore “Muoia Sansone con tutti i filistei!”. Solo che qui i filistei sono i suoi stessi amici.

Meglio così”.

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it